Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Nell’annus mirabilis di Papa Giovanni Paolo I – Albino Luciani (1912-1978), in vista della sua beatificazione il prossimo 4 settembre in San Pietro, la Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, in collaborazione con il Dipartimento di Teologia dogmatica della Pontificia Università Gregoriana, promuove una Giornata di Studi interamente dedicata al suo Magistero dal titolo: “I sei «vogliamo». Il Magistero di Giovanni Paolo I alla luce delle carte d’archivio”. È il primo appuntamento in sede accademica organizzato dalla Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I e si svolgerà il 13 maggio presso l’Aula Magna Pontificia Università della Gregoriana. “Il convegno apre una pagina sostanzialmente nuova per la narrazione dell’opera, del magistero e del pontificato di Giovanni Paolo I”, afferma Stefania Falasca, vicepresidente della Fondazione Vaticana Giovanni Paolo I, e illustra l’importanza del primo convegno interamente dedicato al Magistero di Papa Luciani sulla base documenti d’archivio.
Perché è importante questo appuntamento?
In vista della beatificazione di Giovanni Paolo I credo sia fondamentale anzitutto una lettura del suo magistero. In questi due anni la Fondazione, istituita da Papa Francesco il 17 febbraio 2020, ha compiuto passi fondamentali per predisporre le basi che consentono di favorire a livello internazionale la ricerca, gli studi, l’approfondimento e la divulgazione del lascito teologico, spirituale e culturale di Albino Luciani. Uno dei passi fondamentali è stata l’acquisizione delle carte dell’archivio privato del papa di origini bellunesi. E ritengo che questa giornata di studi possa aprire una pagina sostanzialmente nuova per la narrazione dell’opera, del magistero e del pontificato di Giovanni Paolo I.
Per quale motivo?
Perché la storia si fa con le fonti, con le carte. Nel 2008, lo storico veneto Giorgio Cracco rilevava, nel corso di un convegno, che trovava straordinario potersi dedicare a una figura come Albino Luciani sul quale «sembra che nessuno voglia parlare davvero», e con questo “davvero” intendeva in termini rigorosamente scientifici, ossia solo sulla base di testi e documenti. Aveva poi segnalato come sul piano dell’interesse storiografico Giovanni Paolo I avesse trovato fino a quel momento uno spazio modesto, per non dire minimale, riscuotendo un’attenzione pallida, se non evanescente, da personaggio tutt’altro che epocale. Si deve infatti dire che la figura, l’operato e la personalità di Luciani, sono stati poco frequentati negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso dalla storiografia in particolare, e se è vero che hanno incontrato nuova fortuna solo in questi primi anni del XXI secolo, e in particolare nell’ultimo decennio, ancora scarsi sono i contributi di rilievo dal punto di vista storiografico. E certamente è anche importante rilevare il ruolo della Causa di canonizzazione di Giovanni Paolo I, che permettendo l’accesso alle fonti documentali – le sole che possono consentire uno scavo analitico e un parlare di Luciani in termini scientifici – abbia potuto contribuire in questa direzione. Una possibilità che ora si è pienamente attuata con la realizzazione di una Fondazione ad hoc dedicata alla custodia del lascito lucianeo. Ed è da questa possibilità che si apre Convegno.
Verrà presentato l’Archivio privato di Albino Luciani…
Una riflessione e un viaggio attraverso il magistero di Giovanni Paolo I non possono che prendere avvio e consistenza dalle fonti. E l’Archivio Privato Albino Luciani, patrimonio della Fondazione, è costituito dall’insieme del materiale documentale che abbraccia un ampio arco di tempo, dal 1929 fino al 27 settembre 1978. Doveroso presentarlo in ambito accademico.
Perché si svolge alla Gregoriana?
Il Convegno si svolge presso questo ateneo pontificio per l’interessamento del Dipartimento di teologia dogmatica diretto dal prof. Dario Vitali, che ha promosso l’iniziativa insieme al comitato scientifico della Fondazione Giovanni Paolo I. La scelta è maturata in riferimento agli studi compiuti da Luciani. Proprio presso questa cattedra di teologia egli conseguì, nel 1942, magna cum laude, la licenza con uno studio sulle ordalie teso a dimostrare l’azione moderatrice svolta dalla Chiesa di fronte alla barbara consuetudine. Terminata poi la guerra, seppure carico degli impegni come docente e vicerettore nel Seminario Gregoriano di Belluno, si iscrisse al quinto anno della Facoltà di teologia con l’onere di redigere una tesi dottorale. Aveva già da tempo concordato con il gesuita Charles Boyer, strenuo difensore del tomismo, un impegnativo studio su Rosmini: L’origine dell’anima secondo Antonio Rosmini. Esposizione e critica. Il 27 febbraio 1947 difese pubblicamente la dissertazione riscuotendo approvazioni particolari dai docenti della Gregoriana e da altri eminenti studiosi.
L’Archivio privato comprende anche questa documentazione?
Nell’Archivio è presente anche la corrispondenza intercorsa con i docenti e la lettera del cattedratico alla Gregoriana, canonista di fama internazionale, padre Felice Cappello sj, che si interessò per ottenergli la dispensa dalla frequenza. Dunque con la scelta della Gregoriana si intende anche sottolineare la solida formazione teologica di Luciani e la sua fisionomia di docente di teologia dogmatica che abbraccia un arco di ventisette anni. D’altra parte il prof. Vittore Branca, filologo cattedratico a Padova, legato da cordiale amicizia con Giovanni Battista Montini, testimonia che Paolo VI avrebbe detto di Luciani: “È uno dei teologi più lucidi e una delle anime più sante che conosca”. Ed è proprio da questa solida formazione teologica che sgorga anche la caratteristica peculiare del suo magistero così suadente e attrattivo.
Quale?
Quella di aver adottato un linguaggio semplice. Il sermo humilis di papa Luciani si fonda sulla scelta teologica canonizzata da sant’Agostino nel De predestinatione sanctorum nel quale Agostino afferma che la verità deve essere posta con delicatezza, perché si deve adeguare sia alla natura stessa della verità, sia tanto più alle possibilità di ricezione dell’uditore perché questi la possa ricevere. Da qui l’uso di un linguaggio che è comprensivo del mondo e degli uomini ed è con essi dialogante e comprensibile, affinché il messaggio della salvezza possa giungere a tutti. Giovanni Paolo I è stato il primo pontefice ad aver costantemente adottato nei suoi interventi uno stile colloquiale. La specificità del suo peculiare sermo humilis, nel corpus degli interventi e dei documenti del Pontificato, ha motivato pertanto un’accurata lettura filologica insieme a una riflessione teologica, pastorale, storica, ecumenica, ecclesiale del suo magistero nel solco tracciato dal Concilio Vaticano II.
Veniamo ai sei “vogliamo”. Il primo si riferisce proprio al Concilio…
“Vogliamo continuare nella prosecuzione dell’eredità del Concilio Vaticano II, le cui norme sapienti devono tuttora essere guidate a compimento, vegliando a che una spinta, generosa forse, ma improvvida, non ne travisi i contenuti e il senso, e che forze, altrettanto frenanti e pavide, non ne rallentino l’impulso di rinnovamento e di vita”, afferma il primo dei sei “vogliamo” contenuto nel radiomessaggio Urbi et orbi pronunciato in latino da Giovanni Paolo I l’indomani della sua elezione, il 27 agosto 1978, che esprimono la comune mentalità ecclesiale e l’unità del collegio cardinalizio che lo aveva eletto. Unità che certamente intendeva coniugare, nella volontà di slancio, il «balzo innanzi» di un’eredità comune: quella del Concilio. Non bisogna dimenticare infatti che Giovanni Paolo I venne eletto con un consenso «quasi plebiscitario», che aveva il sapore dell’acclamazione, «un regale tre terzi», secondo l’espressione attribuita al cardinale belga Léon-Joseph Suenens. Con un Conclave rapidissimo, durato soltanto ventisei ore Luciani, il 26 agosto 1978, saliva così al Soglio di Pietro, o meglio, vi discendeva, come Servus servorum Dei, abbassandosi al vertice dell’autorità che è quella del servizio voluto da Cristo, se nell’agenda personale del pontificato siglava in calce, con queste parole, l’essere ministri nella Chiesa: “Servi, non padroni della Verità”.
Gli altri “vogliamo” quali rotta indicano?
Leggo: “Vogliamo custodire intatta la grande disciplina della Chiesa […] sia nell’esercizio delle virtù evangeliche sia nel servizio dei poveri, agli umili, agli indifesi […]. Vogliamo ricordare alla Chiesa intera che il suo primo dovere è l’evangelizzazione […]. Vogliamo continuare l’impegno ecumenico con attenzione a tutto ciò che può favorire l’unione […]. Vogliamo proseguire con pazienza e fermezza in quel dialogo sereno e costruttivo che Paolo VI ha posto a fondamento e programma della sua azione pastorale […]. Vogliamo infine favorire tutte le iniziative che possano tutelare e incrementare la pace nel mondo turbato”.
Come vennero declinati da Luciani nel corso del pontificato?
Ognuna di queste priorità ha scandito i gesti e le parole di trentaquattro giorni di pontificato. Nel suo breve pontificato ha fatto progredire la Chiesa lungo le strade maestre indicate dal Concilio Vaticano II: la risalita alle sorgenti del Vangelo e una rinnovata missionarietà, la collegialità episcopale, il servizio nella povertà ecclesiale, la ricerca dell’unità dei cristiani, il dialogo interreligioso, il dialogo con la contemporaneità e il dialogo internazionale, condotto con perseveranza e determinazione, in favore della giustizia e della pace. Sono prospettive che ritornano con chiarezza. Ricevendo gli oltre cento rappresentanti delle missioni internazionali presenti all’inaugurazione del suo pontificato, aveva sottolineato come “il nostro cuore è aperto a tutti i popoli, a tutte le culture e a tutte le razze”, per poi affermare: “Non abbiamo, certo, soluzioni miracolistiche per i grandi problemi mondiali, possiamo tuttavia dare qualcosa di molto prezioso: uno spirito che aiuti a sciogliere questi problemi e li collochi nella dimensione essenziale, quella dell’apertura ai valori della carità universale… perché la Chiesa, umile messaggera del Vangelo a tutti i popoli della terra, possa contribuire a creare un clima di giustizia, fratellanza, solidarietà e di speranza senza la quale il mondo non può vivere”.
Perché è un messaggio attuale?
Sono questi sei “vogliamo”, declinati in programma di pontificato da papa Luciani nei suoi 34 giorni al Soglio di Pietro che possono certamente far riflettere sulla stringente attualità del suo messaggio. Papa Giovanni Paolo I è stato e rimane un punto di riferimento nella storia della Chiesa universale. Il Convegno, alla luce delle carte dell’Archivio Privato e dei testi e degli interventi del Pontificato, intende così approfondire le linee maestre del magistero di Giovanni Paolo I che ha concorso a rafforzare il disegno di una Chiesa conciliare vicina alle genti e alla loro sete di carità.