Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Giudicare senza conoscere, finendo con l’esprimere pensieri senza riflettere. Dinanzi al cosiddetto mondo della disabilità, ogni nazione è chiamata ad incontrare davvero le persone che vivono un disagio fisico, sia esso dalla nascita o manifestatosi ad una certa età. Mettere da parte i pregiudizi, abbattere le barriere è un compito che chiama in causa tutti anche per – come ha chiesto più volte il Papa – combattere la cultura dello scarto. Francesco nel discorso al Comitato Italiano Paralimpico, ricevuto in udienza in Aula Paolo VI il 4 ottobre 2014, parlò proprio della necessità di superare le barriere, comprese quelle che sono dentro di noi:
Lo sport diventa un’occasione preziosa per riconoscersi come fratelli e sorelle in cammino, per favorire la cultura dell’inclusione e respingere la cultura dello scarto. Tutto questo risalta ancora maggiormente nella vostra esperienza, perché la disabilità che sperimentate in qualche aspetto del vostro fisico, mediante la pratica sportiva e il sano agonismo si trasforma in un messaggio di incoraggiamento per tutti coloro che vivono situazioni analoghe alle vostre, e diventa un invito ad impegnare tutte le energie per fare cose belle insieme, superando le barriere che possiamo incontrare intorno a noi, e prima di tutto quelle che ci sono dentro di noi.
Tokyo 2020 riparte dalla Paralimpiadi
Terminati i Giochi Olimpici, Tokyo si prepara dunque ad ospitare le Paralimpiadi. Come da accordi – stipulati nel 2001 – tra il Comitato Paralimpico Internazione e quello Olimpico, il Paese selezionato per ospitare i Giochi olimpici deve organizzare anche i corrispondenti Giochi paralimpici. Quest’anno, dopo il rinvio di 12 mesi a causa della pandemia di Covid-19, si disputeranno dal 24 agosto al 5 settembre. Per la capitale nipponica è la seconda volta dopo quelli del 1964. In questa edizione entreranno a far parte del programma le gare di badminton e taekwondo paralimpico, mentre saranno eliminati la vela paralimpica ed il calcio a 7-un-lato. Saranno 22 le discipline in programma, disputate in una ventina tra stadi e palazzetti dello sport, alcuni dei quali costruiti per l’occasione. Dopo Tokyo, sarà Parigi ad organizzare le prossime Paralimpiadi che si svolgeranno dal 28 agosto all’8 settembre 2024.
Vincere i pregiudizi
Anna Barbaro è una delle numerose atlete che proverà a vincere una medaglia a Tokyo. La 35enne della nazionale italiana paratriathlon e del gruppo sportivo Fiamme Azzurre vanta un palmares con numerosi titoli sia a livello nazionale che internazionale e nel ranking della sua categoria occupa i primi posti. L’atleta calabrese ha perso dieci anni fa la vista a causa di una malattia incurabile.
La sua guida è oggi Charlotte Bonin, triatleta italiana che ha partecipato a due Olimpiadi ed ora si appresta, accanto ad Anna, a vivere le sue prime Paralimpiadi. Uno dei motti di Anna è “sognare oltre il limite”, il che rende già l’idea del suo carattere e della grinta con cui ha deciso di costruire un sogno chiamato “Tokyo 2020”. Terziaria francescana, l’azzurra ricorda con grande emozione il suo incontro con il Papa, avvenuto al termine din un’Udienza Generale del mercoledì alla quale aveva partecipato. Nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News Anna sottolinea come le parole pronunciate da Francesco siano un faro che dà una luce speciale a quella strada che ha deciso di intraprendere solo dopo aver perso la vista.
Anna, iniziamo dal percorso che ti ha portato fino a Tokyo 2020, compresa l’attesa che seppur prolungata è certamente ricca di tenacia, di più allenamenti. Cosa provi in questi giorni che precedono l’inizio delle gare?
Sono veramente emozionata perché dopo tanti anni è la realizzazione di un sogno. C’è un tumulto dentro di me, non riesco neanche a rendermene conto. Mi ripeto che è vero, sta succedendo! Ripenso alle persone conosciute, ai mille momenti che hanno permesso tutto questo.
Come atlete siete chiamate a sfidare anche i limiti del vostro corpo, ma forse è proprio in questo che si conosce un potenziale che magari non si conosceva. Quanto è bello scoprirsi e riscoprirsi di allenamento in allenamento, di gara in gara fino a Tokyo?
Dieci anni fa, quando ho perso la vista, non ero una sportiva. Non praticavo nessuna disciplina. Da allora ogni singolo allenamento, ogni giorno è stato davvero uno sfidare un qualcosa che non avevo mai fatto. Una sfida con me stessa oltre che con la disabilità ed è questa la soddisfazione più grande che posso avere. Lo sport ti dà quella libertà, quella conoscenza di te stesso e ci fa sentire sempre più forti, pronti ad affrontare la vita.
Vuoi allora lanciare un appello a chi ha pensato di iniziare un percorso simile, ma poi finisce per non farlo. Vale invece la pena provarci?
Sì! Voglio dire a queste persone di non avere paura, perché questo è il passo più importante: superare il limite iniziale. Un limite mentale, che dobbiamo affrontare anche senza temere di dover chiedere aiuto a qualcuno. Tanti sono pronti a tendere la mano ed è così che ci si riscopre più forti.
Il Papa ha detto che grazie al vostro esempio si possono abbattere le tante barriere che ancora esistono, riuscendo dunque a combattere quella che Francesco chiama la cultura dello scarto…
Papa Francesco ha davvero ragione, ci indica la strada perché più ci facciamo conoscere, più riusciamo a far conoscere il nostro mondo e meno si avrà paura dell’altro. Quando il non conosciuto diventa familiare si abbattono le barriere, soprattutto quelle mentali legate proprio ad una mancanza di contatto. Dobbiamo entrare nel mondo, il mondo ci guardi e supereremo tutto questo.
Vuoi raccontarci una tua giornata tipo?
Oggi è stata ad esempio una giornata davvero ricca, non semplice! All’alba è arrivato l’antidoping a casa, ci ha svegliato ed abbiamo fatto ciò che si deve fare. Poi finita questa cosa siamo andati in piscina, con la mia guida e gli allenatori ed ancora il tandem, con ripetute nuoto-bici-corsa, con brevi cambi che ci aiutano ad affrontare meglio le gare. Una mattina decisamente intensa ed ora sono qui che parlo con te, poi si prosegue.
Anna, a chi vuoi dedicare questa esperienza che ti appresti a vivere a Tokyo?
La dedico a me stessa, perché dentro il mio cuore ci sono quelle persone a cui voglio dedicare tutto questo. L’elenco sarebbe troppo lungo, penso anche ai tanti posti dove sono stata. Lo dedico allora a me stessa, perché è lì che ci sono davvero tutti.