Il Paese australe drammaticamente in evidenza. E’ salito ad almeno 64 morti il bilancio degli scontri tribali avvenuti nella regione delle Terre alte. Le difficoltà delle forze dell’ordine nella gestione dell’emergenza
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
E’ piena emergenza in Papua Nuova Guinea, il Paese a nord dell’Australia in Oceano Indiano. Le lotte intestine hanno provocato negli ultimi giorni decine di morti. I corpi delle vittime sono stati recuperati vicino alla città di Wabag, circa 600 chilometri a nord-ovest della capitale Port Moresby. Si tratta di tutti uomini e le autorità ritengono che le violenze siano collegate al conflitto tra i membri delle tribù locali Sikin, Ambulin e Kaekin.
Una lotta che dura da secoli
I clan si sono combattuti da secoli e vivono forti contrasti tuttora in Papua Nuova Guinea. Ultimamente la facilità di reperire armi da fuoco automatiche ha reso gli scontri ancora più letali, aggravando il clima di violenza tra le fazioni e in tutto il Paese. In Papua vivono centinaia di gruppi etnici, ognuno con le sue tradizioni e le sue usanze. Al centro degli scontri il difficile approvvigionamento delle risorse naturali che appaiono sempre più scarse.
Una crisi da fermare
Il governo di Port Moresby ha tentato di gestire la situazione, promuovendo mediazioni e amnistie. Il controllo del territorio e altre strategie, per controllare le violenze, hanno avuto scarso successo. L’esercito ha dispiegato circa 100 soldati nell’area, ma il loro impatto è stato limitato e i servizi di sicurezza rimangono impotenti di fronte ai gruppi che si combattono. La polizia ha descritto la scena del recente massacro come il più grave nel Paese. Le foto e i video mostrano corpi trucidati che giacciono sul ciglio delle strade e sistemati sul retro di mezzi di trasporto.