Giancarlo la Vella – Città del Vaticano
E’ stata una preghiera globale quella di ieri rivolta a Maria, Regina della pace, nella quale il Papa ha invocato la fine delle guerre nel mondo, in particolare quella in Ucraina. E proprio nel Paese nel cuore dell’Europa, il Santo Rosario è stato vissuto intensamente e con particolare emozione.
Grazie, Papa Francesco
“Dal profondo del mio cuore ringrazio il Santo Padre per la sua compassione per il popolo ucraino, che soffre a causa di un’aggressione ingiusta. Grazie per la preghiera costante, con la quale Papa Francesco ci abbraccia tutti”. Sono le parole di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, guida della Chiesa greco-cattolica ucraina, a commento della preghiera del Rosario, ieri nella Basilica Santa Maria Maggiore. Nella nota, diffusa dal Dipartimento dell’informazione della stessa Chiesa, Shevchuk ha anche ringraziato tutti gli ucraini che hanno partecipato di persona e quanti hanno pregato online. Più di 18.000 fedeli, infine, si sono uniti a questa preghiera, trasmessa nell’ambito dell’iniziativa quotidiana “Rosario unisce”.
Un popolo unito nella preghiera
Padre Roman Demush, sacerdote greco-cattolico dell’arcieparchia di Ternopil-Zboriv, a Radio Vaticana – Vatican News, racconta che la sua comunità si è raccolta nel grande Santuario della Madre di Dio di Zarvanycia. “Pregare con il Papa ci ha uniti fortemente: giovani, anziani, donne, bambini, tutti nel chiedere il dono della pace”.
La strada alternativa per la pace
“E’ il perdono il vero modo per arrivare alla pace – afferma padre Roman – il perdono, come la pace sono doni del Signore”. Ma non si può evitare di riconoscere le responsabilità di chi ha causato la tragedia della guerra. La vera pace è quella che nasce dal cuore, nel cuore di tutti, anche di coloro che fanno il male. Questa è una guerra in cui si muore non solo a causa delle armi e delle bombe, ma anche per la fame. Non siamo di fronte solo a strategie militari in questo conflitto, sostiene padre Demush, ma anche condizionando la distribuzione degli alimenti. Sta avvenendo con il blocco del grano ucraino nei porti el Mar Nero. Una situazione, sottolinea, che coinvolge anche tanti altri Paesi nel mondo.
Non si arresta la solidarietà
In questa situazione è fondamentale che la macchina della solidarietà vada avanti, afferma padre Roman. Nelle parrocchie della sua zona, nell’Ucraina occidentale, si accolgono incessantemente i profughi che arrivano dalle zone dove la guerra è più cruenta. Il ringraziamento del sacerdote va ai Paesi che si sono mobilitati, sin dall’inizio del conflitto, per inviare generi alimentari e di prima necessità. Un grazie particolare va a Papa Francesco che ha inviato in Ucraina l’Elemosiniere pontificio, per far sentire alla popolazione la sua vicinanza concreta e fattiva. La gente ha bisogno, poi, non solo di beni materiali, ma anche di rapporti umani, supporto psicologico e legale.
Non lasciateci soli
La speranza non muore in Ucraina, sottolinea ancora padre Roman, nonostante il momento drammatico che si sta vivendo. E’ la speranza di chi non ha voluto lasciare la propria terra, la speranza che deriva dal rivolgerci al Signore. Fondamentale è poi che gli ucraini sentano che il mondo non li abbandoni: “A volte – conclude – anche la solitudine può uccidere”.