Il Segretario di Stato, a margine della Messa per i 90 dell’Holodomor, ribadisce la posizione del Papa di “vicinanza” a israeliani e palestinesi. “I rapporti col mondo ebraico non sono in discussione”, assicura il cardinale, spiegando che prosegue il lavoro per la liberazione degli ostaggi e il ritorno dei bambini ucraini portati con forza in Russia. Su Putin che auspica la fine della guerra: “Lo speriamo tutti”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano
Il Papa e la Santa Sede sono vicini alle sofferenze di tutti: non si è “sorvolato” nel condannare il terribile attacco di Hamas del 7 ottobre; allo stesso tempo non si può “ignorare” quanto accade a Gaza, “dove ci sono stati tanti morti, tanti feriti, tante distruzioni”. È il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, a ribadire quel principio della “equivicinanza” che è da sempre lo stile della Santa Sede sin dai tempi di Benedetto XV, anch’egli “aggredito da entrambe le parti” durante la Prima Guerra mondiale per aver mantenuto “una posizione di neutralità”, non riconoscendo – secondo gli accusatori – “l’aggressore e l’aggredito”. Un destino che ora sembra investire anche Papa Francesco, le cui parole ieri al termine dell’udienza generale hanno suscitato polemiche da alcuni rappresentanti del mondo ebraico, tra cui questa mattina i Rabbini d’Italia che in una nota lamentano il fatto che il Pontefice avrebbe messo sullo stesso piano Hamas e Israele parlando di “terrorismo” da entrambe le parti.
I rapporti con il mondo ebraico
Interpellato a riguardo dai giornalisti fuori da Sant’Andrea della Valle, dove celebra nel pomeriggio la Messa per i 90 anni dell’Holodomor, il drammatico sterminio per fame di milioni di ucraini nel 1932-33, il segretario di Stato parla di accuse che “non hanno senso” nei confronti del Papa e sottolinea che i recenti eventi “certamente” non mettono in discussione i rapporti con il mondo ebraico e “le conquiste di questi anni, a partire dalla Nostra Aetate”. Anzi, “siamo profondamente preoccupati da questa ondata di antisemitismo che si sta scatenando dappertutto”.
Posizione netta contro l’attacco a Israele
Secondo Parolin, “da parte della Santa Sede c’è stata una presa di posizione molto netta nei confronti dell’attacco di Hamas, non è che abbiamo sorvolato”. Il primo era stato proprio lui, a margine di un evento alla Gregoriana, all’indomani dell’assalto dei miliziani in Israele, a parlare di un attacco “terribile” e “spregevole”. Poi il Papa, che in ogni pronunciamento pubblico non ha mai smesso di stigmatizzare le violenze e chiedere il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi israeliani.
“Mi pare che la Santa Sede cerca in tutti i modi di essere giusta, di tenere conto delle sofferenze di tutti. Anche in questo caso per il terribile che ha subito Israele che è da condannare”, ha sottolineato il cardinale. Allo stesso tempo “non possiamo neppure ignorare quello che succede dall’altra parte”, cioè nella Striscia di Gaza, “dove ci sono stati tanti morti, tanti feriti, tante distruzioni”. “Il Papa – ha aggiunto il porporato, richiamando il comunicato che annunciava l’udienza di ieri alle famiglie degli ostaggi e a un gruppo di palestinesi – vuole essere vicino alle sofferenze di tutti coloro che soffrono”.
Distinzione tra aggressori e aggrediti
A chi, tra i cronisti, ha fatto notare che la critica dei Rabbini oggi è simile a quella emersa per la guerra tra Ucraina e Russia su una presunta mancata distinzione tra “aggressori” e “aggrediti”, Parolin ha replicato: “Abbiamo già risposto, a suo tempo. Il Papa e Santa Sede lo affermano chiaramente: nel caso dell’Ucraina abbiamo detto “è una guerra di aggressione…”. Più di così cosa dobbiamo dire? Bisogna anche leggere attentamente le parole e capire quello che vogliono dire. Poi se uno vuole di più, noi abbiamo anche la nostra posizione, facciamo le nostre considerazioni, prendiamo le nostre decisioni”. “Non mi pare però – ha assicurato il porporato – che ci sia una equivalenza. Assolutamente. Quello che c’è da dire lo abbiamo sempre detto anche se nelle forme che si addicono alla Santa Sede”. E “quello che il Papa dice, lo dice chiaramente. Certo, non come vogliono loro”.
Le modalità della Santa Sede
Tensioni, accuse, difficoltà a parlare di pace non sono, in ogni caso, una novità. “Non è la prima volta che succede… Se vi ricordate durante la Prima Guerra mondiale Papa Benedetto XV è stato aggredito da entrambe le parti perché anche lui, si diceva, ha una posizione di neutralità, non riconosce l’aggressore e l’aggredito…”, ha ricordato Parolin. “Quindi mi dispiace, ma non mi meraviglia. È il destino di saper dire a ciascuno quello che deve essere detto ma ritorno a dire nelle modalità in cui lo fa la Santa Sede”.
La questione ostaggi
Quanto ai canali di dialogo che la Santa Sede sta portando avanti in Medio Oriente, il segretario di Stato ha spiegato che “la cosa che si può fare è quella di continuare per la questione degli ostaggi. Al momento non ci sono molte altre possibilità”. Il gesto del Papa di ricevere in Vaticano le famiglie, secondo il cardinale, “può servire in questo senso ad aiutare a una soluzione del problema”.
I bambini ucraini portati in Russia
Intanto non cessa il lavoro sul fronte ucraino per il ritorno dei bambini portati con forza in Russia. “Il meccanismo è attivo, cioè il meccanismo istituito dopo la visita del cardinale Zuppi sia a Mosca che a Kyiv. E sta dando qualche risultato”. Tuttavia, ha chiarito Parolin, “anche qui non bisogna aspettarsi risultati eclatanti che siano liberati in centinaia e centinaia…”. Cifre sulle quali, peraltro, “non c’è consenso: da una parte si dice una cosa, da una parte si dice un’altra cosa. Ma c’è un lavoro che si sta facendo e che ha prodotto qualche frutto”.
Fine guerra in Ucraina e ccordo Israele-Hamas
Una domanda al cardinale anche sulle dichiarazioni del presidente russo Vladimir Putin al G20 sul fatto che la Russia sia “pronta per colloqui” per porre fine alla “tragedia” della guerra in Ucraina. È credibile Putin che auspica la fine del conflitto da lui stesso iniziato? “Io spero che sia credibile perché è quello che auspichiamo tutti”, ha chiosato Parolin. Mentre si è detto preoccupato dallo slittamento dell’accordo tra Hamas e Israele per una tregua temporanea e la liberazione di ostaggi israeliani e detenuti palestinesi. Ieri, sul tema, il cardinale commentava che si trattava di “un passo importante” che accendeva bagliori di speranza. Oggi invece l’amara constatazione: “Questo non è un buon segno”, ha osservato, “ma mi dicevano che l’ultimo passo era quello del Tribunale o la Corte Suprema che dovevano dare il via libera, non so se era questa la ragione per cui l’accordo non c’è… Noi speriamo davvero che si possa arrivare a un’intesa, almeno a un cessate il fuoco”.