Papa a Cipro, Morlacchi: l’isola è un “cantiere” per costruire legami

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Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Il prossimo 2 dicembre Papa Francesco inaugurerà il suo 35mo viaggio apostolico arrivando nell’isola di Cipro, dove resterà fino al 4 dello stesso mese per poi recarsi in Grecia e a Lesvos. Sarà la seconda visita di un Pontefice nell’isola dopo quella di Benedetto XVI nel giugno 2010. Cipro fa parte dell’Unione Europea dal 2004 ed è un Paese a maggioranza ortodossa, in cui i cattolici, con i loro 26mila fedeli, rappresentano una minoranza su una popolazione di un milione e duecentomila persone. La maggioranza dei cattolici sono di origine straniera e di rito latino, ma a Cipro c’è anche un’arcieparchia maronita che conta circa 2500 fedeli.

La sua posizione strategica nel Mediterraneo orientale, la presenza turca nel nord dell’isola, l’ampia presenza di lavoratori stranieri e la convivenza tra cattolici ed ortodossi, fanno di Cipro un potenziale cantiere di dialogo, integrazione e collaborazione interculturale ed ecumenica. Lo conferma da Nicosia, don Filippo Morlacchi, sacerdote fidei donum della Diocesi di Roma a Gerusalemme, nell’isola per un temporaneo supporto logistico nella preparazione della visita pontificia.

L’intervista a don Filippo Morlacchi, fidei donum della Diocesi di Roma a Gerusalemme

Come si è preparata Cipro ad accogliere Francesco?

Il Papa è atteso con molta gioia da tutti, non soltanto dai cattolici. In questi ultimi giorni sono state fatte diverse comunicazioni attraverso la stampa e ormai tutto il Paese è informato della sua visita. Certamente la comunità cattolica è particolarmente in fermento. Sia quella di rito latino, che comprende anche moltissimi immigrati che sono qui per lavorare e provengono dall’estremo oriente, sia la comunità della Chiesa maronita, composta in buona parte da cittadini ciprioti. Quindi, tutta la Chiesa, e direi anche la società civile, è interessata a questa visita, con una buona partecipazione anche da parte delle autorità civili, non soltanto per l’aiuto e la collaborazione forniti nella preparazione al viaggio, ma anche con un interesse per l’arrivo del Pontefice.

Chi sono i cattolici di Cipro?

Sono una comunità abbastanza composita. C’è innanzitutto la presenza del Patriarcato latino di Gerusalemme e quella della Custodia di Terra Santa, che sono le due realtà di rito latino più significative. Ma poi ci sono anche l’arcivescovo maronita e la comunità maronita locale. L’arcivescovo maronita è anzi l’unico pastore cattolico stabilmente residente a Cipro. Poi ci sono anche altre piccole componenti minoritarie, ma sostanzialmente questa è la composizione della comunità cattolica.

Quali saranno i momenti più importanti della tappa cipriota del 35mo viaggio apostolico di Francesco?

Sicuramente i momenti salienti saranno i tre appuntamenti con la comunità cattolica. Appena arrivato a Nicosia, nel pomeriggio del 2 dicembre, la prima cosa che il Papa vorrà fare è incontrare i religiosi e i responsabili delle comunità religiose nella cattedrale maronita di Nostra Signora delle Grazie. Poi, venerdì mattina 3 dicembre, ci sarà l’appuntamento forse più atteso, a cui potrà partecipare la maggior parte delle persone ed è la Santa Messa nello Stadio di Strovolos, predisposto appositamente per consentire un’ampia presenza. Sono state anche diramate delle lettere di invito esplicito, in modo che non solo i cattolici, ma anche i fedeli della Chiesa ortodossa possano partecipare a questo momento.  Il terzo incontro si svolgerà invece venerdì pomeriggio nella Chiesa cattolica della Santa Croce e sarà un momento di preghiera ecumenica, quindi con la presenza anche di rappresentanti di altre denominazioni ecclesiali e soprattutto con la presenza dei migranti e persone che sono state aiutate dalla Caritas e dai cristiani di Cipro. In quest’occasione ci sarà questa sorta di dialogo tra il Papa e i migranti che potranno presentare le loro testimonianze. Ci sono poi gli altri appuntamenti, certamente non di minore importanza istituzionale, come l’incontro con il patriarca ortodosso Chrysostomos II e il Santo Sinodo e poi con tutte le realtà istituzionali.

Qual è lo stato della collaborazione e del dialogo ecumenico tra cattolici e ortodossi a Cipro?

Per il logo del viaggio è stata scelta l’immagine di San Barnaba, l’apostolo dell’isola. In qualche modo è il personaggio che ispira questo secondo viaggio di un Pontefice a Cipro…

La figura di San Barnaba è una figura importantissima per l’isola perché l’apostolo era originario di questi luoghi e ci sono molte memorie a Cipro legate alla sua persona. Io sono qui da alcune settimane per dare una mano nella preparazione e posso dire che sicuramente nella comunità cristiana si venera San Barnaba e tutti i giorni stiamo recitando una preghiera rivolta a lui, affinché attraverso l’intercessione di questo compagno di san Paolo tutto proceda secondo la volontà di Dio. I cristiani sono tutti devoti a questa figura che rappresenta il legame con le origini, con la storia del cristianesimo. Anche Paolo è stato qui, ma essendo Barnaba originario di Cipro c’è un legame particolare.

Cipro è il Paese europeo che – in proporzione alla sua popolazione – accoglie il maggior numero di persone migranti. Il tema delle migrazioni, come già ricordava, sarà dunque uno dei temi dell’imminente tappa cipriota del viaggio papale…

Io immagino che Francesco lo affronterà, non soltanto perché è un tema che gli è particolarmente caro, ma anche perché qui è una questione d’importanza rilevante. Se si fa una passeggiata per Nicosia, la domenica, all’ora di pranzo, la presenza multiculturale e multietnica è particolarmente visibile. Si capisce che sia un argomento delicato da affrontare, perché ci sono degli equilibri che vanno rispettati. Ma è anche vero che Cipro, proprio per la sua collocazione un po’ al centro del Mediterraneo, è stato nella storia un crocevia di incontri, presenze e ibridazioni e lo è tuttora. L’isola ha infatti questa caratteristica singolare di essere da un lato un Paese europeo e dall’altro un Paese così vicino al Medio Oriente e alla Turchia da essere un po’ estraneo alla cultura occidentale. Proprio per questo, da un lato ha tutte le sfide della convivenza e d’altro canto rappresenta un cantiere particolarmente prezioso per costruire ponti, legami e comunioni nuove.