Parolin a Udine ricorda l’aiuto della Chiesa friulana all’Albania dopo il comunismo

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Il segretario di Stato ha presentato questo pomeriggio il volume “Il dramma dell’Albania nel racconto del delegato apostolico Leone G.B. Nigris (1938-1944)” insieme all’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzocato e al curatore Anesti Naci, storico albanese da 25 anni in Italia. E ricordato il fiume di solidarietà attivato dalla Chiesa friulana e dalla Caritas locale per i confratelli di Scutari e Tirana, grazie al programma “Aiuti all’Albania”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Il delegato apostolico in Albania tra il 1938 e il 1944, l’arcivescovo friulano Leone Giovanni Battista Nigris, nella sua relazione per la Segreteria di Stato dopo l’espulsione decretata dal regime comunista di Enver Hohxa, guarda l’ambiente albanese con una “prospettiva specificatamente cattolica e italocentrica” ma è però un ottimo osservatore del nuovo ambiente italiano nel Paese. E giudica “grave perniciosa e devastante” con la presenza italiana in Albania, “l’esportazione della civiltà camorristica fra gli albanesi e il gigantismo della rete clientelare”. Così, facendo proprie le considerazioni del curatore Anesti Naci, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, commenta uno dei passaggi fondamentali del volume “Il dramma dell’Albania nel racconto del delegato apostolico Leone G.B. Nigris (1938-1944)” presentato questo pomeriggio ad Udine, nel centro culturale “Paolino d’Aquileia”, e che definisce “un utile contributo alla comprensione degli eventi albanesi di quel periodo”.

Il delegato Nigris, coetaneo di Angelo Giuseppe Roncalli

Alla presentazione del testo, curato dall’Istituto Pio Paschini per la storia della Chiesa in Friuli ed edito da Forum, intervengono, oltre al cardinale, l’arcivescovo di Udine, monsignor Andrea Bruno Mazzocato, il presidente dell’Istituto Pio Paschini, Cesare Scalon, e il curatore della pubblicazione, Anesti Naci. Coetaneo di un altro vescovo italiano in servizio diplomatico all’Est, Angelo Giuseppe Roncalli, che dopo un decennio in Bulgaria, dal 1935 al 1944 fu delegato apostolico in Grecia e Turchia, Nigris passo dalla Carnia all’Albania dilaniata dal regime monarchico prima, dalla dittatura social-comunista di Hoxha poi. Con il drammatico intermezzo dell’invasione italiana durante la Seconda guerra mondiale. Questa relazione, integrata da un ricco apparato di note, costituisce una fonte straordinaria non solo per la storia dell’Albania ma anche dell’Italia, e in particolare per ogni indagine che voglia chiarire il ruolo di funzionari, ecclesiastici, affaristi, uomini di regime nella vita di entrambi i paesi, a partire dall’invasione del 7 aprile 1939 fino ai drammatici momenti successivi all’8 settembre 1943.

L’intervento del cardinale Pietro Parolin. A destra, l’arcivescovo di Udine Andrea Bruno Mazzoccato. Foto arcidiocesi di Udine

Gli studi storici di Anesti Naci, da Valona ad Udine

Nel suo intervento Parolin, dopo aver ricordato figure del clero friulano e giuliano che hanno prestato servizio diplomatico per la Santa Sede, da Celso Costantini a Pechino, a Ildebrando Antoniutti in Canada e Spagna, fino al goriziano Luigi Faidutti, artefice del concordato del 1927 in Lituania, cita molti degli appunti critici dell’introduzione del curatore Naci, storico albanese in Italia dal 1998. E’ autore di studi sulle vicende culturali e politiche dell’Albania del Novecento, con particolare attenzione alle tematiche dell’ateismo di Stato e della religione, dell’identità e del carattere nazionale albanesi. La sua monografia: L’immagine dell’Italia e degli italiani nell’Albania comunista, è in corso di pubblicazione.

L’analisi critica della relazione di Nigris alla Segreteria di Stato

Il segretario di Stato, con Naci, nota che “il carattere attivo di Nigris, e il suo desiderio di riordinare e di riorganizzare l’amministrazione della Chiesa albanese perché sia all’altezza di quella di Roma, è stimolato dalla convinzione che l’Italia debba essere un faro non solo civile, ma anche religioso”. Ma questa visione “collide con la politica opportunistica del fascismo che vuole mantenere l’equilibrio religioso esistente”. Entrambi però “restano sviati dall’incomprensione – precisa il curatore – dell’errato principio di sovra-considerazione che sia religioso il principio identitario proprio degli albanesi, cristiani o mussulmani, e non piuttosto quello della lingua e della nazionalità”.

Un’immagine di monsignor Leone G. B. Nigris (Ampezzo 1884, Roma 1964)

E Nigris disse a Ciano: “Non importate il fascismo in Albania”

Nigris annota tredici errori che causarono la rovina dell’Albania e dell’Italia, con l’annessione del 7 aprile 1939. Nella relazione spiega come, al ministro degli esteri Galeazzo Ciano, poi anche al luogotenente Francesco Jacomoni: “Raccomandai tre cose: Salvaguardate al massimo la autonomia dell’Albania. Non importate il fascismo, che sarebbe interpretato come un’occupazione politica dopo quella militare. State attenti alla corsa degli arrivisti, che pioveranno a sfruttare la situazione”. Entrambi sembravano d’accordo, “ma poi avvenne il contrario – segnala ancora Nigris – E chi faccia con cognizione di causa la diagnosi dei mali, che qui rovinarono l’Albania e l’Italia insieme, riscontrerà i tre virus da me segnalati allora”.

La storia recente, dal 1990 ad oggi

Il segretario di Stato Vaticano conclude la sua presentazione con un veloce excursus dei rapporti tra la Santa Sede e soprattutto la diocesi di Udine e l’Albania dal 4 novembre 1990 , con al Messa nella cattedrale cattolica di Scutari, e il successivo ripristino delle relazioni diplomatiche. Già nell’agosto del 1991, ricorda Parolin, “la Santa Sede inviò in Albania il friulano monsignor Diego Causero, allora segretario del Nunzio Apostolico presso il palazzo delle Nazioni a Ginevra, quale delegato per gli affari straordinari, in vista degli accordi con il Governo albanese per l’apertura della nuova Nunziatura Apostolica a Tirana” Vi sarebbe rimasto fino alla fine del 1993. Tutto iniziava, sottolinea il cardinale, “tra la fine del 1990 e l’inizio del 1991 con quell’inattesa ondata migratoria, che qui vennero accolti anche presso le parrocchie, a cominciare da quelle di Blessano, Basiliano e Udine”.

L’immagine di copertina, Scutari ai tempi della missione del delegato apostolico Nigris

Il legame sempre più forte tra la Chiesa friulana e quella albanese

Nella canonica di Basiliano fu ospitato, ricorda Parolin, “don Frano Illia, venuto in Italia a curarsi dell’asma bronchiale contratta nelle zone paludose durante i lavori forzati a cui era stato condannato dal regime comunista. Sarebbe stato ordinato arcivescovo metropolita di Scutari il 25 aprile 1993. La sua conoscenza farà nascere rapporti di fraterna relazione tra le due Chiese tramite la Caritas diocesana”. E In Albania fu ancora monsignor Causero che nell’estate 1992 accolse il parroco di Basiliano don Gianni Fuccaro e Renzo Peressoni direttore delle farmacie degli Ospedali civili del Friuli, indirizzandoli verso quel programma di interventi “che da allora, non interrotti neppure dalla pandemia, dette vita a un fluire di numerose e diversificate realizzazioni di estrema necessità, prefabbricati abitativi e polifunzionali, per asili, per chiese, tirati su dai generosi volontari di questa vostra Diocesi”. Così nacque il programma “Aiuti all’Albania”, che fornì anche arredi liturgici marmorei per le chiese del Paese. La Chiesa albanese, conclude il segretario di Stato, ha ricevuto le visite pastorali di san Giovanni Paolo II nel 1993 e di Papa Francesco nel 2014, e “il 5 novembre 2016 una bella presenza di friulani insieme con l’arcivescovo Mazzocato e monsignor Causero partecipano nella cattedrale di Tirana alla beatificazione dei 38 martiri albanesi”.

Il pubblico alla presentazione del volume. Foto arcidiocesi di Udine