Chiesa Cattolica – Italiana

Parolin: speranze per una nuova Helsinki, passo avanti l’incontro Biden-Xi

Il segretario di Stato, a margine di un evento sugli abusi sui minori all’Ambasciata italiana presso la Santa Sede, commenta la situazione drammatica in Medio Oriente: “Liberazione degli ostaggi e cessate il fuoco, i punti fondamentali per una soluzione”. Condanna l’uso di ospedali per azioni di guerra e guarda “esterrefatto” alla recrudescenza delle violenze in Ucraina. Poi esorta a ritrovare “fiducia reciproca” per convocare una Conferenza internazionale di pace

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Da una parte, il dolore per la situazione in Medio Oriente – per gli ostaggi ancora nelle mani di Hamas e i civili a Gaza, a partire dalla “piccolissima” comunità cristiana – e per l’Ucraina dove prosegue una guerra “sanguinosissima”. Dall’altra, la speranza di qualche “passo in avanti”, come l’incontro di ieri tra il presidente Usa Joe Biden e l’omologo cinese Xi Jinping, o come la possibilità di convocare “una nuova Helsinki”. Il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, parla ai giornalisti nell’Ambasciata di Italia presso la Santa Sede, a margine dell’evento organizzato da Telefono Azzurro “Rompiamo il silenzio” sul tema degli abusi sui minori.

Condanna delle azioni d guerra

Il focus è subito sul dramma che si vive in Medio Oriente: “La preoccupazione continua, la preoccupazione è grande”, afferma il porporato, ribadendo la condanna per le azioni di guerra contro gli ospedali. “Il rispetto degli ospedali e dei luoghi di culto è un aspetto fondamentale del diritto umanitario internazionale. Non c’è nessuna ragione di usare gli ospedali per qualsiasi azione di guerra”. Quindi – ha detto – “la condanna è totale”.

Liberazione degli ostaggi e cessate il fuoco

Ribadendo che si sta “lavorando” ad un possibile incontro tra il Papa e i familiari degli ostaggi (“Speriamo di poterlo realizzare al più presto”), il cardinale ha poi espresso la speranza – come già tante altre volte Francesco – che “si arrivi alla liberazione” di uomini, donne e bambini israeliani ancora nelle mani di Hamas. “Crediamo che la liberazione degli ostaggi sia uno dei punti fondamentali della soluzione dell’attuale problematica, dell’aspetto umanitario, di chi c’è lì: donne, uomini, bambini, neonati, donne incinte”. L’altro punto fondamentale evidenziato dal segretario di Stato è il “cessate il fuoco” e, insieme a questo, “l’arrivo degli aiuti, la cura dei feriti”. Sono questi “i due ‘fuochi’ principali su cui dovrebbe ruotare una soluzione del problema”, ha detto Parolin.

La preoccupazione per la comunità cristiana a Gaza

Ha fatto sue, poi, le parole pronunciate ieri dal patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, coi vescovi della Cei riuniti ad Assisi per l’Assemblea straordinaria generale, dove è intervenuto in videocollegamento. In particolare, Parolin ha condiviso con Pizzaballa la preoccupazione per la comunità cristiana di Gaza “che è una piccola comunità, piccolissima, 150 persone”, ora rifugiate “nel recinto della Chiesa, dove c’erano già tantissime altre persone”.

“Questa preoccupazione si allarga a tutti, perché il cuore della Chiesa non può chiudersi nei confronti degli altri”, ha detto il porporato, sottolineando “l’apertura di questi spazi a coloro che hanno voluto usufruirne e la richiesta di attenzione e di cura per tutti. C’è un’attenzione nei confronti di tutti – ha rimarcato – . Il dolore ci accomuna, davanti al dolore non c’è nessuna distinzione”. Il porporato ha spiegato pure che è stato “fatto presente” che attualmente “nella Chiesa ci sono delle persone”. “Abbiamo ricevuto delle rassicurazioni, ma come sapete bene la guerra non è che fa distinzioni. Arrivo fino a qui e lì mi fermo… Il problema è un completo cessate il fuoco”.

Possibile esodo dei cristiani

Ed è anche un problema la prospettiva che il conflitto in corso “contribuirà a continuare e forse aumentare l’esodo dei cristiani che è una realtà drammatica in Terra Santa e in tutto il Medio Oriente”, dove i conflitti sono sempre stati una delle “ragioni fondamentali dell’esodo dei cristiani”, spinti dalle violenze “ad andarsene per trovare sicurezza e pace in altri luoghi”.

Intanto proseguono i tentativi diplomatici: “Mi pare che l’Egitto e il Qatar stanno facendo qualche cosa”. Ma anche come Santa Sede “siamo in contatto – non c’è una mediazione diretta – con vari interlocutori per cercare di dare una mano e favorire una soluzione del problema”.

In Ucraina poche prospettive di soluzione

In tema ancora di guerra, lo sguardo si è spostato all’Ucraina, della quale – è stato fatto notare dai cronisti – “si parla sempre meno”. “Questo dipende da voi”, ha replicato Parolin. “Siete voi che date attenzione ad uno e non all’altro. Invece tutti questi conflitti dovrebbero essere presenti, soprattutto quello dell’Ucraina perché è un conflitto sanguinosissimo, sanguinosissimo”. Il segretario di Stato si è detto “esterrefatto” e “addoloratissimo” per “tutte le perdite che si registrano in entrambi i campi”. Anche in Ucraina, ha sottolineato, “non si vedono grandi prospettive di soluzione, purtroppo però bisogna trovare anche lì una strada per uscire da questa da questa tragedia”.  

Incontro tra Usa e Cina

Da qui, la speranza – più volte espressa, da Papa Francesco ma anche dallo stesso Parolin proprio qui a Palazzo Borromeo circa un anno fa – di una nuova Conferenza di Helsinki, sulla scia dell’evento del 1975 che frenò la Guerra fredda. “Speriamo, speriamo”, ha esclamato il cardinale. Un segnale positivo, ha aggiunto, c’è stato ieri con l’incontro tra Biden e Xi a San Francisco. Per Parolin è certamente “un passo in avanti nei rapporti tra Stati Uniti e Cina, hanno detto che non ci si può voltare le spalle. Ecco, mi pare che questo sia un progresso in una situazione di tensione generale”.

Una nuova Conferenza internazionale

“Certamente – ha osservato il segretario di Stato – se ci fosse la disponibilità da parte di tutti si potrebbe davvero arrivare a convocare una Conferenza internazionale dove si riprenda quello che è stato lo spirito di Helsinki”. Prima però bisogna “ritrovare un minimo di fiducia reciproca, è anche questo che manca oggi. Non ci si accetta, si è diffidenti o addirittura ostili…”. Helsinki, invece, “è nata proprio dalla convinzione che si poteva fare qualcosa insieme, che si poteva avere qualche progresso”. Da questo punto di vista, il cardinale è ottimista: “Parliamo sempre di cose negative, tante, troppe”, ma “c’è anche qualche segno di speranza. Speriamo che questo si rafforzi”.

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