Ordine di Malta: nel rinnovamento continua l’impegno umanitario

Vatican News

Fabio Colagrande – Otranto

Papa Francesco ha promulgato il 3 settembre scorso la nuova Costituzione del Sovrano Ordine di Malta: un nuovo passo importante del cammino di rinnovamento istituzionale, spirituale e morale che l’Ordine sta affrontando da qualche tempo. Di questa fase di passaggio, ma anche delle sfide umanitarie che i Cavalieri di Malta continuano ad affrontare con 13.500 membri e 95 mila volontari permanenti in 120 Paesi del mondo, abbiamo parlato con Marianna Balfour, responsabile dell’Ufficio Stampa dell’Ordine, tra gli ospiti del XIV Festival dei giornalisti del Mediterraneo di Otranto.

L’intervista a Marianna Balfour, ufficio stampa Ordine di Malta

La vostra è una delle istituzioni più antiche della civiltà occidentale e cristiana, come avete vissuto questa fase di rinnovamento?

Questa riforma costituzionale è iniziata nel 2017 poiché la Costituzione non veniva aggiornata da diversi anni e, quindi, era necessario renderla più adatta ai tempi che stiamo vivendo. Anche perché in tutti questi decenni l’Ordine di Malta si è ulteriormente sviluppato, sia da un punto di vista di presenza nelle varie parti del mondo, e quindi di operazioni umanitarie in campo medico e sociale, ma anche da un punto di vista diplomatico. Adesso le relazioni diplomatiche dell’Ordine di Malta sono diventate 112 e quindi c’è stato un grandissimo sviluppo che doveva essere riflesso nella Costituzione e nel Codice. Quindi, sicuramente, è un passo importante che prevede, per certi aspetti, una semplificazione e per altri anche una maggiore apertura. Un esempio è la maggiore apertura che riconosce il ruolo delle donne. All’interno dell’Ordine, infatti, la percentuale delle donne che sono membri, quindi Dame dell’Ordine di Malta, è arrivato al 27%. Parliamo di un’apertura importante che prevede anche la loro partecipazione al voto.

La nuova Carta Costituzionale ha riconosciuto, in via definitiva, il diritto di voto anche alle donne dell’Ordine di Malta, codificando però una prassi già esistente…

Sì, di fatto c’era già, perché era da tempo intenzione del Governo dell’Ordine riconoscere il ruolo importante che le donne già svolgono all’interno della sua organizzazione. Oggi sono otto le donne Ambasciatrici dell’Ordine di Malta e diverse donne sono presidenti di Associazioni. Non stiamo parlando di un 50% dei membri, ma considerando che si tratta di un’istituzione millenaria, mi sembra un risultato già molto buono e comunque la strada che stiamo percorrendo è sicuramente quella giusta. Già nello scorso “Consiglio Compìto di Stato”, in cui era stato eletto il precedente Luogotenente di Gran Maestro, le donne avevano partecipato al voto, per cui in questo caso si tratta di una codifica ufficiale di qualcosa che già era in atto. È sempre stato nelle intenzioni del governo dell’Ordine aprire di più le porte alle donne riconoscendone determinate capacità che sono necessarie al nostro servizio.

La vostra è la più antica missione medica del mondo e siete presenti nella maggior parte dei Paesi con progetti medici, sanitari e sociali. Ieri qui a Otranto si è parlato degli effetti indiretti della pandemia nei Paesi in via di sviluppo e dell’infanzia negata. Sono effetti indiretti che le popolazioni occidentali tendono a trascurare?

Durante la pandemia ci siamo giustamente concentrati sugli aspetti sanitari, perché ci sono state moltissime vittime soprattutto in Italia, e su quelli economici del lock down che ha portato al collasso di molte imprese e ha messo difficoltà moltissime famiglie. Ma nei Paesi in via di sviluppo, per esempio in Africa, i numeri dei contagi sono stati molto bassi, sia perché non c’è stato un conteggio ufficiale, sia perché essendo una popolazione più giovane gli effetti del virus sono stati diversi. Eppure ci sono state tutta una serie di conseguenze, a “effetto domino”, da un punto di vista sociale, di cui non si parla e che purtroppo continueranno per anni. Per esempio, la chiusura delle scuole in alcuni Paesi come il Sud Sudan – dove le aule sono rimaste chiuse addirittura un anno – ha fatto sì che i bambini non solo non potessero studiare, ma non potessero ricevere quello che spesso è il loro unico pasto giornaliero. Questi ragazzi si sono dispersi, perché non sono mai più tornati a scuola. Alcuni di loro sono andati a lavorare, molte ragazzine sono state coinvolte in matrimoni forzati e molti bambini sono stati reclutati come bambini soldato. Nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, molti bambini sono stati reclutati dai gruppi armati e altri sono finiti nella rete dei trafficanti di esseri umani o di organi. Quindi purtroppo c’è un effetto della pandemia di cui spesso si ignora l’entità: bambini a cui è stata tolta l’infanzia.

Come Ordine di Malta siete, a questo proposito, molto impegnati sul fronte della sulla tratta degli esseri umani…

Abbiamo due ambasciatori dedicati specificatamente al monitoraggio della tratta e durante la crisi Ucraina abbiamo avviato una campagna di sensibilizzazione per aiutare tutti i profughi in uscita dal Paese affinché non fossero adescati dai trafficanti di esseri umani. I nostri colleghi che si trovavano nelle zone di confine ci hanno raccontato come nella situazione di caos dei primi mesi di guerra ci fossero macchine di privati in fila in attesa di donne e bambini che a volte accettavano questi passaggi senza sapere dove sarebbero stati portati. So anche di donne che hanno lasciato i loro figli nelle mani di queste persone che gli hanno promesso di portarli in Paesi occidentali in famiglia mentre poi questi bambini sono scomparsi. Come sempre, le prime vittime della guerra sono i bambini e le donne.

Qual è il valore aggiunto di questo Festival dei giornalisti del Mediterraneo?

Questo Festival nasce quattordici anni fa da un’idea di Tommaso Forte che ha voluto creare un network di persone per parlare delle sfide, ma anche della grande ricchezza di quest’area del Mediterraneo che si allarga, idealmente, oltre le sponde del “Mare nostrum”. Nel corso degli anni, si sono avvicendati diplomatici, responsabili istituzionali e moltissimi giornalisti e si è creato quasi un “think tank”. È un momento di riflessione e di scambio su quelli che sono i temi più caldi del momento o del prossimo futuro. Ormai, dopo diverse edizioni, si sono creati dei bei rapporti, sia professionali che di amicizia, e ci si può confrontare anche su tematiche che riguardano la comunicazione. Quest’anno, in particolare, si sta parlando del ruolo dei media nel racconto della guerra in Ucraina, visto che è un conflitto combattuto anche a colpi di social e di propaganda. Si spazia dalla tutela dei minori al valore dell’informazione e alla difficoltà, in questo periodo storico, di capire qual è – e se c’è – una verità oggettiva dei fatti.