Padre Ostafiiv: a Roma credenti e non credenti in parrocchia per la pace

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Antonella Palermo – Città del Vaticano

Nella chiesa greco cattolica intitolata ai Santi Sergio e Bacco, a Roma, nota come la chiesa degli ucraini di rito bizantino, è un flusso continuo di gente. Il giovedì ancora di più: è il giorno libero delle badanti, in gran parte sono proprio donne ucraine.

“Entrano credenti e non credenti, uniti nel desiderio di pace”

E’ una piccola perla nel rione Monti, pieno centro storico della capitale. E’ aperta dalle 6.30 del mattino alle 7 di sera, spiega il parroco padre Taras Ostafiiv. Le candele sempre accese, un luogo diventato ormai familiare a tanti che ucraini non sono:

Ascolta l’intervista con padre Taras Ostafiiv

“Preghiamo continuamente il Signore perché è Lui la nostra unica speranza. Già da settimane dura questa guerra intensiva e non ne vediamo la fine, ancora. Solo con la preghiera possiamo ottenere la pace tanto desiderata dal popolo ucraino”, così ci spiega fuori della chiesa, prima che celebri il “rito della presentificazione”. “Qua vengono vescovi, cardinali, associazioni, gente comune. Entrano persone di tutte le nazionalità, chi crede supplica il Signore, chi non crede esprime il proprio dolore e la partecipazione alle sofferenze del popolo e dona medicine e l’aiuto umanitario che noi poi mandiamo nel nostro Paese”. Padre Taras ha i familiari nella zona al momento più tranquilla dell’Ucraina, a Occidente, ma “vivono sempre nell’incertezza. A volte gli allarmi indicano che gli aerei sono vicino”. Hanno paura. Elogia la missione del cardinale Krajewski, elemosiniere pontificio, che sta portando “gli aiuti concreti agli sfollati”. E poi ricorda i continui appelli del Papa: “Per noi sono un grande sostegno, così non ci sentiamo abbandonati”. 

Suore di San Basilio: pensiamo alle consorelle con gli sfollati

Suor Cornelia e Suor Emanuela sono dell’Ordine di San Basilio Magno. Con le loro voci delicatissime hanno appena animato il “moleben”, la preghiera litanica a Maria. Fuori si intrattengono a parlare.

Ascolta Suor Cornelia e Suor Emanuela

“Sto qui per studiare, la brutta notizia della guerra ci preoccupa molto per i nostri familiari là e per tutto il popolo”, racconta Suor Cornelia. “Con tutto il cuore, in maniera molto intima, invochiamo il Signore affinché cessi questa guerra ingiusta”. Anche lei viene dalla zona di Leopoli e Ivano-Frankivs’k, a ovest del Paese. Ha un lessico limitato ma le sue poche parole rappresentano proprio il limite di dire una tragedia del genere: “Quello che sentiamo nel cuore non si può esprimere a parole. Resta nel nostro desiderio di cui parliamo con Dio”. Le suore cercano di mantenere, per quanto possibile, un filo diretto con parenti e consorelle. “Mi sento come in un incubo da cui non riesco a svegliarmi”, racconta in inglese Suor Emanuela. “Non sembra vero l’orrore che sta accadendo. Abbiamo suore in diverse parti dell’Ucraina: a est mostrano molto coraggio, perché sono sotto i bombardamenti, aiutando chi fugge verso ovest. Loro restano là, pregano, cucinano per loro. Poi ci sono suore del nostro Ordine che vivono nella parte occidentale e che accolgono una trentina di sfollati. Li aiutano a cercare mezzi di trasporto, sono famiglie con tante donne. Vanno verso la Polonia – spiega – o altre località al riparo dalla guerra”. Non mancano suore che offrono un apporto psicologico per i traumi subiti da queste persone. “Preghiera e ascolto. Questo mettono a disposizione e di questo abbiamo bisogno”. 

Suor Nicolaja. Spezzare il pane con gli sfollati di guerra

Ucraine in Italia: senso di impotenza e nostalgia dei familiari 

Suor Nicolaja, dello stesso gruppo di religiose, ci racconta un semplice ma significativo episodio di solidarietà: nei giorni scorsi le consorelle che vivono a Kiev avevano difficoltà a reperire il pane. Si è presentata una signora molto anziana in una loro comunità offrendo loro un pane fatto con le sue mani. Hanno ringraziato la donna ma hanno preferito donarlo ad una vicina che ne aveva più bisogno. E’ cominciata una sorta di piccola catena del pane. Alla fine, ognuno ne ha preso un pezzo perché ci si sentiva a disagio nel consumarlo tutto, è stato condiviso in tutto l’edificio e poi è tornato alle suore di nuovo. Dalla chiesa esce la signora Maria. E’ in Italia da molti anni, il marito, i figli, i nipoti lasciati in Ucraina.

Ascolta la testimonianza di Maria, ucraina in Italia

La spaventa molto il pericolo di una nuova Chernobyl. “Il rischio c’è”, dice. E spiega che i suoi familiari non vogliono ancora lasciare il Paese. Lì sono tra i fortunati che hanno ancora una casa e possono dare un aiuto concreto a chi fugge dalla devastazione. “Nella nostra città, a Cernvuzi, sono arrivati 36mila sfollati che – racconta – hanno bisogno di tutto. Loro almeno possono offrire qualcosa di quel poco che rimane”.