Onu, Parolin: cultura del dialogo e cooperazione, via per tutelare le minoranze

Vatican News

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Rifiutare l’utilizzo discriminatorio del termine “minoranza” quando si indica una parte più piccola di una popolazione in quanto genera “sentimenti di isolamento e inferiorità”. Questo l’invito iniziale del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, nell’intervento di ieri, alla riunione di alto livello dell’Onu a New York in occasione del 30.mo anniversario dell’adozione della Dichiarazione sui diritti delle persone appartenenti a minoranze nazionali o etniche, religiose e linguistiche. Il porporato ha sottolineato come si debba ricordare, quando si usano nel linguaggio corrente termini quali “maggioranza” o “minoranza”, che questi non devono erodere il principio su cui si basano i diritti umani e le libertà fondamentali: cioè “tutti sono uguali in dignità e quindi hanno uguali diritti”.

I cristiani sono il gruppo più perseguitato al mondo

Affermare la propria identità e vivere in pace con gli altri sono, secondo il cardinale Parolin, le aspirazioni che, in tutto il mondo, condividono tutte le minoranze etniche religiose e linguistiche, quindi la loro difesa non può non rispettare principi quali la tutela dell’esistenza, la non esclusione, la non discriminazione e la non assimilazione. La Santa Sede, poi, fa sapere il Segretario di Stato, rileva con grande preoccupazione come i cristiani siano il gruppo più perseguitato al mondo e non solo nei Paesi in cui costituiscono un gruppo minoritario: “Si stima che circa 360 milioni di cristiani in 76 Paesi subiscano discriminazioni, violenze e persecuzioni a causa della loro fede – afferma – si tratta di una chiara violazione del diritto fondamentale alla libertà di pensiero, coscienza e religione”. Una discriminazione che purtroppo subiscono anche altre minoranze religiose.

L’identità si rafforza nel dialogo con chi non è come noi

Per proteggere e promuovere i diritti umani delle persone appartenenti a gruppi minoritari su basi nazionali, etniche, religiose o linguistiche, fondamentale si configura allora, l’adozione di una “cultura del dialogo” intesa come via da percorrere, adottando come codice di condotta la cooperazione reciproca e come metodo la comprensione reciproca. “Identità e dialogo non sono poli inconciliabili – conclude Parolin – la nostra identità si rafforza e arricchisce grazie al dialogo con chi non è come noi”.