Al Meeting di Rimini il presidente della Pontificia Accademia per la Vita riafferma in un’intervista ai media vaticani il ruolo di costruttori di pace dei cristiani nel mondo che vive la terza guerra mondiale a pezzi: anche le Chiese devono essere sorelle per rendere i popoli fratelli
Massimiliano Menichetti e Andrea De Angelis – Rimini
Una pace che si costruisce prendendo a cuore le sofferenze altrui, che nasce da una conversione spirituale grazie alla riscoperta del Vangelo. Sono i temi al centro dell’intervista di monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, negli studi di Radio Vaticana – Vatican News al Meeting di Rimini. Alle 15 il suo intervento alla tavola rotonda “Percorsi di pace” insieme al vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Antonio Tajani.
La parola pace per molti sembra una parola lontana eppure lei più volte ha detto che non bisogna mai rinunciare a costruirla, indicando le due encicliche del Papa: la Laudato si’ e la Fratelli tutti…
Esattamente, perché quello che manca oggi al mondo, non solo in Italia e in Europa, è la visione. Ciascun Paese e anche ciascun individuo spesso sono ripiegati su sé stessi, cioè il mondo si è globalizzato, l’economia ha invaso il pianeta, però ciascuno è ripiegato su sé stesso alla ricerca e alla difesa dei propri interessi o percorsi individuali. Papa Francesco ci offre una visione, viviamo in un’unica casa, il pianeta – Laudato si’ ; siamo un’unica famiglia di tanti popoli e questa è la fraternità universale, ecco perché avere la convinzione di avere un Padre unico di tutti questi figli è cruciale per la pace. Noi stiamo tremando per quella che Papa Francesco chiama la terza guerra mondiale a pezzi, ma in realtà noi il mondo lo stiamo già facendo a pezzi, lo stiamo già sgretolando con tragedie inimmaginabili: in realtà le guerre in atto sono 59, ma sono due quelle di cui si parla tutti i giorni. Ora qual è il punto cruciale? Io credo ci sia bisogno di una conversione spirituale, capire che noi abbiamo la responsabilità di tutti. Questa è la profezia evangelica che Papa Francesco tiene alta, ma tanti di noi la mettono sotto il moggio.
Papa Francesco parla di globalizzazione dell’indifferenza, in cui rientra anche l’animare conflitti e guerre, lei ha ribadito il concetto di globalizzazione dell’umanesimo, cioè una realtà che abbia a cuore l’uomo. Questo concretamente come si costruisce?
In tanti fanno la guerra ma tutti possiamo fare la pace quindi nessuno può dire che non mi interessa o cosa ci posso fare con la guerra in Ucraina. Puoi essere addolorato per quello che accade, essere scandalizzato, ma puoi pregare per questo, collaborare con i tanti che si impegnano per favorire la pace o anche la solidarietà. Sono molte le cose che possiamo fare. Purtroppo quello che sta prevalendo è quello che un caro amico, Giuseppe De Rita, chiamava la nuova religione, ossia “egolatria”, il culto dell’io sul cui altare si sacrificano anche gli affetti più cari. Dobbiamo passare da questo individualismo distruttivo a un “noi” fraterno. È questa la grande rivoluzione di cui parla Francesco e io mi augurerei che tutte le Chiese, non solo quelle cattoliche, si uniscano. C’è una bellissima frase di Atenagora, protagonista dell’abbraccio con Paolo VI, che diceva: “Chiese sorelle, popoli fratelli”, se le chiese sono divise, i popoli come saranno? È questa la grande domanda.
C’è anche un paradosso: tanto individualismo ma anche impotenti di fronte al male. Dove attingere per non sentirsi impotenti?
Dal Vangelo, che ci dice con chiarezza che tutto è possibile. Riscoprire la Parola di Dio come fonte di energia storica e non astratta. Noi cristiani abbiamo la responsabilità di cambiare la realtà: è quello che Gesù ha fatto, ha dato il potere ai discepoli di fare altrettanto e noi dovremmo continuare su questa linea. Con molta semplicità, riprendiamo a leggere il Vangelo ogni giorno, accogliendolo davvero e quella tensione interiore diventerà realtà storica di cambiamento.
A Rimini ci sono tante realtà diverse, persone anche non cattoliche che vengono per generare ponti di conoscenza e incontri: è questa la chiave?
Assolutamente sì, l’aveva intuito Paolo VI che nella prima enciclica Ecclesiam suam scriveva che il cristiano è per sua natura universale, nella Chiesa, nel rapporto con i cristiani, con le altre religioni e anche con chi non crede. Ecco perché Papa Francesco sottolinea che la difesa dell’identità richiede un’apertura, la difesa dell’identità è essere fratelli universali: Francesco d’Assisi, Charles de Foucauld sono alcuni esempi. Augurerei che tutti noi cristiani vivessimo questa tensione che è quella di Dio.
Qual è l’essenziale per costruire la pace?
Amare e amarsi.
Una riflessione su quanto conta costruire la pace nella propria famiglia, nella propria casa: per essere artigiani di pace dobbiamo esserlo a casa…
Assolutamente sì, perché le guerre cominciano a casa, poi diventano drammatiche. In questo senso la pace vuol dire amare ed essere amati: prendiamoci cura gli uni degli altri e sconfiggeremo anche le guerre.