di Pietro Parolin
«Innanzi tutto desideriamo manifestarvi il Nostro ardente affetto verso l’intero popolo della Cina». Con queste parole inizia la Lettera apostolica Cupimus imprimis, con la quale papa Pio XII, nel 1952, indirizza al popolo cinese la sua parola di affetto e di vicinanza, in un momento davvero difficile della sua storia. Un momento nel quale tanti vescovi, sacerdoti e i laici che erano impegnati nell’evangelizzazione costì, venivano allontanati dalle loro opere oppure ostacolati nell’esercizio delle rispettive attività. Il papa vuole farsi vicino ad essi e in tale circostanza scrive: «A voi di nuovo si rivolge il Nostro cuore e a voi particolarmente desideriamo indirizzare la presente lettera, per consolarvi, esortarvi paternamente, ben conoscendo le vostre angustie, le vostre ansietà e le vostre avversità». Questo sentimento di vicinanza rimanda ad un impulso costante nel tempo da parte dei successori di Pietro; un legame molto particolare di sincero affetto e stima, che si riflette poi nelle decisioni e modalità di intrattenere con la Cina relazioni sempre più feconde, fraterne e pervase da carità.
Credo sia questo il contesto e il sentimento, così autenticamente fondato sul Vangelo, che ha spinto la S. Sede a cercare sempre nuove modalità di relazione con la Cina e contestualmente, il desiderio di creare delle piattaforme missionarie in grado di portare a compimento il progetto del papa che viene reso evidente con Benedetto XV, quando nel 1919 scrive la Lettera apostolica Maximum illud, la grande magna charta delle missioni. Con essa, viene data la scossa ai metodi missionari per adattarli alle circostanze del tempo, evitando di vedere nella religione cattolica una longa manus delle Potenze straniere. Con quell’emblematico intervento, Benedetto XV dà avvio alla vera “rivoluzione” dell’evangelizzazione nel mondo intero, ma è chiaro però che il Suo cuore è rivolto in particolare alla Cina.
Il suo successore Pio XI si inserisce pienamente nell’avviato progetto e, appena insediato, cerca e trova la chiave che gli dia la possibilità di abbracciare il popolo cinese. Per ben riuscire nel suo progetto, aveva bisogno di costruire un solido ponte, ed è per questo che ha creato la Delegazione apostolica in Cina, con lo scopo di servire come anello di congiunzione per tutte le missioni del territorio e, al contempo, dare la scossa che la Maximum illud aveva esplicitamente richiamato come indispensabile. In tale rappresentanza pontificia ha incaricato mons. Celso Costantini, che si è fatto interprete autorevole e coraggioso del progetto e ha gettato delle solide basi per il futuro delle missioni in Cina. Il futuro cardinale ha saputo destreggiarsi tra mille difficoltà con la politica dominante e con le sempre presenti pressioni da parte delle Nazioni straniere. Nonostante ciò, con l’aiuto del papa e dei vari dicasteri romani, è riuscito a raggiungere obiettivi davvero strategici, fortemente voluti da tempo: anzitutto la convocazione del primo (e finora unico) concilio plenario della Cina, con i rappresentanti di tutte le missioni; la decolonizzazione religiosa e una maggiore inculturazione; un significativo sviluppo dato al clero indigeno (questo è veramente lo scopo principale della volontà espressa dalla Maximum illud, con il desiderio di fondare veramente la plantatio Ecclesiae in Cina), con la conseguente nomina dei primi vescovi cinesi, i quali sono stati fortemente voluti dal papa, che egli stesso ha consacrato in s. Pietro nel 1926.
Qual è il segreto di tale “successo”? Sta in un discorso che ha fatto lo stesso mons. Costantini il 15 gennaio 1923:
il papa ama tutte le nazioni, come Dio, di cui è il Rappresentante; ama la Cina, vostra Nobile e grande Nazione, e, nel suo cuore, non la mette dopo nessun’altra; ama il vostro popolo immenso, laborioso, industrioso; conosce la vostra storia, che è quella di un grande Popolo. L’azione del papa fra le Nazioni è quella di un amico […]. Il papa è il capo spirituale dei cristiani, ma il suo amore si estende a tutti gli uomini a qualunque religione appartengano[1].
Il Delegato apostolico ha sempre cercato di farsi promotore di questi sentimenti, in tutto il periodo in cui è rimasto in Cina. Ha persino tentato, in varie occasioni, di sollecitare la S. Sede a stabilire rapporti diplomatici diretti con la Cina attraverso un concordato (o mediante uno strumento diplomatico simile), che permettesse di relazionarsi direttamente con il Governo, senza intermediari esteri. Purtroppo, la situazione politica e diplomatica del Paese non ha permesso di ottenere il risultato sperato, ma non vi è dubbio che il tentativo è stato fatto. Un ulteriore sforzo ha riguardato la cosiddetta questione dei riti cinesi, una secolare controversia che finalmente la Congregazione de Propaganda Fide è riuscita a risolvere nel 1939.
Tutti questi aspetti, naturalmente solo abbozzati, sono alla base del bel lavoro editoriale di d. Adel Afif Nasr, presbitero della Diocesi di Concordia-Pordenone e postulatore della causa di beatificazione del cardinale Celso Costantini. A lui si è aggiunto il monaco benedettino d. Christian Gabrieli, osb, che ha curato la presente pubblicazione. Senz’altro l’autore del presente lavoro si è trovato nella difficoltà di far sintesi della grande mole di documenti esistenti, in particolare negli archivi della Santa Sede. Per questo lavoro esprimo profonda gratitudine.
Anche le attuali circostanze ci pongono davanti all’urgenza della conoscenza reciproca e del dialogo costruttivo. Esprimo la speranza che il lavoro possa costituire un passo in avanti in questo senso. Papa Francesco ricorda sovente che è determinante, per affrontare i tanti problemi che appesantiscono la vita della Chiesa in Cina, uno spirito di autentica riconciliazione, mettendo da parte incomprensioni e divisioni che sono eredità del passato. Come è possibile superare questo stato di cose? Come possiamo eliminare gli ostacoli nei rapporti? Le pagine che abbiamo davanti sono in grado di fornire una nobile risposta, derivante dagli sforzi che l’amore del papa per la Cina dimostrano. Grazie ancora a d. Adel Afif Nasr e al curatore d. Christian Gabrieli, osb, per il “ponte” che simbolicamente ci hanno permesso di intravvedere tra S. Sede e Cina.
Questa è la nostra speranza, che diviene certezza, perché sentiamo che tutto è dentro un piano che non è nostro, ma di Dio.
[1] C. Costantini, Con i missionari in Cina (1922-1933): memorie di fatti e di idee, I, Roma 1946, 68.