Fabio Colagrande – Città del Vaticano
Se c’è un luogo che dimostra l’infondatezza dello stereotipo secondo cui il latino sarebbe una lingua morta è proprio la Città del Vaticano. Qui, infatti, l’Ufficio Lettere Latine della Segreteria di Stato, rinnova quotidianamente la lingua ufficiale della Chiesa cimentandosi nella traduzione dei tweets di Papa Francesco. Pubblicati dal 2017 sull’account @pontifex_ln, i cosiddetti “Breviloquia Francisci Papae”, relativi alle annate 2018 e 2019, sono ora raccolti in un volume della Libreria Editrice Vaticana. La nuova pubblicazione fa seguito a quella di tre anni fa che raccoglieva i tweet latini della prima annata, anche in questo caso con il “testo a fronte” in lingua italiana, ed è arricchita da una prefazione in latino dell’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto della Segreteria di Stato. Nel suo Prefatio il presule auspica che, “nella massa quotidiana di parole pubblicate oggi sui mezzi di comunicazione sociale”, gli insegnamenti e le proposte contenuti nei breviloquia papali possano condurre a una “salvifica utilità di vita”. Il libro si apre, tra l’altro, con una significativa dedica a padre Reginald Foster e don Cleto Pavanetto, i due insigni latinisti dell’Ufficio vaticano recentemente scomparsi.
Numero speciale della rivista Salesianum
La novità editoriale coincide con la pubblicazione di un altro testo che aiuta a fare il punto sullo stato dell’arte del cosiddetto “latino curiale”. Nell’ultimo numero, datato aprile-giugno 2021, di Salesianum, periodico trimestrale dell’Università Pontificia Salesiana, proprio monsignor Waldemar Turek, responsabile dell’Ufficio Lettere Latine, firma infatti un articolo dal titolo “Dal Lexicon recentis latinitatis ai tweets in latino. Alcune osservazioni circa il latino curiale dell’epoca postconciliare” in cui si cita anche la collaborazione di questo Ufficio con Radio Vaticana/Vatican News per la realizzazione delle rubriche settimanali Hebdomadae Papae e Anima Latina. Recentemente monsignor Turek ha parlato delle due pubblicazioni ai microfoni di Radio Vaticana.
Quale l’impegno del vostro Ufficio?
Da un po’ di anni, come Ufficio delle lettere latine, traduciamo in maniera regolare i tweet di Papa Francesco e siamo contenti di avere quasi un milione di follower. È un dato un po’ sorprendente, non solo per noi ma anche per tutti quelli che si interessano alla lingua latina. Quindi abbiamo voluto dare, anche a coloro che non usano Twitter o non navigano in internet, l’occasione di un contatto diretto con il latino di oggi. Molti, infatti, pensano che il latino sia ormai una lingua morta perché non si scrivono più documenti in latino. Invece, qui abbiamo un esempio, forse unico al mondo, di un latino che vive ogni giorno, di un latino che viene proposto ai lettori, non solo cristiani, dunque alla gente in tutto il mondo, con espressioni che si richiamano alla tradizione classica e cristiana, ma a volte anche con qualche neologismo, con alcuni termini che descrivono la mentalità e la tecnologia di oggi. Quindi anche per noi che prepariamo questi tweet in latino è una bella occasione, un bello stimolo, per far vedere che anche alcuni concetti tipici del mondo di oggi possono essere espressi, possono essere descritti proprio in latino.
Potremmo dire che la traduzione in latino dei tweet di Papa Francesco è una delle nuove sfide che il vostro ufficio deve affrontare?
Abbiamo cominciato a tradurre in latino i tweet di Papa Francesco, più o meno quattro o cinque anni fa. Per noi è una sfida importante che esige una certa competenza e una certa pazienza. Nei tweet del Papa, infatti, troviamo spesso alcune parole che non sono contemplate nel vocabolario latino classico e neppure in quello cristiano. Quindi per noi è un bello stimolo, una bella occasione, per continuare questo grande lavoro cominciato dai nostri predecessori di esprimere in latino classico tutto ciò che riguarda il mondo di oggi, i vocaboli che fanno parte del pensiero di oggi. Questa è una delle sfide principali, poi abbiamo anche il notiziario settimanale in latino di Radio Vaticana/Vatican News, Hebdomada Papae, che ci richiede un lavoro simile a quello dei tweet. Sia nel primo che nel secondo caso, noi non siamo autori dei testi, ma semplicemente dei traduttori. Però paragonando questo impegno a tutto il resto del lavoro che svolgiamo in ufficio come latinisti, devo dire che richiede un’attenzione particolare. Qui, infatti, spesso dobbiamo parlare di cose che riguardano la mentalità di oggi, oppure esprimere o descrivere con una nuova parola cose di cui non parlavano i nostri predecessori di venti o trent’anni fa. Mi riferisco, per esempio, ai concetti che riguardano l’informatica, l’ecologia o i diritti umani. Quindi per noi è una bella occasione per poter allargare sempre di più il vocabolario del latino recente.
Nell’ultimo numero della rivista Salesianum c’è anche un suo articolo intitolato: “Dal Lexicon recentis latinitatis ai tweets in latino” in cui si cita anche la vostra collaborazione con Radio Vaticana. Come nasce questo suo contributo?
Salesianum è la rivista ufficiale della Pontificia Università Salesiana, l’ateneo dove si trova anche la Facoltà di Lettere Cristiane e Classiche che cerca di continuare questa grande tradizione dello studio e della ricerca concernente il greco come il latino classico, ma anche il latino cristiano e il latino di oggi, quello che chiamiamo il “latino curiale”. A volte, come in questo caso, i professori salesiani pubblicano dei numeri monografici che riguardano la letteratura classica o quella cristiana. Nel mio articolo, ho voluto descrivere un po’ il percorso, piuttosto ricco e complesso, del “latino curiale” dai tempi del Concilio Vaticano II ai tempi nostri. Durante il Concilio, infatti, il latino era la lingua ufficiale della Chiesa e molti ecclesiastici lo parlavano quotidianamente, con un vocabolario aggiornato. In questi cinquant’anni la situazione è molto cambiata. Oggi la lingua latina è sempre la lingua ufficiale della Chiesa però per quanto riguarda la conoscenza, come anche dal punto di vista della ricerca e degli studi, ci troviamo in una situazione ben diversa. Noi come ufficio dei latinisti, siamo però molto contenti, perché vediamo un certo interesse, sia negli ambienti laici come in quelli ecclesiali, nei confronti della lingua latina e del nostro lavoro, quindi anche per i documenti che prepariamo tenendo presente le esigenze del mondo di oggi. Quindi ci fa piacere quando qualcuno ci domanda se è già pronta la versione di un documento del Papa in latino, oppure ci dice che ha letto uno dei tweet del suo account in latino o ha visto qualche documento pubblicato sugli Acta Apostolicae Sedis. In questo articolo ho cercato di descrivere alcune tappe di questo percorso, sottolineando l’importanza di alcuni dizionari preparati negli ultimi decenni negli ambienti della curia romana, in collaborazione con alcuni centri scientifici, università pontificie e altre istituzioni nel mondo. Siamo contenti perché, in qualche modo, possiamo continuare questa grande e ricca tradizione del latino curiale che fa parte proprio del latino cristiano ma che possiede delle caratteristiche proprie che sono state elaborate nel passato come anche nei tempi recenti. Quindi sia questo numero della rivista Salesianum, come il nuovo libro della Lev dedicato ai tweet del Papa, sono due occasioni per verificare lo status quaestionis del latino di oggi e in modo particolare del latino curiale, quindi del latino che viene, per così dire, portato avanti e prodotto negli ambienti della Curia romana.