Il segretario di Stato vaticano ha aperto con un videomessaggio la tavola rotonda “Osare la pace. Le vie dell’educazione”, promossa alla vigilia della Giornata Internazionale della Donna dalla Pontificia Facoltà “Auxilium”, protagoniste otto ambasciatrici accreditate presso la Santa Sede e le loro testimonianze sulle “buone pratiche” educative nei cinque continenti
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
L’educazione non è solo “una componente cruciale per lo sviluppo personale, ma anche uno dei modi migliori e più potenti per promuovere la convivenza pacifica tra le persone e le Nazioni”. Lo sottolinea il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, nel videomessaggio inviato alla tavola rotonda “Osare la pace. Le vie dell’educazione”, promossa, alla vigilia della Giornata Internazionale della Donna, dalla Pontificia Facoltà di Scienze dell’educazione “Auxilium”, in collaborazione con otto ambasciatrici accreditate presso la Santa Sede provenienti dai cinque continenti. Nel messaggio che apre la tavola rotonda, in coincidenza con la 36.ma Giornata della Facoltà “Auxilium” della Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, il cardinale Parolin, in inglese, sottolinea che l’educazione “fornisce a ragazze e ragazzi gli strumenti non solo per comprendere la realtà di oggi, ma anche per costruire insieme la realtà di domani”.
“Catastrofe educativa”, garantire a tutti l’accesso all’istruzione
Ma sottolinea anche l’attuale “catastrofe educativa” che determina un accesso all’istruzione “ancora carente in molti luoghi”. Anche “a seguito di decisioni ideologiche”, denuncia il segretario di Stato vaticano, “molti bambini non hanno avuto l’educazione che meritano”, e molto spesso “le ragazze sono quelle che pagano il prezzo più alto”. Questo provoca “gravi conseguenze per l’intera società” e quindi, per Parolin, “l’obiettivo dell’uguale accesso all’istruzione per tutti richiede ancora forti sforzi e un notevole impegno politico”. Infine il porporato ricorda le parole di Papa Francesco sull’importanza del ruolo delle donne, “per preservare e promuovere la pace nella società e tra le Nazioni, in particolare nei processi di pace, nella prevenzione dei conflitti e nella diplomazia”. Per questo motivo, conclude “l’accesso delle donne e delle ragazze all’istruzione è della massima importanza e dovrebbe essere garantito”.
“I nostri libri e le nostre penne sono le armi più potenti”
L’incontro nell’aula magna “Giovanni Paolo II” della Facoltà Auxilium vuole essere, per gli organizzatori, sottolinea la preside Piera Ruffinatto, “un’occasione di riflessione e confronto sul valore dell’educazione come strumento indispensabile di cambiamento positivo nella società e di risoluzione dei conflitti; sulla tutela degli emarginati e sulla partecipazione delle minoranze, a partire dalle diverse prospettive globali”. E cita la donna più giovane mai insignita del premio Nobel per la pace, l’attivista pakistana Malala Yousafzai nel 2014, a soli 17 anni, che affermava: “Prendiamo in mano i nostri libri e le nostre penne. Sono le nostre armi più potenti. Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”.
Porro (Australia): educazione inclusiva e riconciliazione con gli indigeni
Moderata da Alessandra Morelli, già rappresentante Unhcr ed esperta di politiche umanitarie, la tavola rotonda si apre con la testimonianza di Chiara Porro, ambasciatrice di Australia, che, come le colleghe, non individua solo drammi e criticità nel contesto del suo Paese ma anche “le risorse personali e istituzionali capaci di creare opportunità e processi educativi che favoriscano la crescita di persone operatrici di pace”. Parlando dell’educazione inclusiva “come cammino di riconciliazione con le comunità indigene”, l’ambasciatrice Porro cita il programma di didattica a distanza “School of the Air”, che da più di 70 anni permette di raggiungere e far studiare ragazzi e ragazze delle località più remote dell’”Outland” australiano, residenti a più di mille chilometri dalla scuola. Ricorda la figura della prima e unica santa australiana, Mary MacKillop, che fondò le Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore, che gestivano scuole nell’Australia rurale, prestando particolare attenzione ai bisogni delle comunità indigene. In una missione nel Northern Territory, dove il legame con quelle missionarie cattoliche è ancora molto vivo, l’ambasciatrice incontra Miriam Rose Ungunmerr Baumann, la prima insegnante aborigena certificata in quella vastissima regione, che si è formata proprio in una scuola dei Missionari del Sacro Cuore.
Miriam Rose, la prima insegnante aborigena nel Northern Territory
Miriam Rose, racconta Porro, “è stata instancabilmente impegnata con i problemi che hanno afflitto la sua comunità, tra cui alti tassi di depressione e suicidio. E’ anche un’artista famosa e ha usato l’arte come strumento di guarigione spirituale. Insegnando forme d’arte tradizionali, Miriam Rose sta aiutando le nuove generazioni a trovare un senso di identità, che è una fonte di forza a cui attingere nei momenti difficili della vita”. E non solo ha sostenuto e ispirato le comunità aborigene, “ma ha anche contribuito a costruire ponti per la riconciliazione nazionale”. L’ambasciatrice conclude annunciando la visita di Miriam Rose a Roma, durante la Reconciliation Week, nel maggio di quest’anno, nel corso della quale incontrerà anche Papa Francesco.
Le altre sette ambasciatrici presso la Santa Sede intervenute
Dopo Chiara Porro intervengono Juvita Rodrigues Barreto De Ataíde Gonçalves, ambasciatrice presso la Santa Sede di Timor est, Alexandra Valkenburg-Roelofs, ambasciatrice dell’Unione Europea, Angelina Baiden-Amissah, ambasciatrice del Ghana, María Isabel Celaá Diéguez, ambasciatrice di Spagna, Teresa Susana Subieta Serrano, ambasciatrice di Bolivia, Florence Mangin, ambasciatrice di Francia e Majlinda Dodaj, incaricata d’affari di Albania.