Parolin: “La tecnologia sia al servizio della dignità umana”

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Dopo l’udienza con il Papa, l’intervento del segretario di Stato alla sessione conclusiva della Conferenza internazionale sull’Intelligenza Artificiale organizzata dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice

Rosario Capomasi – Città del Vaticano

Di fronte alle sfide poste dall’Intelligenza Artificiale, occorre «un’alfabetizzazione di base» che, tenendo conto del progresso tecnologico, «sia orientata a migliorare le condizioni dell’umanità»: è questa la strada per far sì che le macchine rimangano «centrate sull’uomo e sulla difesa dei suoi diritti»  e si possa così «evitare che l’unicità della persona venga identificata e ridotta ad un insieme di dati». Lo ha sottolineato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, durante l’intervento tenuto stamane nella Sala Clementina — al termine dell’udienza con Papa Francesco —  in occasione della sessione conclusiva della Conferenza internazionale sull’Intelligenza Artificiale (IA) organizzata dalla Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, dal 20 al 22 giugno, presso il Pontificio Istituto Patristico Augustinianum di Roma.

«L’ascolto della Parola di Dio – ha osservato il porporato – chiede un ascolto delle domande e degli interrogativi di senso  dell’uomo di oggi» di fronte ai vari cambiamenti in atto nella società. Tra di essi si pone con tutte le sue sfide il tema dell’ia, che «si insinua in maniera pervasiva» nei rapporti umani, «influenzando abitudini individuali e comportamenti sociali», tanto che sembra di trovarsi dinanzi, più che a «un’epoca di cambiamenti, a un cambiamento d’epoca», ha rimarcato Parolin citando le parole di Papa Francesco. Infatti, «rispetto alle innovazioni tecnologiche del passato, come ad esempio l’invenzione della stampa, della macchina a vapore, dell’automobile, che sono servite a trasformare il mondo fisico, le nuove tecnologie informatiche processano una realtà immateriale» e hanno perciò un significativo «impatto sul modo in cui si sviluppa l’intelligenza umana».

Ciò porta a una «trasformazione strutturale dell’esperienza dell’io e dei suoi rapporti con gli altri», come Romano Guardini aveva già profeticamente segnalato nei primi decenni del XX secolo. Bisogna infatti considerare, ha precisato il segretario di Stato, che «attualmente l’intelligenza artificiale è oggetto di una base in rapida evoluzione che segna il passaggio dall’apprendimento automatico» – in cui è fondamentale il ruolo umano nella figura degli sperimentatori – a quello che viene definito «apprendimento profondo». In quest’ultimo prevale la capacità di acquisire i dati in modo autonomo ottimizzando progressivamente le prestazioni.  È allora doveroso, ha fatto presente il cardinale, vigilare attentamente per non cedere alla logica del pragmatismo, della programmazione, bensì per «indirizzare la rivoluzione tecnologica in modo equo e sociale».

Alla luce di queste considerazioni, Parolin ha poi passato in rassegna alcune tipologie di Intelligenza Artificiale, come quella “predittiva”, quando cioè una macchina è in grado di fare previsioni sulla base di input acquisiti in precedenza.  È quello che accade, ad esempio, nei campi «del mercato azionario, nella diagnostica medica, nella previsione del comportamento dei consumatori». Ma ciò è un limite, ha avvertito, perché, basandosi su modelli passati, non si tiene conto «di un’inaspettata congiuntura di eventi». Anche l’ia “decisionale”, che estrae informazioni per fornire «suggerimenti volti a indirizzare le scelte e offrire riscontri utili a verificarne l’efficacia», presenta delle lacune. In questo caso, infatti,  le macchine hanno «un ruolo  esecutivo più determinante. e l’automatizzazione decisionale implica la significativa riduzione del coinvolgimento degli esseri umani», rendendo difficile «determinare su chi ricadrebbe la responsabilità di rendere conto di eventuali danni». Da ultimo il cardinale ha fatto riferimento all’intelligenza “generativa”, che è in grado di generare testo, immagini, video, musica o altri media in risposta a degli input, «confezionandoli nello stile che le è stato richiesto». Gli esempi, molto significativi, sono presenti in campo farmaceutico e in quello medico, con  risultati che non sarebbe stato possibile raggiungere facendo affidamento solo sulle singole competenze. E questo potrebbe essere valido anche nel campo dell’agricoltura, consentendo «l’ottimizzazione dei raccolti»  e «permettendo ad intere popolazioni di contrastare il problema della fame».

 Dopo aver messo in guardia dai pericoli che l’IA potrebbe causare in caso di controllo da remoto di armamenti militari senza le dovute precauzioni – come del resto avverrebbe anche nel mondo lavorativo e nella cura della casa comune – il cardinale ha concluso il suo intervento invitando a considerare l’IA non come una minaccia ma come un’alleata dell’umanità, e facendo notare che essa è sempre un prodotto dell’uomo. Pertanto, il progresso tecnologico deve essere assistito da un modus operandi che rispetti la dignità e la fraternità degli esseri umani, evitando di  utilizzarlo per il benessere di pochi a discapito di molti.