Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Oltre 360 milioni di cristiani nel mondo soffrono persecuzioni e discriminazione a causa della propria fede; in un centinaio di Paesi la persecuzione è aumentata in termini assoluti; i cristiani uccisi per ragioni legate alla fede, tra il 1° ottobre 2020 ed il 30 settembre 2021, superano i 5.800, circa il 23% in più rispetto alle cifre dell’anno precedente. La World Watch List 2022, annuale report dell’organizzazione Porte Aperte/Open Doors, racconta così la persecuzione anticristiana in 50 Paesi del mondo.
La crescita di violenza, discriminazioni e vessazioni
“Da quando realizziamo questo report, da circa 30 anni – spiega Christian Nani, direttore di Porte Aperte Italia – questo è il livello più alto che sia mai stato raggiunto in termini assoluti di persecuzione. Un cristiano ogni 7 al mondo viene perseguitato, in Africa un cristiano su 5, in Asia due ogni 5. Stiamo assistendo alla crescita di un fenomeno che tocca la vita delle comunità cristiane e dei singoli, da vari punti di vista”. L’aspetto essenziale sottolineato da Nani è che, oltre a crescere la violenza, cresce la pressione, intesa come discriminazioni e vessazioni, principalmente a causa di ragioni precise: “La mancanza di protezione endemica da parte di governi che non vogliono, o non possono, proteggere le comunità cristiane per varie ragioni politiche o religiose, il che genera una sorta di impunità dei persecutori che porta ad ulteriori persecuzioni. E poi, forse, l’evidente indifferenza di una buona parte degli attori politici internazionali che non presta abbastanza attenzione, nel condurre le relazioni diplomatiche, alla violazione dei diritti fondamentali, come la libertà religiosa dei cristiani nel mondo”.
L’Afghanistan, Paese più pericoloso
Il report quest’anno vede un cambiamento al vertice. Dopo aver aperto per circa 20 anni l’elenco, la Corea del Nord scende al secondo posto scalzata dall’Afghanistan, Paese divenuto il più pericoloso al mondo per la comunità cristiana dopo l’ascesa dei talebani al potere, evento che, continua Nani, “si sta trasformando in una sorta di benzina dello jihadismo globale”, il che genera non poche preoccupazioni in contesti come quello dell’Africa. In questo continente, infatti, si registra il numero maggiore di morti, con la Nigeria, si legge, “epicentro di massacri”, con 4.650 vittime. Nella classifica di Open Doors, tra i primi 10 posti ci sono ben sette nazioni africane, laddove i movimenti jihadisti si stanno sviluppando sempre più. “La vittoria talebana – spiega ancora Nani – ha di fatto in qualche modo spinto e motivato movimenti jihadisti che esistono in Africa, come al-Shabab in Somalia, lo Stato islamico nell’Africa occidentale in tutta la cintura del Sahel, o come Boko Haram in Nigeria. È un tema delicatissimo, l’Africa è instabile da questo punto di vista, e le comunità cristiane sono sotto un violento attacco”. Osservata speciale resta l’India, a cui Open Doors nel luglio scorso aveva già dedicato un report, nel quale si segnalava l’aumento dell’ideologia nazionalista indù, che mette a rischio i diritti delle minoranze, in particolar modo dei cristiani.
La Chiesa in fuga
Altro fenomeno molto grave è quello di una Chiesa che nel rapporto viene definita “profuga”, quello cioè dei cristiani in fuga: centinaia di migliaia di persone che lasciano i propri Paesi, sottolinea ancora Porte Aperte, a causa delle aggressioni dirette, come avviene in Nigeria o nella cintura del Sahel; oppure per l’instabilità o l’oppressione da parte dei governi, come in Iran; oppure come il caso del Myanmar, dove l’esercito ha aggredito chiese e arrestato leader cristiani, anche qui generando profughi che, spesso, è l’amara considerazione di Christian Nani, o fuggono in Paesi anch’essi nella lista dei persecutori, oppure “finiscono in campi dove possono rivivere le discriminazioni e le persecuzioni da cui, di fatto, stanno cercando di scappare”.