Fabio Colagrande e Michele Raviart – Città del Vaticano
“Seguo con preoccupazione l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel continente europeo, con ripercussioni ancora più vaste”. Con queste parole Papa Francesco, al termine dell’Angelus di domenica scorsa, ha indetto per oggi una speciale giornata di preghiera per la pace, come fatto anche negli scorsi anni per le difficili situazioni in Siria, Congo e Sud Sudan e Libano. “Faccio un accorato appello – sono state le parole del Pontefice – a tutte le persone di buona volontà, perché elevino preghiere a Dio onnipotente, affinché ogni azione e iniziativa politica sia al servizio della fratellanza umana, più che di interessi di parte. Chi persegue i propri scopi a danno degli altri, disprezza la propria vocazione di uomo, perché tutti siamo stati creati fratelli”.
Appello condiviso e accolto dalla Chiesa in Italia e nel mondo dove oggi si svolgono diverse iniziative di riflessione e preghiera, ma soprattutto parole, quelle di Francesco che hanno confortato tutti i fedeli ucraini nel mondo, tra cui quelli italiani, come spiega padre Teodosio Roman Hren, Osbm, vicario generale dell’esarcato apostolico per i fedeli cattolici ucraini di rito bizantino residenti nella Penisola:
Padre Teodosio, come è stato accolto l’appello del Papa ad una giornata di preghiera?
La comunità ucraina dei cattolici di rito bizantino in Italia è molto numerosa. Siamo più di centomila fedeli che sono sparsi su tutto il territorio nazionale, dalla Sicilia fino al nord, da Palermo a Venezia, a Milano. Abbiamo 161 comunità in cui stanno facendo la pastorale 70 sacerdoti ucraini. Per noi, per questa grande comunità della Chiesa ucraina in Italia, l’appello del Papa è stato di grande sostegno, un atto di grande solidarietà, perché in questo momento il nostro Paese, il nostro popolo, sta continuando a soffrire tanto. È dal 2014 che dura la guerra nella parte orientale del Paese. Proprio da quel momento, da quando la tensione in Ucraina, politica prima di tutto, si è sviluppata, la gente ha perso un po’ la speranza e l’appello del Papa è stato come un segno che c’è un padre che si preoccupa dei suoi fedeli, dei suoi figli anche lontani. Figli che vivono in un Paese lontano, un Paese dell’est, che è l’Ucraina. Perciò per noi l’appello del Papa ci rafforza la speranza. La speranza che la voce del popolo ucraino che soffre sarà ascoltata, perché oggi gli ucraini stanno ovunque chiedendo a Dio – con una preghiera a cui si uniscono i fedeli cattolici di tutto il mondo – la pace. Anche durante il comunismo e anche prima il popolo ha sofferto tanto e oggi ha bisogno di un po’ di questa carezza dal cielo. Questa carezza è un grande dono che stiamo chiedendo. Chiediamo la pace e un pò di tranquillità perché vogliamo vivere e gioire della nostra fede senza aver paura.
C’è preoccupazione per questa possibile escalation del conflitto?
La gente in Ucraina è veramente preoccupata, soprattutto in quella parte attorno alla capitale e vicino la frontiera con la Russia, perché si sente nell’aria quella tensione, quella poca stabilità nel mondo politico e non sappiamo che cosa aspettarci domani. Crediamo che Dio non lascia mai il suo popolo, non lascia mai i suoi figli. I nostri fedeli guardano al futuro con grande speranza e a un domani migliore, però tra le persone c’è veramente una grande tensione, una grande preoccupazione. Si sentono diverse voci sia dai politici sia dai militari che dicono che l’intervento è molto probabile da parte dei militari russi che si sono radunati vicino le frontiere dell’Ucraina e perciò le persone vivono in una grande preoccupazione e nella paura.
Come cattolici ucraini quali responsabilità sentite in questo momento particolare?
Adesso in questo periodo di grande tensione e difficoltà noi cattolici sentiamo che Dio ci dà la responsabilità di mantenere viva la speranza nei cuori dei nostri fedeli e di non permettere che le persone perdano la fede che Dio è vicino. Proprio da pochi giorni in Ucraina, il 7 gennaio, abbiamo festeggiato il Natale secondo il calendario giuliano, il momento che ci ricorda che Dio è sempre presente tra la sua gente. La Chiesa, specialmente la gerarchia e i nostri sacerdoti e in diversi posti del mondo, in diversi Paesi hanno questo obbligo, questa responsabilità, di aiutare la persone, di non perdere la speranza, di aiutarle a essere sempre fiduciose che Dio non lascia i suoi bambini e che anche permettendo di vivere nella difficoltà e nella paura comunque l’ultima parola è sempre da parte del Signore, non da parte del male. Vorrei anche ringraziare attraverso il nostro vescovo, l’esarca apostolico d’Italia Dionisij Ljachovič, il Santo Padre e la Chiesa italiana, che ha accolto la nostra comunità con i cuori aperti e con gesti di solidarietà e di fratellanza, soprattutto in questo momento. Vogliamo ringraziarli per le preghiere, per la vostra unione nel nostro dolore e per il vostro sostegno fraterno.