Al Palazzo Lateranense la conclusione della prima fase della causa di beatificazione per il 28.mo superiore generale della Compagnia di Gesù. Il vicario Reina ne ricorda coraggio, lungimiranza, umiltà, zelo missionario e amore per i poveri, sempre in obbedienza della Chiesa e dei Papi. Animato da una capacità di governo creativa e non dirigista, mai ha trascurato la preghiera, “una priorità”. Il Jesuit Refugee Service, presente in 58 nazioni, la sua più grande eredità
I documenti nelle scatole sigillate, pronti per il vaglio al Dicastero per le Cause dei Santi
La preghiera, una priorità
Promotore del dialogo interreligioso, padre Arrupe invitava a sostenere un buon rapporto con i non credenti. Ha incoraggiato i laici a prendere le loro responsabilità, ricorda ancora Reina, sia nelle scuole della Compagnia sia in associazioni internazionali come le “Comunità di Vita Cristiana” o l’allora “Apostolato della Preghiera” oggi “Rete Mondiale della Preghiera del Papa”. La capacità di non perdere serenità ed equilibrio interiore hanno aiutato molto il gesuita Servo di Dio ad affrontare anche i momenti più critici del suo governo. Soprattutto, come ha sottolineato, commosso, ai nostri microfoni anche l’attuale Superiore Generale padre Arturo Sosa, Arrupe è un modello per chi cerca alibi nella preghiera: a chi gli chiedeva come facesse a trovare il tempo per ritirarsi in un dialogo quotidiano, prolungato e intimo con il Padre, egli rispondeva candidamente: “È semplicemente un problema di priorità”. Questa è stata la linfa che lo ha accompagnato fino alla fine, da cui si sviluppava una tale coerenza tra parole e opere, una capacità di discernimento, di vita contemplativa nell’azione che costuiscono i pilastri del carisma di Ignazio di Loyola. Le 150 comunità, case, opere apostoliche, luoghi educativi, programmi, premi, centri pastorali, istituzioni caritative, strade che in tutto il mondo portano il suo nome ne sono la prova.