Chiesa Cattolica – Italiana

Pace e Sinodo, CCEE: le Chiese d’Europa siano segno di speranza

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano 

La guerra tocca ciascuno di noi, non possiamo abituarci nè voltarci dall’altra parte, e richiama tutti alla “sinodaltà” che è ascolto reciproco e solidarietà. Così nel trarre le conclusioni dell’incontro degli addetti stampa e portavoce delle Conferenze episcopali in europa, il vescovo Nuno Bràs, responsabile della sezione Comunicazione sociale della CCEE. L’appuntamento annuale che si chiude oggi a Tirana, sul tema:”L’impegno per la pace e il cammino sinodale: quale Europa?”, ha alternato momenti di confronto sui lavori che ogni Conferenza episcopale sta volgendo in vista del Sinodo, con le proposte per la fase continentale dell’assise, a relazioni in particolare sulla guerra in Ucraina e sulle sfide che pone alle Chiese nel vecchio continente. Tra i relatori anche  Natasa Govecar Direttore della Direzione Teologico Pastorale del Dicastero vaticano per la Comunicazione, e padre Giulio Albanese missionario comboniano, scrittore e giornalista. Diversi gli apporti relativi all’attività della Chiesa d’Albania di cui parla ai nostri microfoni don Mark Shtjefni, portavoce della Conferenza episcopale albanese:

Ascolta l’intervista a don Mark Shtjefni,

“Dal nostro confronto, mi porto via l’esigenza di ascoltarci a vicenda. Abbiamo scoperto qui la bellezza del  cammino di sinodalità che stiamo facendo, l’ascolto l’uno dell’altro:  ora ci sembra diverso, ci sembra d un “abbassarci a tutti i livelli”. I sacerdoti che dialogano tra loro, in parrocchia, con le comunità religiose, che fanno domande, raccolgono risposte, riferiscono e poi si rimettono in ascolto e così via…… vogliamo essere protagonisti di questo cammino nuovo che ci è stato proposto dal Papa e farne un metodo da conservare anche nel futuro. E la guerra ci ha risvegliato ancora di più questo bisogno di apertura e ascolto all’altro”.

Ai tre giorni, tra le altre, l’esperienza in corso sul Sinodo, delle Repubblica Ceca che prepara la XVI Assemblea generale , di cui parla con noi Monika Klimentowa. “Il nostro è un Paese laico – riferisce –  dove tre quarti della popolazione non appartiene a nessuna Chiesa…..e anche con queste condizioni la risposta al sinodo è stata una sorpresa positiva. All’inizio c’era un atteggiamento scettico nei fedeli eppure il coinvolgimento è stato alto . Anche se gli argomenti nei grippi non sono stati facili, ci sentiamo fiduciosi. Per noi è importante quanto i partecipanti dicono: ‘Ciò che conta non è il risultato ma ciò che sperimentiamo dal basso, nelle parrocchie e nei gruppi’. Il percorso sinodale  – spiega – va avanti anche nella Repubblica Ceca con un team nazionale, gruppi diocesani, incontri, relazioni etc…e ciò che più conta è che c’è il desiderio di impegnarsi per una chiesa che sia accogliente, ecumenica e aperta alla missione….” 

Monika Klimentowa

In ascolto delle varie voci durante la tre giorni di lavori, il vescovo di Funchal e responsabile della Sezione Comunicazione sociale della CCEE, monsignor Nuno Bràs, che ai nostri microfoni rimarca gli snodi cruciali del dibattito e il volto della Chiesa d’Europa che emerge oggi:

Ascolta l’intervista a monsignor Bras

Come affrontare le sfide di oggi della Chiesa in Europa secondo il vostro punto di vista?

Al centro della nostra attenzione c’è stata la guerra in Ucraina come qualcosa – si è detto – che tocca tutta l’Europa. Non si tratta solo di rifugiati da accogliere, ma di un modo di impostare la vita stessa europea. E poi è apparso molto forte nel nostro dibattito quanti problemi la guerra sta creando nel mondo, specie a livello economico e per i Paesi più poveri, con il costo della vita e i prezzi che salgono e che danneggiano chi rimane indietro. Poi, in questi giorni, è emersa forte tra noi l’esigenza di essere presenza di Dio: non possiamo solo lamentarci dobbiamo dare testimonianza. La guerra crea in tutti la domanda ‘dove è Dio?’ E noi come cristiani non possiamo non essere Sua presenza, Sua testimonianza, non possiamo non essere la speranza, e portare la nostra solidarietà al popolo martoriato dell’Ucraina.

Come la Chiesa può conciliare questa emergenza della guerra con il percorso sinodale che sta compiendo? 

Io credo che la guerra è un richiamo alla sinodalità, cioè alla condivisione e all’ascolto dell’altro. Questo è stato sottolineato in questi gioorni: la sinodalità è soprattutto ascolto dell’altro, e non solo con l’orecchio ma col cuore, aperto e disponibile all’altro e a quanto sta vivendo, drammi, attese e speranze. Possiamo dire veramente che la guerra ci risveglia alla sinodalità, ad una sinodalità effettiva, fatta di parole ma soprattutto di atteggiamento nei confronti di chi ci sta affianco.

Dal punto di vista della comunicazione in questo momento, cosa è emerso dal vostro confronto? Limiti, possibilità?

Non abbiamo trattato l’argomento tanto a livello tecnico, di strategie, ma a livello più “essenziale”. La comunicazione appunto come il ” fare comune”, la comunicazione che non è solo trasferire idee ma è soprattutto creare il “comune”,  la realtà comune e quindi ancora una volta la sinodalità. Innanzitutto occorre vivere la sinodalità come vita di comunione che impariamo da Dio che è Trinità. Quindi la comunicazione come qualcosa di essenziale alla vita dell’uomo che non può vivere da solo, come ” individuo”, ma che deve accettare la sua dimensione di “persona” che sta con gli altri e condivide con gli altri il vissuto.

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