Pakistan: al via la prima causa di beatificazione nel Paese

Vatican News

Tiziana Campisi – Città del Vaticano

Sarà aperta il 15 marzo a Lahore, in Pakistan, l’inchiesta diocesana per la Causa di beatificazione e canonizzazione di Akash Bashir che, sette anni fa, ha perso la vita impedendo ad un attentatore suicida di farsi esplodere all’interno della chiesa cattolica di San Giovanni, nel quartiere di Youhanabad, dove circa duemila fedeli si erano radunati per la Messa domenicale. È la prima Causa di beatificazione che viene avviata nel Paese. Il ragazzo era fra gli addetti alla sicurezza del luogo di culto, aveva frequentato la scuola professionale dei salesiani e si adoperava in parrocchia. La sua prontezza ha impedito una strage: ci furono 20 vittime e diversi feriti, ma in gran parte quanti si trovavano in chiesa rimasero illesi. Il nulla osta della Santa Sede per l’avvio della fase diocesana del processo di beatificazione è arrivato il 9 novembre e il 31 gennaio, in occasione della Messa per la memoria liturgica di San Giovanni Bosco nella casa dei religiosi salesiani di Lahore, l’arcivescovo monsignor Sebastian Shaw ha diffuso la notizia, insieme al nunzio apostolico monsignor Christophe Zakhia El-Kassis. Alla cerimonia del 15 marzo sarà presente l’intera Conferenza episcopale del Paese. Ad offrirci un ritratto del giovane è il postulatore della causa, il salesiano don Pierluigi Cameroni:

Ascolta l’intervista a don Pierluigi Cameroni

Don Cameroni, chi era Akash Bashir?

Akash Bashir era un giovane pakistano, cristiano cattolico, appartenente alla comunità cristiana di Lahore, esattamente del quartiere di Youhanabad. È cresciuto in una famiglia cristiana molto semplice, povera. Ha avuto l’opportunità di frequentare la scuola salesiana di Lahore, dove c’è un istituto tecnico industriale, e quindi di avere una formazione tecnica. Successivamente si è impegnato, ed è stato assunto, per la sicurezza dei cristiani nella città di Lahore, in particolare vicino alla chiesa cattolica di San Giovanni. Svolgeva questo compito con grande spirito di sacrificio, ma anche di donazione per gli altri. Era un ragazzo molto semplice.

In quale contesto sociale viveva Akash Bashir?

In un sobborgo di Lahore, una città molto grande, dove i cattolici sono la presenza più considerevole fra tutti quelli presenti in Pakistan. Un contesto segnato da povertà, emarginazione, dove testimoniare la fede cristiana è sempre rischioso. In questi anni ci sono stati diversi attentati contro le comunità cristiane, non solo cattoliche, ma anche di altre confessioni cristiane. In tale contesto di povertà economica, di emarginazione, e dove ci sono certe forme di persecuzione, si colloca la figura e la testimonianza di questo giovane cristiano.

In che modo Akash Bashir ha perso la vita?

Era una domenica – il 15 marzo 2015 – e Akash Bashir faceva parte del gruppo che garantiva la sicurezza intorno alla chiesa di San Giovanni. Era arrivata la notizia che a circa 500 metri di distanza era stato compiuto un attentato contro una chiesa anglicana, per cui i giovani della sicurezza si sono attivati per difendere le persone che nella chiesa erano riunite per la Messa. Si calcola ci fossero circa duemila persone. A un certo punto Akash Bashir vide correre verso di lui una persona: era un attentatore kamikaze. Akash ha cercato di ostacolarlo nella sua intenzione di entrare e compiere una strage e c’è stata una colluttazione. L’attentatore ha tentato di divincolarsi, ma Akash Bashir ha manifestato in quel frangente la sua forza, la sua fermezza nel difendere la sua missione e la sua fede. Si dice che abbia pronunciato delle parole molto forti, anche eloquenti: “Morirò, ma non ti lascerò passare”. L’attentatore si è così lasciato esplodere provocando la morte di Akash e di altre 20 persone. Ci sono stati anche diversi feriti, però, la maggior parte delle persone che erano nella chiesa sono state salvate proprio grazie al sacrificio di Akash e all’offerta della sua vita.

Come è stato percepito questo gesto?

Le comunità cristiane, sia cattoliche ma anche di altre confessioni, hanno subito visto in lui un testimone della fede. E anche espressioni del mondo musulmano, contrarie a forme di fondamentalismo e fanatismo religioso, sono state solidali nel riconoscere la testimonianza di questo giovane cattolico cristiano. E sin dall’inizio, è nato un movimento che ha riconosciuto la singolare testimonianza di Akash, e dobbiamo dire che, a distanza di sette anni, questo movimento è cresciuto sempre di più. Per cui sono state organizzate celebrazioni, c’è un ricordo costante di Akash, la sua tomba viene spesso visitata, ornata di fiori. C’è stato un crescendo intorno alla sua figura, non solo in Pakistan, ma anche nel mondo, per cui la sua è una testimonianza che sta avendo una grande risonanza. Questo ha anche portato alla richiesta di aprire la sua Causa di martirio.

Quindi è una memoria ancora viva quella di Akash Bashir?

Certamente. Non solo viva, ma direi che con il tempo sta crescendo ancora, proprio perché esprime una fede forte, in un contesto di persecuzioni, e quindi la sua testimonianza di giovane cristiano assurge veramente a qualcosa di esemplare per andare avanti anche nelle fatiche, nei contrasti, che soprattutto i cristiani sono chiamati a vivere in certi contesti tante volte di emarginazione, se non addirittura di persecuzioni o di martirio. E dunque Akash rappresenta anche un segno di grande speranza per tutta la comunità cristiana, ma pure per tutti gli uomini di buona volontà. E mi piace sottolineare come, ancora una volta, anche questi testimoni esprimono quell’ecumenismo dei martiri che aiutano i processi di comunione tra i cristiani e di riconciliazione tra gli uomini di buona volontà.

Come vivono oggi i cristiani a Lahore?

Vivono in situazioni non facili, perché quella in Pakistan è una Chiesa davvero provata, come in tante altre parti del mondo. Però, credo sia una Chiesa molto consapevole della propria identità e della propria testimonianza. Potremmo dire che queste comunità cristiane sono davvero comunità cristiane in trincea, ma nello stesso tempo che consolidano la propria identità e il desiderio di perseverare anche nell’ora della prova e del martirio. Come è capitato per Akash e per tanti altri, non solo in Pakistan. Come sappiamo, i cristiani sono molto perseguitati in tante parti del mondo anche oggi.

Per la comunità cristiana di Lahore, che cosa significa l’apertura della fase diocesana della Causa di beatificazione di Akash Bashir che avverrà a sette anni dalla morte?

Devo dire, dalle notizie che abbiamo, che la comunità cristiana – sia l’arcivescovo di Lahore, sia tutte le comunità cristiane, come la famiglia salesiana lì presente – guarda con grande gioia e grande speranza alla figura di Akash Bashir. La storia di Akash è un evento molto sentito, molto partecipato. C’è grande attesa per l’apertura ufficiale dell’inchiesta diocesana che è fissata per il 15 marzo, esattamente a sette anni dalla morte di questo giovane. Per questa occasione sarà presente tutta la Conferenza episcopale del Pakistan, e anche il nunzio apostolico; un modo per mostrare che si tratta di un evento che tocca da vicino tutta la Chiesa cattolica in Pakistan e anche le confessioni cristiane presenti, perché si tratta, ufficialmente, della prima Causa di beatificazione e canonizzazione che viene avviata in questo Paese.