Olimpiadi, quando lo sport insegna la vera amicizia

Vatican News

Andrea De Angelis – Città del Vaticano

Mentre sono in corso le Olimpiadi di Tokyo 2020, nel mondo oggi si celebra la Giornata Mondiale dell’Amicizia. Proclamata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2011, ricorre ogni 30 luglio, giorno proposto da Ramón Artemio Bracho, fondatore dell’organizzazione internazionale World Friendship Crusade e cittadino del Paraguay, il Paese che per primo – nel 1958 – istituì questa giornata nel suo calendario ufficiale. L’obiettivo era di promuovere l’amicizia come fondamento di una cultura di pace. Una data che poi, dopo oltre mezzo secolo, è stata adottata anche dall’Onu.

Quella medaglia di due colori

L’amicizia può nascere anche in ambito sportivo. Sia nelle discipline di squadra che in quelle individuali sono innumerevoli le storie di amicizie nate grazie alla comune passione sportiva, tra compagni, allenatori ed atleti, ma anche tra avversari. Non potevano mancare racconti legati all’evento sportivo per eccellenza: le Olimpiadi. Il caso ha voluto che nella stessa edizione, quella di Berlino 1936, si registrassero ben due storie particolari, che ancora oggi sono esemplari e suggestive. Pasquale Teoli, gestore del canale YouTube “Cerchi di gloria”, nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News le ricorda entrambe…

Ascolta l’intervista a Pasquale Teoli

Pasquale, la prima storia riguarda due atleti la cui amicizia era iniziata prima dei Giochi Olimpici. Eppure quanto accaduto a Berlino fu una dimostrazione incredibile del legame esistente tra i due…

La finale è quella di salto con l’asta, dove c’erano tre atleti rimasti in gara. A vincere l’oro fu lo statunitense, ma dietro di lui ad ottenere la stessa misura furono due atleti, entrambi giapponesi. Nel 1936 non c’era la possibilità di assegnare a tutti e due la medaglia d’argento, quindi gli viene chiesto di fare uno spareggio per determinare il secondo e terzo posto. Sia Shuhei Nishida che Sueo Oe rifiutano, perché non vogliono gareggiare l’uno contro l’altro dopo aver ottenuto lo stesso piazzamento. Allora la giuria assegna in modo arbitrario l’argento a Nishida ed il bronzo ad Oe, basandosi sul numero dei salti. Al ritorno in Giappone i due vanno da un gioielliere e fanno tagliere le medaglie a metà, per poi poterle fondere in modo che ognuna avesse una parte in argento e l’altra in bronzo. Sueo Oe sarà una delle tante vittime della Seconda guerra mondiale e Nishida custodirà poi entrambe le medaglie. La medaglia di Oe è tutt’ora esposta in uno dei musei sportivi più importanti a livello mondiale e costituisce un unicum nella storia dei Giochi Olimpici.

C’è poi un’altra storia che ci riporta ad una delle pagine più buie del Novecento, dove questa volta l’amicizia nasce proprio alle Olimpiadi, giusto? 

Sì, mentre i due giapponesi erano già amici al loro arrivo a Berlino, i due protagonisti della seconda storia non lo erano prima dei Giochi. Due atleti conosciutissimi, il tedesco Luz Long e soprattutto lo statunitense Jesse Owens che, con le sue quattro medaglie d’oro vinte, scrisse una pagina memorabile nella storia delle Olimpiadi. Owens nella gara del salto in lungo è però, a sorpresa, in grande difficoltà. Durante le qualificazioni dopo due salti nulli ha un solo tentativo a disposizione per non essere eliminato. Long, che era il suo rivale, capisce che la sua difficoltà è nella scarsa rincorsa. Lo avvicina e gli consiglia di partire più indietro. Owens grazie a questo suggerimento riesce a qualificarsi per la finale, dove vincerà l’oro proprio davanti al tedesco. I due fraternizzano, durante la gara si sostengono a vicenda. Nasce una grande amicizia, apparentemente impossibile: Luz Long, tedesco, atleta simbolo per la razza ariana e Jess Owens, atleta afroamericano. Anche per quell’amicizia Long fu mandato in prima linea a combattere nel conflitto mondiale, dove morirà nel 1943. In guerra, Long manterrà sempre un contatto epistolare con Owens. In una di queste lettere, poco dopo aver saputo di essere diventato padre, scrive: “Il mio cuore mi dice che questa potrebbe essere l’ultima lettera che ti scrivo. Se così dovesse essere, ti chiedo di andare in Germania quando il conflitto sarà finito. Vai a trovare mio figlio e raccontagli che neppure la guerra è riuscita a rompere la nostra amicizia. Tuo fratello Luz”. L’atleta tedesco morirà poco dopo, a Gela, in Sicilia. Jess Owens incontrerà anni dopo il giovane Long, partecipando anche alle sue nozze, e lo abbraccerà come tanti anni prima aveva fatto con suo padre.

Pasquale, sono due storie davvero significative. Colpisce anche il fatto che abbiano elementi, dalla medaglia fusa alle lettere, che ci permettono di riviverle, quasi di toccarle con mano. Una suggestione nella suggestione questa?

Sì, questo è proprio il bello dei Giochi Olimpici! Il fatto che ci consegnano storie uniche, per certi versi irripetibili. Lo vediamo in qualsiasi edizione. Aprire il libro dei ricordi olimpici è un po’ come sfogliare un grande romanzo, ricco di passioni, di vite che si intrecciano con dei valori importanti e ci permettono di essere testimoni di storie memorabili.