Il cardinale ha presentato, oggi 23 giugno a Bologna, il volume a cura dal presidente della Fondazione Memorie audiovisive del cattolicesimo che indaga i processi redazionali dei grandi documenti del Magistero pontificio del ‘900 sui mezzi audiovisivi di massa: “Un nuovo tassello alla conoscenza dei rapporti tra Chiesa Cattolica e Media, in linea con le sollecitazioni di Papa Francesco”
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
“Colmare una lacuna storiografica e aprire nuove piste di indagine per il futuro”. Questo secondo il cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, è il merito del volume “Papi e Media. Redazione e ricezione dei documenti di Pio XI e Pio XII su cinema, radio e tv” di monsignor Dario Edoardo Viganò, presidente della Fondazione Memorie audiovisive del cattolicesimo.
Intervenuto alla presentazione a Bologna, presso il Salone Marescotti dell’Università Alma Mater Studiorum, il porporato ha definito l’opera, edita da Il Mulino, “una prima importante risposta” alle sollecitazioni di Papa Francesco di “indagare le fonti audiovisive e di riflettere sull’evoluzione della relazione tra cattolicesimo e nuovi media”. Zuppi ha ripercorso alcune tappe dell’itinerario storico del rapporto tra Chiesa e mezzi audiovisivi di massa: dalla benedizione agli operatori cinematografici di Leone XIII, alle encicliche Vigilanti Cura di Pio XI e Sacra Virginitas e Miranda prosus di Pio XII, il Papa che affidò al documentario Pastor Angelicus di Romolo Marcellini la rappresentazione sul grande schermo del suo ruolo di suprema autorità morale.
Tra evangelizzazione e vigilanza
Nell’iniziale oscillazione tra un atteggiamento che vedeva nei media uno strumento di evangelizzazione e apostolato, ma anche uno sprone ad un rinnovato impegno di controllo e moralizzazione, si può cogliere secondo l’arcivescovo di Bologna l’evoluzione dell’atteggiamento della Chiesa Cattolica verso i nuovi mezzi di comunicazione, messo a fuoco dai saggi raccolti da monsignor Viganò. “Se da una parte non venne mai accantonata la volontà di mantenersi vigili e attenti per assicurare il rispetto dei dettami religiosi anche da parte dei nuovi media”, ha osservato il cardinale, “dall’altra si rese sempre più necessaria una maggiore consapevolezza volta ad adeguare il messaggio cristiano per rivolgersi efficacemente a una società nel pieno dei processi di globalizzazione. La risposta a questo indirizzo andava in una direzione sempre più internazionale attraverso un nuovo approccio verso i moderni mezzi di comunicazione che, accanto alla tradizionale preoccupazione moralizzatrice, avesse anche una parte di azione positiva che fornisse una implicita legittimazione al nuovo medium”.
Il cambio di paradigma del Vaticano II
È questo secondo il presidente della Conferenza Episcopale Italiana “uno dei segni più evidenti di quel cammino di maturazione nella consapevolezza di che cosa rappresentassero i media di massa nell’evoluzione sociale e antropologica del contesto contemporaneo”, che la Chiesa ha saputo rielaborare in un vero e proprio cambio di paradigma a partire dalla “svolta del Concilio Vaticano II”.
Tajani: ricerca approfondita
Sulla stessa lunghezza d’onda si pone il messaggio che il vice presidente del consiglio italiano Antonio Tajani ha fatto giungere in occasione della presentazione del volume. Esso costituisce secondo il numero due di Palazzo Chigi una “ricerca approfondita” che getta “ulteriore luce su quel processo che ha portato i moderni mezzi di comunicazione a imporsi come strumento privilegiato per l’apertura a una inedita proiezione globale del pontificato che nel corso del Novecento ha contribuito a modellare nuove forme di presenza dell’istituzione ecclesiastica nella modernità e, al contempo, ad accrescerne l’influenza planetaria”.
Questo nuovo orizzonte universale ebbe “rilevanti implicazioni sociali, culturali e politiche che”, scrive Tajani, “permisero ai pontefici di svincolare la loro immagine da una dimensione centrata su Roma e il Vaticano per imporsi come riferimento sovranazionale all’interno di un nuovo corso geopolitico che rivoluzionò l’immagine del papato in tutto il mondo”.
Viganò: un fronte di indagine finora trascurato
Durante la presentazione ha quindi preso la parola l’autore: “Il volume – ha precisato dario Edoardo Viganò – tenta, in modo ancora parziale e non definitivo di aprire un fronte di indagine come quello dei processi redazionali dei grandi documenti del Magistero pontificio novecentesco sui media che risultava piuttosto trascurato nel campo della ricerca. In particolare, non si sbaglia a dire che Miranda Prorsus è l’enciclica che intendeva cogliere i segnali, nel magistero di papa Pacelli, che preannunciavano l’inaugurazione di una stagione di dialogo e di confronto consapevole e propositivo nei confronti del cinema e dei media”. “Nel volume – ha aggiunto – viene anche approfondito il valore della ricerca d’archivio”. Quest’ultima è importante secondo Viganò sia per ricostruire una genesi storica dei processi redazionali, che per esplicitare i passi di questi processi. Alla presentazione hanno preso parte tra gli altri il rettore dell’Università Giovanni Molari, il direttore del Dipartimento delle arti Giacomo Manzoli e il Paolo Pombeni, docente emerito presso l’Alma Mater Studiorum.