Il Segretario di Stato in visita, come ogni anno, tra i pazienti dell’ospedale pediatrico vaticano per portar loro gli auguri del Papa in vista del Natale. Tra battute, foto, saluti, strette di mano e un bimbo pugliese che gli chiede: “Sei Padre Pio?”, il cardinale recita in ogni stanza del reparto di Gastroenterologia un’Ave Maria e porta la benedizione e i doni di Francesco. Infine incontra medici e infermieri: “Consideratevi agenti della Santa Sede, siate speranza per i malati”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
“Sei Padre Pio?”. Il cardinale Pietro Parolin scoppia in una risata, sotto la mascherina, alla domanda di Angelo. “Angelino”, 7 anni – “angelo di nome e di fatto”, dice il papà – viene dalla provincia di Lecce, ha subito nei giorni scorsi un trapianto al fegato, ed è uno dei circa venti bambini che il segretario di Stato ha incontrato nel tardo pomeriggio di oggi, 22 dicembre, nel reparto di Gastroenterologia del Bambino Gesù.
L’incoraggiamento al ragazzo che ha superato la maturità in ospedale
Nell’ospedale vaticano, eccellenza pediatrica in Europa conosciuta in tutto il mondo, il cardinale è venuto a portare gli auguri e i doni – anche quelli dell’affetto e della vicinanza – di Papa Francesco. “Ti porto i saluti del Papa, sai?”, dice Parolin ad Andrea, anche lui ricoverato dopo un trapianto di fegato. “È stato così bravo da prendere la maturità qui con noi”, spiegano i medici, “ha fatto l’esame in ospedale”. “Bravissimo”, esclama il cardinale. “Voglio iniziare l’università ma col casino che ho avuto…”, spiega il ragazzo, intento a guardare una serie al computer. La mamma indica al segretario di Stato i libri appoggiati sul davanzale della finestra, test di ingresso. “Bravo, guardi già avanti”.
Il saluto a Sveva, da dieci anni in ospedale
Dialoghi brevi che vogliono alleviare la sofferenza soprattutto dei genitori, alcuni accanto ai loro figli da giorni, da mesi o da anni. Anche da dieci anni. Come il papà e la mamma di Sveva, che da quando è nata “ha tante piccole cosine da sistemare”, dice la dottoressa che la segue. “Non c’è una santa Sveva, forse lo diventerà lei”, sorride la mamma. “Anche voi genitori”, ribatte Parolin.
I doni del Papa
A loro e alle altre famiglie il cardinale porta una immaginetta del Papa e regala una croce in plastica con il volto di Cristo. Quello che si riflette in tanti di questi piccoli pazienti, che trascorreranno il Natale con il bip continuo del cardio monitor che misura i loro parametri, tra luci al neon e stanze dal forte odore di disinfettante abbellite da disegni, giocattoli o presepi, festoni e alberelli allestiti dal personale infermieristico.
La recita dell’Ave Maria in ogni stanza
Parolin gira per quasi un’ora nel reparto, salutando tutti. In ogni stanza, alla fine, dopo una stretta di mano o una richiesta di foto, chiede “per chi lo desidera” recitare la preghiera dell’Ave Maria. Quasi un Rosario che il porporato snocciola nelle dieci stanze in cui fa il suo ingresso, eccetto l’ultima della terapia intensiva. Lì resta fuori ma invia una benedizione.
Scherzi, foto, carezze, benedizioni
Il cardinale, con al suo fianco sempre il presidente Tiziano Onesti e il direttore sanitario Massimiliano Raponi, scherza con Valeria, 15 anni, affetta dalla malattia di Wilson a causa di una intossicazione di rame: “Stare qui è un po’ stressante”, dice lei; “Ma è un allenamento per la vita”, replica lui. Poi dà un buffetto sulla guancia a Luca, un anno e mezzo, che a causa del ricovero trascorrerà le feste lontano dagli altri fratelli; incoraggia Cosimo e Vincenzo, due gemelli di Bari (“Due giovanotti!”), operati al fegato per una malattia metabolica: “Prima non riuscivano a mangiare le cose degli altri”, spiega un dottore dell’equipe medica, “frequentano la scuola alberghiera e, dopo l’intervento, hanno potuto servire e mangiare le stesse cose”. Ora vogliono fare i cuochi: “È una professione di gran voga… Siete tornati alla vita normale, coraggio”, scandisce il cardinale.
Con ognuno si informa sulle cure, sulle patologie, sui recuperi; si ferma a consolare alcune mamme – “lei è coraggiosa, signora!” – e gioca con il ciuccio di Cristian, 2 anni, venuto dall’Albania, anche lui da qualche giorno con un fegato nuovo. Ad un’altra bimba più piccola del Kosovo che piange per i dolori, attaccata dei tubicini, accarezza i capelli: “Poveretti i bambini che non sanno come esprimersi”. Mentre a Giosué, che con voce affaticata spiega di aver subito “18-20 operazioni”, assicura che realizzerà il suo “sogno” di uscire dall’ospedale.
Incontro con medici, infermieri e volontari: “Siete agenti della Santa Sede”
Si mostra commosso, il cardinale, e condivide questi sentimenti pure con medici, infermieri, amministrativi e suore volontarie che incontra nel Padiglione Salviati, intitolato alla famiglia fondatrice del Bambino Gesù. “È sempre un momento molto particolare questo, la Vigilia di Natale, venire qui al Bambino Gesù e incontrare soprattutto i piccoli pazienti. È una cosa toccante”, esordisce con i presenti, mentre molti altri medici e infermieri sono collegati in streaming, impossibilitati a lasciare il posto di lavoro.
Parolin dice di essersi “stupito” nel vedere l’accoglienza dei bambini ma anche dei genitori: “Un grande piacere incontrare un prete e pregare insieme e ricevere la benedizione del Santo Padre. Sempre un momento bello e toccante”. Come toccante, aggiunge, è incontrare chi opera nel nosocomio: “Non vorrei dire sentitevi ufficiali della Santa sede, forse sarebbe troppo, ma avete una grande responsabilità come sanitari, infermieri, medici, amministrativi, ognuno ha il suo posto. Siete in un certo senso degli agenti della Santa Sede”.
Contatti e progetti
Assicurando di seguire l’attività dell’ospedale attraverso “contatti concreti con il presidente” e accennando a “progetti” che si spera possano andare in porto, il segretario di Stato condivide pure una riflessione: “C’è una domanda che molti si fanno e forse è diventata più frequente in questi tempi: se la Santa Sede deve avere ospedali, gestire ospedali… Va bene, non è la sua missione propria ma non è una missione impropria avere questa responsabilità. Stiamo esercitando la missione di Gesù di curare gli infermi. Lui è venuto per guarire, perdonare i peccati ma anche per sanare, guarire gli spiriti e i corpi. Ha dato questo compito ai discepoli che la Chiesa ha sempre continuato e oggi la esercita attraverso il Bambino Gesù”. Ospedale che, rimarca Parolin, riceve “lodi e apprezzamenti” da parte di tutti, anche da capi di Stato e di Governo che vengono in visita in Vaticano: “Tutti fanno un passaggio qui e tutti vorrebbero stabilire contatti e accordi”.
Sostegno alle famiglie
Allora nelle parole del cardinale c’è solo un “grazie” per un servizio che “serve alla causa dei bambini malati che sono una categoria molto speciale ma anche alla causa della evangelizzazione, in maniera indiretta. Voi – ha detto al personale dell’Ospedale – non predicate ma con la vostra opera state dando una testimonianza di questa missione che Gesù ha affidato ai discepoli”. Da qui l’incoraggiamento ad andare avanti con “passione” ed “entusiasmo”, ma soprattutto a stare vicino alle famiglie; “Oggi sappiamo che c’è bisogno di sostenere le famiglie, nelle fragilità, nei problemi, nelle difficoltà. Siate per i pazienti e le loro famiglie un motivo di speranza”.