Onu: allarme malnutrizione in Africa Occidentale e Sahel, ai massimi da 10 anni

Vatican News

Fao, Wfp e altre agenzie delle Nazioni Unite esprimono preoccupazione per la sicurezza alimentare giudficata nell’area a “livelli catastrofici”, anche a causa dei conflitti, dell’inflazione fuori controllo e gli strascichi dovuti alle limitazioni per la pandemia. Si stima che oltre 16 milioni di bambini soffriranno di malnutrizione acuta. Cutelli (Wfp): lanciamo un appello a finanziare progetti di sostegno all’agricoltura

Marco Guerra – Città del Vaticano

L’insicurezza alimentare in Africa occidentale e centrale toccherà i massimi storici degli ultimi 10 anni. L’allarme è stato lanciato con una nota congiunta di Fao, Ocha, Unicef e World Food Program (Wfp). Il monito delle agenzie delle Nazioni Unite si basa sullo studio sulla sicurezza alimentare del ‘Cadre Harmonisé’ di marzo 2023, secondo il quale nell’area del Sahel il numero di persone che non hanno accesso regolare a cibo sicuro e nutriente potrebbe salire a 48 milioni durante la stagione secca (giugno-agosto). Si tratta di un numero di persone in emergenza quattro volte maggiore rispetto a quello degli ultimi cinque anni.

Si espande l’area in emergenza

Un altro elemento di novità è l’espansione dell’insicurezza alimentare verso i Paesi e le aree costiere solitamente meno colpite dalla mancanza di cibo, mentre si parla di “livelli catastrofici di fame” che colpiscono zone in Burkina Faso e in Mali colpite dal conflitto, dove l’insicurezza rappresenta un forte ostacolo all’assistenza umanitaria. Nelle aree più a rischio del Sahel, per la prima volta si prevede che 45 mila persone vivranno livelli di fame catastrofici, classificati al livello 5, ovvero il più alto della scala che si usa per misurare l’insicurezza alimentare. In questa vasta zona dell’Africa preoccupa poi in particolare la situazione dei bambini; si calcola che 16,5 milioni di minori sotto i cinque anni soffriranno di malnutrizione acuta nel 2023, inclusi 4,8 milioni di bambini che ne soffriranno in forma grave debilitante. Si tratta di un aumento dell’8% della malnutrizione acuta globale rispetto alla media 2015-2022.

Le cause della crisi

A incidere sull’aggravamento dell’insicurezza alimentare in Africa centrale e occidentale è un mix di cause tra cui il conflitto militare nel Sahel, gli shock climatici, le limitazioni imposte dal Covid 19 e l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari. Le agenzie dell’Onu evidenziano che oltre all’impossibilità di permettersi economicamente una dieta diversificata, nutriente e salutare, soprattutto per i bambini e le donne, le popolazioni locali sono colpite dai conflitti e dalla conseguente imposizione di sfollamenti che portano a un accesso ridotto ai servizi sociali essenziali, quali salute, alimentazione, igiene e protezione sociale. Tra il 2019 e il 2023, gli incidenti relativi alla sicurezza e violenze sono aumentate del 79% nella regione, provocando massicci spostamenti di popolazione e rendendo problematico l’accesso ai terreni agricoli e al foraggio.

Fao: serve raggiungere la sovranità alimentare

“La crescente insicurezza e i conflitti significano un aumento della vulnerabilità nella regione, è sempre più difficile aiutare le comunità nelle aree isolate”, ha detto  Marie-Pierre Poirier, direttore regionale Unicef per l’Africa occidentale e centrale. “Stiamo aiutando i governi a rafforzare i sistemi sanitari a livello di strutture e di comunità per rilevare e curare con successo la malnutrizione, con particolare attenzione alla prevenzione”. Secondo Robert Guei, coordinatore subregionale Fao per l’Africa occidentale, “questa tendenza probabilmente continuerà a peggiorare la situazione alimentare e nutrizionale, dobbiamo quindi affrontare le cause profonde di questa crisi in modo concertato e immediatamente. Bisogna agire ora per rilanciare la produzione agricola e raggiungere la sovranità alimentare nella nostra regione”.

Cutelli (WFP): la situazione peggiora in tutto il Sahel

“L’insicurezza alimentare ha raggiunto il livello più alto della scala nelle zone del Mali e del Burkina Faso colpite dal conflitto”, spiega a Vatican News Emanuela Cutelli, responsabile della comunicazione in Italia del World Food Program. “Assistiamo a un peggioramento delle situazione in tutto il Sahel – prosegue – che costringe le popolazioni a spostarsi, spinte dalla disperazione, il Wfp è particolarmente preoccupato per questi spostamenti, migliaia di persone sono arrivati soprattutto nel Togo”. Cutelli ribadisce che tutto questo si somma alle conseguenze di lungo termine del Covid e dei cambiamenti climatici.

Ascolta l’intervista a Emanuela Cutelli

Favorire la resilienza a lungo termine

Secondo la responsabile della comunicazione dell’agenzia Onu è necessaria una risposata sinergica dei vari attori della comunità internazionale per sostenere i governi di questa parte dell’Africa a rispondere all’insicurezza alimentare acuta, quindi “per salvare vite nell’immediato”, ma anche per creare dei sistemi di resilienza a lungo termine, “che anticipino le crisi alimentari” e che aiutino le comunità a reagire in maniera più forte nelle future crisi. In questo senso il Wfp ha avviato progetti di sostegno per 2 milioni e mezzo di persone tra Burkina Faso, Ciad, Mali, Mauritania e Niger. “Abbiamo notato quanto questi interventi di resilienza poi riducano gli interventi umanitari, si tratta ad esempio della riabilitazione dei terreni, dell’equipaggiamento di sementi per i piccoli agricoltori o del rafforzamento dei pasti a scuola” evidenzia ancora Cutelli. L’attenzione ora è rivolta al periodo secco estivo, “nella stagione di magra è finito il raccolto precedente ma non è ancora stato raccolto quello nuovo, quindi i rischi alimentari sono altissimi” afferma infine l’esponente del WFP, “pensiamo che in Gambia, in Mauritania e in Liberia la produzione locale copre solamente tra il 20 e il 40% dei fabbisogno alimentari della comunità, questo in un contesto di alti prezzi del cibo”.