Chiesa Cattolica – Italiana

Parolin: il cardinale Silvestrini, l’arte della diplomazia per l’unità dell’Europa

Il segretario di Stato è intervenuto questa mattina al convegno dedicato al porporato a 100 anni dalla sua nascita, organizzato da Villa Nazareth in Campidoglio a Roma: “Ha interpretato la diplomazia come strumento per coniugare le attese dell’anima con quelle della realtà degli uomini”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“Il cardinale Silvestrini è stato un artefice dello spirito di Helsinki e dell’apporto ad esso dato dalla Santa Sede” che vide nella Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Csce), conclusa nel 1975 nella capitale finlandese, “un’azione capace di colmare la spaccatura che divideva le due Europe, ma anche sulla base ‘delle comuni radici cristiane’, di realizzare un incontro e una reale unità del continente”. È il ritratto di Achille Silvestrini, porporato romagnolo scomparso nel 2019, tracciato dal cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, durante l’evento “Il cardinale Achille Silvestrini, uomo del dialogo”, svoltosi oggi, nel centenario della nascita, a Roma, nella Sala della Protomoteca in Campidoglio.

Il suo ruolo di rilievo nella Chiesa e per la Chiesa

Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nell’evento promosso da Villa Nazareth – il collegio universitario di merito per studenti bisognosi del quale Silvestrini è stato presidente – Parolin ha ricordato che “don Achille”, a lungo collaboratore, come segretario del Consiglio degli Affari Pubblici della Chiesa (dal 1979 al 1988) del segretario di Stato Agostino Casaroli, è stato con lui protagonista della Ostpolitik della Santa Sede e quindi del dialogo con i Paesi dell’Est Europa allora nell’Unione Sovietica o nel suo bacino d’influenza. Per questo, il cardinale nato il 25 ottobre 1923 a Brisighella, in provincia di Ravenna, ha svolto per il segretario di Stato “un ruolo di rilievo nella Chiesa e per la Chiesa, accanto a ben sette Pontefici, vivendo momenti particolarmente densi di significato per la vita ecclesiale e per le stagioni della storia”.

L’incontro tra il cardinale Parolin e il presidente Mattarella in Campidoglio

La svolta della Ostpolitik con Casaroli

Ripercorrendone la biografia, il porporato ha definito Silvestrini “un protagonista concreto e stimato che nell’impegno profuso ha interpretato la diplomazia come strumento per coniugare le attese dell’anima con quelle della realtà degli uomini”. Oggi, per il cardinale Parolin, dopo 48 anni, possiamo dire che, “se visto nella prospettiva specifica della Ostpolitik quello di Silvestrini è un contributo disinteressato, ma profondo; vincolato al concreto e cioè alla causa della persona umana, dei suoi diritti e delle sue libertà, privilegiando ogni elemento capace di costruire la piena unità tra il cittadino e il credente”. Quindi “don Achille” fu certo “uno stimato diplomatico che negli annali della storia ecclesiastica resta soprattutto un vero servitore del Successore di Pietro e un ecclesiastico animato da fede autentica e da una profonda vita interiore. Così amiamo ricordarlo a 100 anni dalla sua nascita”.

Diplomatico al servizio di quattro Papi

Il segretario di Stato ha ricordato che Silvestrini, che ha messo la sua indiscussa esperienza diplomatica a servizio di quattro Papi, Pio XII, san Giovanni XXIII e soprattutto san Paolo VI e san Giovanni Paolo II, ebbe un ruolo decisivo nelle trattative della Conferenza sulla sicurezza e la cooperazione in Europa che si concluse con la firma degli Accordi di Helsinki nel 1975, che prevedeva tra l’altro il riconoscimento della libertà religiosa come diritto fondamentale dell’uomo. L’impegno diplomatico del cardinal Silvestrini, inoltre, fu influente anche nella revisione del Concordato tra Stato italiano e Santa Sede nel 1984.

L’intervento del cardinale Pietro Parolin

L’arte della discrezione ma anche delle decisioni chiare

“Il suo operare – ha sottolineato il cardinale Parolin – partiva dal riconoscere che l’attività diplomatica è per sua natura attenta a ogni aspetto e pertanto richiede ai suoi protagonisti capacità di lettura dei fatti e non solo la conoscenza degli avvenimenti; domanda discrezione ma anche decisioni chiare e abilità nel prevederne conseguenze ed effetti”. Questo, secondo il porporato, “è il terreno sul quale questa singolare personalità ecclesiale ha potuto offrire il suo apporto, mostrare il suo intuito e agire per il bene, con ferma volontà, anche di fronte alle difficoltà e ai travagli sempre presenti quando nell’operare si è chiamati a decidere. E questo anche di fronte a quelle mete che apparivano irraggiungibili ai più o che non trovavano condivisione e apprezzamento”. La complessità del lavoro che quotidianamente oggi sta svolgendo, come coordinatore della diplomazia vaticana, fa pensare al cardinale Parolin “con ammirazione all’impegno, per molti versi più arduo, al quale dovette attendere don Achille in tempi che non mancavano di travagli e difficoltà”. Ma leggere bene le vicende di quel periodo, “si vede con chiarezza, ancora una volta, come sia veramente Dio a condurre le persone perché facciano la storia”.

Riccardi: don Achille, la ricerca della pace e la Storia

Sulla figura del cardinale Silvestrini, creato cardinale nel 1988 e nominato poi prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, quindi, dal 1991 al 2000, prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, è intervenuto anche lo storico Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già ministro per la Cooperazione internazionale e l’Integrazione. Analizzando i poli che hanno orientato l’impegno costante del cardinale romagnolo, “la passione per la conoscenza della storia, l’ecumenismo e la pace tra i popoli”, Riccardi ha guardato a ciò “che resta vivo, di quello che si è perso o è in crisi del percorso silvestriniano, e che pertanto torna oggi ad essere urgente”.

Protagonista del rilancio della diplomazia vaticana

Ci manca, ha detto, la sua “diplomazia della speranza e dell’amicizia”, figlia di una generazione che ripudiava sempre la guerra, per averne vissuto gli orrori nel secondo grande conflitto mondiale. La nostra, ha aggiunto, purtroppo sembra spesso “accettare la guerra come soluzione dei conflitti”. Dai circoli conservatori, ha ricordato Riccardi, Silvestrini “era considerato filocomunista. Ma in realtà aveva una posizione lucida sul rapporto tra Chiesa e mondo, vissuta attraverso l’amicizia. Cercava ci capire il nostro tempo, nello spirito del Concilio Vaticano II, ma non idolatrarlo”. Monsignor Silvestrini partecipa, da giovane diplomatico collaboratore del segretario di Stato Cicognani, alla stagione di rilancio della diplomazia vaticana sotto Giovanni XXIII con l’intervento risolutore sulla crisi dei missili di Cuba e l’enciclica Pacem in terris. E obiettivo dell’Ostpolitik condivisa con il cardinale Casaroli, ha concluso Riccardi, non era solo la libertà religiosa dei cattolici dell’Est Europa, ma anche la pace. “Applicarsi alle cose possibili – era il suo motto – non è compromesso, perché anche lo scarto nutre la speranza”. Dietro di loro c’era sicuramente Paolo VI, che era dubbioso della posizione “muro contro muro” con i regimi comunisti. Il dubbio era se poteva giovare di più alla Chiesa e alle Chiese dell’Est una resistenza a oltranza o cercare di dare loro respiro attraverso il dialogo con i governi autoritari.

Fattorini: le radici, la spiritualità e la passione civile

la terza relazione è stata di Emma Fattorini, docente di Storia Contemporanea e già senatrice, nella relazione “Don Achille: le radici, la spiritualità e la passione civile”, ha approfondito, a partire da alcuni aspetti biografici, il rapporto del cardinale Silvestrini con la cultura e la politica italiana, di cui seguì le vicende con spirito di servizio e senso della laicità. “La sua spiccata attitudine all’ascolto e al dialogo – ha sottolineato – hanno fatto di Silvestrini un punto di riferimento per religiosi e laici, politici, artisti e intellettuali, e per generazioni di giovani nel cammino di formazione”. L’ apertura al dialogo, all’amicizia e all’ascolto di don Achille, ha aggiunto Fattorini, “non era a compartimenti stagni, settoriale, ma si esprimeva in ogni campo della vita”.

Le tante amicizie “laiche”, da Spadolini a Fellini

E ha concluso ricordando le tante amicizie di Silvestrini con personalità del mondo della cultura e dell’arte italiano, sottolineate anche dal giornalista Ferruccio De Bortoli che ha moderato il convegno. Giovanni Spadolini, Enzo Biagi, Claudio Magris, Romana Guarnieri, Liliana Cavani, Alberto Cavallari. “Speciale il suo rapporto con lo storico Pietro Scoppola. Così come specialissimo  fu quello con la comunità di Sant’Egidio, di cui ammirava e sosteneva  il particolare   carisma di una vissuta ‘diplomazia dell’amicizia’. Bellissimo il rapporto con il suo grande amico Federico Fellini il quale diceva di lui mi ha sempre colpito come quel cardinalone potesse essere spiritualmente così autorevole e, insieme, così laico e luminoso’”.

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