Adriana Masotti – Città del Vaticano
Tredici ore di diretta televisiva, dalle 7.30 alle 20.30 su RaiPlay, per la regia di Gianni Milano, e tantissimi contributi in diretta e on demand sulla piattaforma web e social www.onepeopleoneplanet.it. Così si presenta la seconda edizione della maratona multimediale che giovedì 22 aprile intende celebrare la 51.ma Giornata Mondiale della Terra (Earth Day), evento di sensibilizzazione alla tutela del pianeta capace di mobilitare ogni anno oltre un miliardo di persone attraverso l’attività di 75 mila partners distribuiti nei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite.
Dal “Villaggio per la Terra” alla maratona in tv
#OnePeopleOnePlanet nasce in Italia dagli sforzi di due organizzazioni – Earth Day Italia e Movimento dei Focolari – che nel 2016, all’indomani dello storico accordo sul clima di Parigi, hanno dato vita al “Villaggio per la Terra” di Villa Borghese, a Roma, inaugurato a sorpresa da Papa Francesco. Da quell’evento ha preso il via un percorso mai interrotto ma che l’anno scorso, a causa del Covid-19, ha trovato una nuova versione nella maratona multimediale trasmessa dalla RAI che ha accettato di dare ospitalità all’evento come espressione di forte impegno sociale per la salvaguardia dell’ambiente.
Focus, testimonianze, contributi artistici
Interventi, approfondimenti, testimonianze, performance e campagne danno vita alla maratona 2021, frutto dell’impegno della galassia di partner, associazioni, istituzioni, testimonial, esponenti del mondo della scienza, della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport che da anni sono il cuore della manifestazione. Tra i focus proposti uno dedicato al Patto Educativo Globale che Papa Francesco ha lanciato il 12 settembre 2019 quale necessità per l’umanità di oggi e a cui contribuiscono, con la loro testimonianza, anche i giovani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, quest’anno nel centenario dalla fondazione, impegnata da tempo in progetti sugli obiettivi dell’agenda Onu 2030.
Sassi: insieme per realizzare le parole di Papa Francesco
“La maratona multimediale #OnePeopleOnePlanet rappresenta un esempio davvero splendido di servizio pubblico – spiega il presidente di Earth Day Italia, Pierluigi Sassi che a Vatican News descrive lo sforzo comune della sua organizzazione, del Movimento dei Focolari e delle tantissime altre associazioni, gruppi e istituzioni per la preparazione dell’evento:
R. – Devo dire che l’avventura con il Movimento dei Focolari è molto più che una collaborazione. Noi, nel 2015, abbiamo marciato insieme per sostenere la voce di Papa Francesco in vista dello storico Accordo di Parigi sul clima, e quando allora il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon indisse la ratifica nel giorno dell’Earth Day, decidemmo di gettare il cuore un po’ oltre l’ostacolo, perché eravamo due organizzazioni così profondamente diverse… Però, questo coraggio ci ha fatto creare il “Villaggio della Terra” con la benedizione di Papa Francesco, che venne a Villa Borghese a inaugurarlo: e questo è stato talmente importante per tutti noi che veramente è nata una unità tra noi, come nello spirito del Movimento dei Focolari, e un’unità anche per la Terra, come è nello spirito di Earth Day. Quindi, questo #OnePeopleOnePlanet, che è l’evoluzione di quel Villaggio, oggi raccoglie il messaggio di Papa Francesco che ci disse di “trasformate i deserti in foreste” e quel “non abbiate paura di ciò che non conoscete ma anzi, generate vita”. Ecco, questo sta nascendo. E’ uno sforzo titanico che però ci sta dando tantissime soddisfazioni.
… e che adesso coinvolge ancora più associazioni, movimenti, istituzioni?
R. – Sin dall’inizio, devo dire, il tema della Laudato si’ – perché noi siamo quasi spettatori di questo piccolo miracolo – ha generato una tale partecipazione che ormai sono centinaia le organizzazioni che ci aiutano: noi cominciamo ogni anno il 23 di aprile, il giorno dopo, già a lavorare sull’anno successivo. Cominciamo che siamo poco più di una decina di persone e quando arriviamo siamo centinaia di contatti, di relazioni, di umanità che si muove per realizzare questo evento che veramente ha qualcosa di unico perché è totalmente privo di speculazioni economiche, politiche o anche intellettuali. E’ proprio la volontà di tanti di mettere in luce la bellezza che oggi è così gravemente messa in pericolo da un’economia predatoria che rischia veramente di rovinare tutto.
Quest’anno, i veri protagonisti dell’Earth Day saranno i giovani, lei ha detto in un’intervista. Ci spiega il significato di questo spazio e di questo ruolo affidati ai giovani?
R. – Come Papa Francesco ha più volte sottolineato, noi oggi abbiamo un po’ spezzato questo patto intergenerazionale: le iniziative di Francesco – come The Economy of Francesco o come il Patto Educativo Globale – vanno tutte nella direzione di restituire, di ricostruire questa alleanza tra le generazioni. I giovani si sono accorti che il loro futuro è gravemente messo a rischio dalla nostra condotta e hanno incominciato ad alzare la testa. Noi abbiamo l’evidenza di Greta, ma ci sono veramente centinaia, centinaia di ragazzi che in giro per il mondo compiono atti eroici per la difesa del pianeta e vivono anche il trauma di un futuro così rischioso. Quest’anno per la prima volta, per iniziativa del governo italiano, peraltro, le Nazioni Unite metteranno i giovani a parte dell’evento più importante, che è la Conferenza sul clima. La domanda vera è: ma dopo 25 Conferenze sul clima che non hanno saputo fermare l’aumento costante del riscaldamento globale, cosa possono fare i giovani per dire basta? Basta partecipare alla Cop? Speriamo di sì… Intanto, noi vogliamo che questa partecipazione non sia inutile, ma che sia piuttosto un momento dirompente in cui i giovani possano veramente imporre il diritto che hanno ad un futuro migliore. Con noi abbiamo tante iniziative: con il Cortile dei Gentili, abbiamo creato delle domande per i Grandi della Terra insieme con i ragazzi de “La Sapienza”, assieme alla Gioventù Francescana, e abbiamo invitato anche il ministro Cingolati, che è il ministro dell’ambiente del Paese ospite, il ministro Giovannini, che è un economista ambientale di fama internazionale, a rispondere alle domande di questi giovani. La speranza è che in tutto questo tempo, da qui a settembre quando ci sarà questo Cop-Giovani, si possa risvegliare nei ragazzi non solo un sentimento di rivalsa, ma proprio anche l’astuzia di trovare un escamotage per far valere la propria posizione.
Nel corso della lunga maratona televisiva, vengono presentati diversi focus: dall’economia allo sport, dall’innovazione alla cucina, alla musica, dalla scienza all’educazione… L’ecologia, la cura della Terra, coinvolge tutto questo?
R. – Nel 2015, un altro momento importante – oltre a quello della Conferenza sul clima, e quindi dello storico Accordo di Parigi sul clima – : c’è stata anche a New York la ri-definizione degli obiettivi dell’umanità. Ecco, gli obiettivi dell’umanità sono diventati 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile e l’Agenda ormai va rapidamente verso questo 2030 che è anche un po’ la data-simbolo in cui i cambiamenti climatici – si dice – diventeranno drammaticamente irreversibili. 17 Obiettivi vuol dire un larghissimo spettro di sostenibilità, e parlare di sviluppo sostenibile quando si parla di lotta alla fame, lotta alla povertà, parità di genere, un’economia più giusta, la tutela del mare, la tutela della Terra, della vita … vuol dire che la sostenibilità – come Papa Francesco ci ha insegnato, coniando questo meraviglioso termine di ecologia integrale – è una cosa che riguarda tutto e tutti. Noi dobbiamo diventare sostenibili, nel senso che dobbiamo ritrovare un’armonia con noi stessi, con la nostra socialità, con il nostro rapporto con l’ambiente.
In Italia si è parlato di recente di un impegno per l’innovazione, parlando di transizione ecologica e di transizione digitale, appunto per uno sviluppo sostenibile. C’è quindi qualche speranza di fare passi avanti?
R. – Qui la Storia ci fa vivere un piccolo paradosso: da una parte, noi abbiamo vissuto questi oltre 200 anni di rivoluzione industriale, mettendo sempre avanti la tecnologia e la sua capacità di generare ricchezza e profitto. In realtà, poi ci ritroviamo oggi in un’era in cui la tecnologia ci ha superati, perché viviamo una finanza che ci governa, viviamo una tecnologia che va più veloce della nostra capacità di fare scelte sul nostro futuro e quindi la domanda è: “Chi sta definendo il nostro futuro? E noi, poi, alla fine, come speriamo di risolvere la transizione ecologica? Con la tecnologia? Ma se è la tecnologia che ci ha portato a tutto questo …”. Chiaramente, sono tutte provocazioni. Il tema vero è: l’innovazione è una delle più importanti speranze di cambiamento, di uscita da questa crisi perché noi possiamo orientare l’innovazione a una migliore qualità della vita, possiamo orientare l’innovazione a uscire dalla inefficienza del nostro sistema produttivo che divora il pianeta 1,7 volte la sua capacità di rigenerarsi, quindi è una corsa verso un muro. Però, è pure vero che se la tecnologia non la approcciamo nel giusto modo, noi faremo sempre peggio, cioè continueremo a perseguire inutilmente un profitto che in realtà peggiora la nostra vita. Quindi: cultura dell’innovazione che possa diventare una cultura diffusa. Noi facciamo un modulo che si chiama “Futura” per dire: costruiamolo insieme, questo futuro; andiamo avanti nella direzione giusta.
Qual è l’importanza di questa maratona multimediale del 22 aprile, ma soprattutto in che modo ciascuno di noi può contribuire tutto l’anno all’impegno di Earth Day Italia e di tutte le altre organizzazioni che lavorano per salvaguardare la nostra casa comune?
R. – Il messaggio #OnePeopleOnePlanet la dice lunga su quello di cui abbiamo bisogno. Noi siamo profondamente convinti – e naturalmente ci ispiriamo al carisma meraviglioso di Chiara Lubich e al carisma dirompente di Papa Francesco – che se non ci sentiremo quanto prima un’unica famiglia umana – e il Covid ci ha fatto vedere quanto siamo un’unica famiglia umana, fragili, bisognosi gli uni degli altri, una famiglia che abita un’unica casa comune – allora noi non riusciremo a ritrovare quella dimensione di felicità che tutti perseguiamo. Quindi, #OnePeopleOnePlanet è il grande messaggio della nostra maratona e credo che il modo migliore che i cittadini hanno di accompagnare questo impegno sia di sentirlo, di viverlo, di capirlo, di respirarlo, di metterlo in pratica in qualche modo. Perché se oggi la sensibilità su questi temi è diventata così diffusa, è pur vero che ancora manca molta strada e non abbiamo tutto questo tempo per attuarla e farla diventare azione, stile di vita.
Antonia Testa: fraternità è anche prendersi cura della terra
“Le molteplici voci della maratona raccontano di una risorsa diffusa e condivisa: la fraternità. Una risorsa che ciascuno di noi può continuamente generare con audacia – sottolinea, parlando di #OnePeopleOnePlanet, Federica Vivian, responsabile dell’organizzazione per il Movimento dei Focolari -. Proprio in tempi difficili come è il presente, rivela la passione e la determinazione di scelte già in atto nel prendersi cura della nostra casa comune, nel prendersi cura delle donne e degli uomini, vicini e lontani, di oggi e di domani”. Presente fin dalla prima edizione del “Villaggio per la Terra” a Roma, insieme a Pierluigi Sassi, Antonia Testa tra i dirigenti dei Focolari in Italia. Ai nostri microfoni spiega perchè il Movimento nato dal carisma di Chiara Lubich, pur non essendo un movimento propriamente ambientalista, si trova assolutamente a casa nel lavorare a questo evento:
R. – E’ un avventura che continua, è un’avventura nella quale il Movimento dei Focolari si sente pienamente a casa. D’altronde, un Movimento che ha per carisma l’unità che nasce dalla preghiera che Gesù ha rivolto al Padre: “Che tutti siano una cosa sola”, non può non spendersi per l’ecologia integrale, e l’ecologia integrale sappiamo che si centra primariamente sull’ecologia umana. Quindi, vuol dire attenzione alle persone, alle culture – io direi culture sia religiose che non religiose – in un impegno di dialogo con tutte le forze a 360 gradi. Quindi, assolutamente “a casa”, in questo percorso.
Fonte di ispirazione innegabile per #OnePeopleOnePlanet, sono le parole di Papa Francesco che da tutti è riconosciuto leader di prim’ordine anche per la questione ambientale. Il suo pensiero interpreta il grido della Terra e dell’umanità di oggi …
R. – Sì, questa maratona nasce proprio su un percorso iniziato con lui che ci fece la visita a sorpresa nel 2016, al primo “Villaggio della Terra” a Villa Borghese. La maratona vuole essere una risposta a quel suo invito “trasformate i deserti in foresta”. Il mio sogno è che questa maratona – anche se online – sia un’expo di speranza. Proprio qualche giorno fa ho sentito Papa Francesco che diceva: “La speranza è la più umile delle virtù, ma è quella che guida la vita”, e quindi – immaginando le voci, i colori, le testimonianze di queste 13 ore di staffetta, io spero che sia proprio un segno di quella speranza, segni concreti di persone che vogliono fare il cambiamento. E, aggiungo, mi piace fermarmi un attimo e vedere questo percorso dal 2016 a oggi: è singolare. Siamo partiti da un luogo fisico, questo polmone verde della capitale che è Villa Borghese: lì le persone hanno fatto un’esperienza che non era scritta a tavolino, ma hanno sperimentato che cosa vuol dire mettere insieme sinergie le più varie, forze positive perché l’obiettivo era “mettiamo in luce il tanto bene che c’è”. Ci siamo trovati tra le mani un quid che ha dato una carica notevole a tutti noi. Ecco, pensare che per le circostanze, anche assolutamente negative che stiamo vivendo nella pandemia, chi ha fatto quell’esperienza è uscito da quel pezzo di terra per andare a raccogliere persone, cuori, testimonianze e metterle insieme con questo obiettivo comune: voler essere protagonisti di cambiamento.
Tredici ore di contenuti multimediali, tantissimi i temi che vengono affrontati e, come ha detto lei, il messaggio di fondo è la speranza. Ma, in concreto, potrebbe farci un esempio di una proposta che si vuole lanciare?
R. – Le proposte sono tantissime. Siamo partiti, nella preparazione di questa maratona, con due immagini-chiave: i giovani e i ponti, e tutto questo sotto il grande cappello del Patto Educativo Globale lanciato da Papa Francesco. Per esempio, sarà presente la bambina di Albino di Bergamo, che è stata insignita dal Presidente della Repubblica, Mattarella, perché ha aiutato i suoi compagni nel momento della pandemia; interverrà il bambino 11enne colombiano perché è un giovane attivista – il più giovane attivista, probabilmente -; saranno poi ancora altri giovani a fare una proposta che può sembrare azzardata ma che è la loro proposta, quella dello United World Project, il Progetto Mondo Unito che quest’anno si declina proprio con questa sigla: “Dare to Care”, cioè “osare prendersi cura” nei modi più disparati, dalle azioni più piccole fino agli impegni più grandi sui tavoli internazionali.
Tra i focus, uno è dedicato alla triste e purtroppo diffusa violenza sulle donne. Che legame c’è tra questa realtà e il tema della Terra?
R. – Sarebbe ipocrita occuparsi del tema dell’ambiente dimenticando il cuore delle relazioni. E se ci lasciamo sopraffare da una tentazione predatoria, questo è essere contro l’ecologia, essere contro il pianeta Terra che ci ospita. Il possesso dell’altro, lo sfogo della nostra violenza che toglie la libertà, toglie la dignità, toglie il rispetto. Quindi, non si può lavorare per il pianeta Terra dimenticandosi queste relazioni che ci toccano dal vivo, perché conosciamo la nobiltà dell’essere umano, ma conosciamo anche le crude tentazioni che ci possono fare, appunto, possessori dell’altro.
Il mondo sta ancora affrontando la pandemia. In molti abbiamo pensato che questo ci avrebbe cambiati, avrebbe cambiato la politica, l’economia. Un’illusione? Oppure ci sono degli elementi che fanno sperare in questo cambiamento?
R. – Di fronte a questa domanda, penso che il cuore di tanti di noi si senta a volte un po’ strano. Perché, da un lato è innegabile che, per chi vive nel benessere, c’è un rischio notevole di essere schiacciati dal grigio, dalla tristezza; e chi vive invece in luoghi di tragedia, ma anche della precarietà totale del lavoro che non c’è più, o nei vastissimi territori dove non c’è accesso alle cure, in quelle persone può veramente subentrare una tristezza infinita. Dall’altro lato, durante quest’anno tanti di noi si sono aggrappati a quelle speranze quasi da sognatori, per dire: “Ma no, adesso cambierà tutto, adesso non saremo più gli stessi”, ecc… Io, personalmente, sento che devo avere un forte equilibrio dentro, non lasciarmi schiacciare dal negativo ma nemmeno essere superficiale e credere, così, in un sogno idilliaco. Mi rimetto ogni giorno nel cercare di essere, con altri, realista, capace di far vivere la speranza. E allora questo mi aiuta a dire ogni giorno: “Ma guardati attorno, cogli dei segni, quelli piccoli ma anche quelli grandi”. E’ innegabile quello che può avvenire alla Cop26 a settembre, è innegabile quello che si sta facendo come solidarietà tra alcuni Stati ed è innegabile che un John Kerry, Inviato degli Stati Uniti per il clima, abbia incontrato la sua controparte cinese e abbia dato segni di speranza. E’ innegabile che tanti di noi – io in prima persona, con altri professionisti – si stia lavorando anche sul tema della internazionalizzazione dei vaccini. Sono innegabili, questi segni dei tempi, e quindi secondo me non cadiamo nelle illusioni, ma neanche dobbiamo lasciarci schiacciare dal pessimismo: dobbiamo, appunto, far vivere la speranza.