A 10 anni dal rapimento in Siria di padre Paolo Dall’Oglio, il cardinale segretario di Stato Vaticano celebra una messa a Roma e rivolge un nuovo accorato appello per la martoriata Siria e per tutte le persone scomparse in questi anni di conflitto. “La fede in Cristo – ha detto Parolin – spinse padre Paolo al dialogo con i musulmani”
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Un accorato appello ad adoperarsi con ogni mezzo per il ritrovamento di Padre Paolo Dall’Oglio e di tutti gli altri scomparsi – 120mila persone secondo l’Onu – in questi anni di guerra in Siria. A pronunciarlo questa sera nella Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma nel corso di una messa celebrata a dieci anni dal rapimento del sacerdote gesuita è stato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato Vaticano.
Un gesto di pietà che non si può negare
Il pensiero del porporato è andato anche agli arcivescovi Boulos Yazigi, Metropolita Greco-Ortodosso, e Youhanna Ibrahim, Metropolita Siro-Ortodosso, dei quali non si hanno notizie dal 22 aprile 2013, ma anche ad altri due presbiteri: l’armeno-cattolico Michael Kayal e il greco-ortodosso Issab Mahfoud, scomparsi dal 9 febbraio 2013. L’appello di Parolin si somma ai tanti rivolti in questi anni di attesa, ricerche e sospiri, soprattutto da Papa Francesco che più volte ha chiesto di intensificare gli sforzi per ritrovare quanti scomparsi e sequestrati in Siria: “fosse anche solo – ha detto il segretario di Stato – per compiere quel gesto di pietà che non si può negare a nessuno, ovvero quello di piangere, dando una sepoltura dignitosa al loro corpo”.
L’incontro con Gesù e la spinta al dialogo
Ciò che spinse padre Paolo Dall’Oglio ad inoltrarsi nel deserto siriano e costruire ponti di dialogo con i musulmani, ha messo in luce il cardinale, è stato l’essere “animato dalla fede in Cristo e dall’amore per i fratelli. La fede – ha precisato – non proviene da una vaga adesione intellettuale alla figura storica di Gesù, ma dall’incontro personale con Lui”, “sorgente di amore incondizionato verso tutti i fratelli”.
Parlare il linguaggio del Regno dei Cieli
“Per poter esser in dialogo sincero con le persone di altre fedi, come i nostri fratelli musulmani”, ha affermato nella sua omelia Parolin, “non dobbiamo mai nascondere la nostra identità di cristiani, ma mostrarla nella sua dimensione più veritiera”, “parlare il linguaggio del Regno dei Cieli che è quello del rispetto, della stima del fratello”. “Solo in questo modo la logica della prepotenza, della superbia, delle armi, della discriminazione e della guerra sarà soppiantata dalla logica del cielo, ovvero quella della carità, della compassione” e “l’incontro con l’altro può divenire amicizia”. Non è cosa facile. Il porporato non lo ha nascosto, rivolgendo il pensiero, la vicinanza e la comunione in special modo ai cristiani in Medio Oriente.
Il pensiero per i cristiani in Medio Oriente
A tal proposito il cardinale ha invitato a superare il concetto di minoranza e ha quindi ammonito: “la presenza cristiana in Medio Oriente non è semplicemente da “tollerare”, “i cristiani in Siria, come in Palestina, in Libano, in Israele, in Iraq ed in ogni altra Nazione, sono cittadini ai quali devono essere garantite tutte le libertà”, “sono parte di quei popoli a pieno titolo, e hanno sempre contribuito al loro sviluppo culturale, economico e politico con dedizione e competenza”.
Chiedere la grazia della consolazione
“Non smettiamo di chiedere la grazia della consolazione”, ha chiesto ancora Parolin pregando per padre Paolo, per tutti gli scomparsi, per le loro famiglie, per i siriani in patria e rifugiati in altre nazioni, per “la martoriata Siria, come spesso la chiama il Santo Padre Francesco”, perché “siano fasciate le piaghe dei cuori spezzati, siano scarcerati i prigionieri, siano consolati gli afflitti, siano riedificate le città desolate, siano ricostruiti i luoghi devastati”.
La celebrazione eucaristica organizzata dalla Compagnia di Gesù, dall’Archieparchia Siro-Cattolica di Homs, Hamah e Nebek, dalla la Comunità Monastica al – Khalil di Deir Mar Musa e dalla Famiglia di padre Paolo Dall’Oglio è stata preceduta dalla presentazione del volume “Paolo Dall’Oglio. Il mio testamento”, con la prefazione di Papa Francesco.
Un messaggio da tenere vivo
Prima della Messa, interpellato dai giornalisti, il segretario di Stato Vaticano ha ribadito gli sforzi initerrotti della Santa Sede per ritrovare padre Dall’Oglio: “il suo messaggio di pace e di dialogo – ha detto – va tenuto vivo: il suo monastero era stato fondato proprio per il dialogo con l’Islam”. Un riferimento alla comunità monastica di Deir Mar Musa fondata nel 1982 nel deserto siriano nel luogo in cui il gesuita aveva scoperto le rovine dell’antico Monastero di San Mosè l’Abissino.
Interpellato infine su un’eventuale tappa della missione di pace per l’Ucraina dell’inviato del Papa, cardinale Matteo Zuppi a Pechino, Parolin ha chiarito: “Per il momento non si sa niente. Non ci si può pronunciare. Adesso aspettiamo la Gmg poi si vedrà”