Debora Donnini – Città del Vaticano
“Se per i Paesi occidentali la priorità è rappresentata dai vaccini”, non bisogna “dimenticare la necessità di costruire una sanità equa su scala planetaria”. È la direttrice verso la quale ci si deve indirizzare, ha indicato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, nel suo intervento stamani in Sala Stampa vaticana. L’occasione è la presentazione dell’assemblea plenaria della Pontificia Accademia per la Vita, che si svolge da ieri fino a domani, sul tema “Salute pubblica in prospettiva globale. Pandemia, Bioetica, Futuro”. Una direttrice decisiva, quella di una sanità gratuita e accessibile a tutti che “aiuta a superare le disuguaglianze”, aveva detto ieri il Papa ricevendo in udienza i partecipanti alla Plenaria della PAV. Questa assemblea generale, che prevede la partecipazione degli accademici sia in presenza sia collegati on line, con il “workshop” che vede tra i partecipanti alcuni dei maggiori esperti internazionali, intende porre al centro del dibattito la Salute Pubblica, sottolinea il presidente della PAV.
L’interconnessione
La pandemia che il mondo sta vivendo stimola dunque ad approfondire quanto si è imparato e su quali strade incamminarsi. “Lo sfondo dell’Assemblea resta quello delineato da Papa Francesco nella sua Enciclica Fratelli tutti: siamo parte di un’unica famiglia umana e nessuno potrà salvarsi da solo”, ha rimarcato monsignor Paglia. Una lezione, quella dell’interconnessione, che la pandemia ha evidenziato con forza. Bisogna dunque individuare gli snodi che nelle nostre relazioni conducono a mantenere aree di benessere di pochi, a scapito dei tanti. L’ “io” iperindividualista deve cedere il passo al “Noi” della famiglia umana, segnala ancora il presule. Centrale il richiamo alle parole di ieri del Papa quando aveva evidenziato che se si esaminano in diversi Paesi e in diversi gruppi sociali, la speranza di vita e di vita in salute si scoprono forti diseguaglianze che dipendono da diverse variabili. “Noi affermiamo – sottolineava il Papa – che la vita e la salute sono valori ugualmente fondamentali per tutti, basati sulla inalienabile dignità della persona che vogliamo tutelare e promuovere”.
Ribadendo l’impegno della PAV a collaborare con i dicasteri della Santa Sede – in particolare nell’ambito della Commissione vaticana Covid 19 – monsignor Paglia evidenzia che “solo insieme, tutti, fratelli e sorelle, potremo uscirne”. Si ricorda anche la Pontificia Accademia per la Vita ha cercato di comprendere i cambiamenti che la pandemia stava provocando nella società globale, con una serie di documenti proposti in questo senso a partire da quello del 30 marzo 2020: “Pandemia e Fraternità Universale”.
Cultura della responsabilità e cultura dello scarto
Rispondendo, poi, alle domande dei giornalisti, monsignor Paglia si è augurato che per il Vaticano venga presto la terza dose. “Abbiamo sempre parlato di responsabilità nei confronti del tema dei vaccini”, verso sé stessi e chi non può vaccinarsi, “non abbiamo mai parlato di obbligo”, precisa poi ricordando che c’è una cultura della responsabilità che deve crescere”.
“Interrompere una vita umana – sia all’inizio, che durante, che alla fine – è sempre un gravissimo problema, e la Pontificia Accademia per la vita vuole combattere questa battaglia a tutto campo. A noi interessa tutta la vita umana, che va difesa sempre”, ha poi rimarcato il presidente della PAV sempre in risposta alle domande. Il richiamo è alle parole del Papa sulla cultura dello scarto. “C’è il tema dell’eutanasia, dello scarto di chi pesa e non produce, c’è lo scarto dei disabili e dei bambini. E poi – sottolinea ancora monsignor Paglia – c’è la disattenzione alle malattie e il disagio dei Paesi più poveri, che non vengono considerati. Il Papa ha individuato una delle ferite più gravi della cultura contemporanea: la tendenza a scartare tutto ciò che non conta”.
L’esitazione vaccinale
Il presidente della World Medical Association (WMA), David Barbe, affronta la questione delle aree su cui intervenire per fronteggiare la pandemia. Prima di tutto segnala l’importanza di poter accedere alle cure. La gravità della malattia è stata, infatti, maggiore in tre grandi categorie: gli anziani, quelli con malattie croniche e alcune delle razze non caucasiche. “Questi gruppi hanno registrato tassi più elevati di condizioni gravi e morte, in parte a causa della suscettibilità naturale, ma, cosa altrettanto importante, questi sono i gruppi che sperimentano disuguaglianze nell’accesso alle cure”. C’è poi la questione della sicurezza degli operatori sanitari, colpiti in modo forte dalla pandemia. “Molti si sono sentiti non supportati o addirittura traditi dai loro ospedali e governi”, “molti si sono ammalati e sono deceduti”. Bisogna, dunque, trovare la maniera affinché ogni Paese possa sviluppare adeguate modalità di approvvigionamento per dispositivi di protezione individuale. Bisogna poi migliorare la collaborazione e la comunicazione scientifica perché, rimarca, “ancora oggi, a quasi due anni dall’inizio di questa pandemia, continuano ad esserci discussioni e raccomandazioni contrastanti sull’uso di antivirali, anticorpi neutralizzanti, immunomodulatori, corticosteroidi e persino sul supporto respiratorio”. Non meno importante la questione della prevenzione. I vaccini offrono questa opportunità. Tuttavia nonostante gli sforzi per distribuirli “siano stati monumentali”, i tassi di vaccinazione, specialmente nei Paesi a reddito basso e medio-basso, rimangono “penosamente bassi, con tassi di vaccinazione in dozzine di Paesi ancora inferiori al 3% della loro popolazione”. Esiste dunque un problema di accessibilità economica, di infrastrutture di somministrazione inadeguate e di esitazione vaccinale. Proprio quest’ultimo fattore è “forse il più difficile da comprendere”, afferma notando che si riscontra in una certa misura in quasi tutti i Paesi. Molti hanno considerato i vaccini con apprensione e paura per la velocità con cui sono stati sviluppati e le nuove tecnologie che alcuni di essi impiegano, come la tecnologia dell’mRNA. Tutto questo aggravato dalla rete globale di disinformazione e distorsione riguardo ai rischi e ai benefici del vaccino. Casi di eventi avversi dopo la vaccinazione, la preoccupazione di diminuire l’immunità e la probabile necessità di successivi richiami, hanno contribuito all’esitazione. “Presi insieme, questi elementi hanno provocato scetticismo e dubbi riguardo alla ‘scienza’ sui vaccini e riguardo alle raccomandazioni del mondo medico in un modo che non ha precedenti”, afferma ricordando che i medici e gli altri professionisti della salute sono le voci più affidabili e che bisogna continuare a promuovere un’informazione valida e trasparente, “enfatizzare i benefici del vaccino e continuare a sottolineare il rischio significativamente maggiore della malattia naturale”.
L’importanza della ricerca
Dell’importanza della ricerca fondamentale dalla quale giungono gli sviluppi terapeutici e farmacologici più interessanti, parla la professoressa Maria Chiara Carrozza, presidente del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR). Il suo ambito di studi – robotica bioispirata, bioingegneria e intelligenza artificiale – in ambito clinico trova campi di applicazioni vasti: protesi cibernetiche, esoscheletri per neuroriabilitazione e assistenza personale, brain computer interfaces, sensori indossabili. Centrale anche una comunicazione corretta ed efficace. “In Italia – rimarca – i dati dicono che l’atteggiamento verso la ricerca è in genere positivo ma contraddittorio, anche durante la pandemia abbiamo avuto fasi di giudizio altalenanti, con crisi dovute alla percezione di incertezza che cittadini avvertono dalla pluralità delle voci scientifiche riportate dai media”. Di fronte, dunque, all’importante evoluzione tecnologica nella transizione digitale possiamo utilizzare queste tecnologie al meglio per il superamento della malattia e della fragilità.
La vaccinazione
E’ stato consegnato, poi, ai presenti in Sala l’intervento del professor Jules Hoffmann, Premio Nobel per la Medicina 2011, che traccia la storia dell’evolversi della pandemia e fornisce alcuni dati. Ricorda che i danni del virus SARS-CoV-2 non sono solo al sistema delle vie respiratorie e ai polmoni, ma anche, a seconda dei pazienti, al sistema cardiovascolare, ai reni, al sistema nervoso centrale. Il 40% delle persone infette sono asintomatiche, il 40% ha sintomi lievi – di cui un quinto deve eventualmente essere ricoverato nel reparto di terapia intensiva – e circa l’1 o 2% della popolazione infetta soccombe alla malattia. Finora nel mondo sono stati circa 4 milioni i morti e più di 200 milioni di persone sono state infettate ma le cifre sono sottostimate perché molti casi non sono stati segnalati. Inoltre, le varianti identificate differiscono principalmente nella loro contagiosità, ma non nella gravità delle malattie che causano. Fa notare anche che l’evoluzione negativa è particolarmente riscontrata nelle persone anziane che presentano comorbidità (nella fattispecie obesità, diabete, problemi cardiovascolari) o che sono sottoposte a trattamenti di immunosoppressione.
Di fronte a questo scenario, segnala che oggi “esistono vaccini efficienti che proteggono efficacemente dalle forme gravi della malattia e dalla morte. Tuttavia, la vaccinazione è ancora relativamente o fortemente limitata in molti Paesi a causa della disponibilità insufficiente, degli ostacoli finanziari nonché dei movimenti no-vax”. L’auspicio è che, quindi, la somministrazione di pillole contenenti piccole molecole eliminerà un giorno la minaccia del SARS-CoV-2 dall’umanità, “in tutte le aree del mondo, sia ricche che povere, e in tutti i segmenti della società, comprese le persone ideologicamente contrarie alla vaccinazione”.