Fausta Speranza – Città del Vaticano
Il presidente ucraino, Volodymyr Zelenskiy, ha incaricato il suo governo di mettere a punto i necessari progetti di legge per rafforzare la capacità difensiva del Paese, mentre continuano le tensioni con la Russia. Secondo fonti di stampa, le leggi dovrebbero portare, tra l’altro, all’introduzione di un sistema di addestramento militare intensivo dei cittadini come possibile alternativa al servizio militare e la fine della coscrizione obbligatoria a partire dal primo gennaio 2024.
Il confronto in sede Onu
Duro confronto tra Washington e Mosca, ieri, nella prima riunione del Consiglio di sicurezza dell’Onu dedicata alla presunta minaccia di un’invasione russa in Ucraina, dopo l’arrivo di 100.000 soldati russi ai confini. Un’iniziativa statunitense che la Russia ha tentato di evitare con un voto procedurale che ha riscosso soltanto il sostegno della Cina. Ma poi l’ambasciatore russo ha chiesto una nuova riunione il 17 febbraio prossimo.
La posizione degli Stati Uniti
“La situazione che stiamo fronteggiando in Europa è pericolosa e urgente e la posta in gioco per l’Ucraina, e per ogni Stato membro dell’Onu, non potrebbe essere più alta, ha sottolineato l’ambasciatrice statunitense alla Nazioni Unite, Linda Thomas-Greenfield, affermando che le azioni di Mosca colpiscono il cuore della Carta delle Nazioni Unite e sono una minaccia chiara alla pace e sicurezza e spiegando che “ora è il momento di un dibattito pubblico”.
La voce di Mosca
L’ambasciatore russo all’Onu Vasily Nebenzia ha negato ogni intenzione di invasione, ha accusato gli statunitensi di “creare isteria” e di usare la “diplomazia del megafono” per “ingannare la comunità internazionale” con “accuse infondate. Nebenzia ha proposto anche una nuova riunione del Consiglio di Sicurezza per il 17 febbraio, settimo anniversario degli accordi di Minsk, “per discutere della situazione per una soluzione in Ucraina”. La posizione russa è assecondata da Pechino, mentre Francia e Gran Bretagna si sono allineati con gli statunitensi difendendo Kiev, che poche ore prima aveva annunciato l’arresto di un gruppo di persone accusate di preparare una sommossa nella capitale e in altre città ucraine “per destabilizzare la situazione”, con l’ombra dei servizi russi.
Dell’impegno diplomatico a vari livelli abbiamo parlato con Pietro Batacchi, direttore della Rivista Italiana Difesa:
Batacchi spiega che si tratta di una sorta di “grande gioco” di tatticismi e strategie in cui fortunatamente si tenta in tutti i modi di evitare lo scontro armato, ma sottolinea che in qualche modo la situazione richiama alla mente però lo scenario della cosiddetta crisi di Cuba del 1962. Il direttore della Rivista Italiana ricorda che il presidente statunitense Joe Biden nel frattempo ha definito la riunione al Palazzo di Vetro come “un passo cruciale nel radunare il mondo per prendere posizione con una sola voce” contro l’uso della forza e a favore del dialogo. E ha dichiarato: “Se la Russia sceglie di allontanarsi dalla diplomazia e di attaccare l’Ucraina ne porterà la responsabilità e subirà conseguenze rapide e severe”, ha ammonito, ricordando che gli Stati Uniti e i suoi alleati “continuano a prepararsi per qualsiasi scenario”.
Diplomazia al lavoro su vari fronti
Batacchi ricorda anche che il premier britannico Boris Johnson ha parlato con Putin e che oggi vola da Zelenskiy a Kiev, dove sono attesi nei prossimi giorni anche i ministri degli Esteri francese, tedesco e polacco, dopo quello canadese. Il segretario di Stato Usa Antony Blinken ha fissato un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Serghiei Lavrov. Il primo ministro ungherese, Viktor Orban, nell’incontro oggi a Mosca con il presidente russo, Vladimir Putin, ha assicurato che “nessun leader europeo vuole la guerra”. “Siamo per accordi pacifici”, ha detto Orban all’inizio dell’incontro riferendosi alla crisi ucraina. A differenza di altri Paesi della regione come Polonia, Romania e Bulgaria, nelle ultime settimane l’Ungheria non ha espresso chiaramente il suo sostegno all’Ucraina nel conflitto con Mosca. I Paesi baltici hanno inviato armi all’Ucraina, anche se la speranza è che non sarà necessario usarle. Lo ha detto il ministro degli Esteri lettone, Edgars Rinkevics. Anche la Danimarca si è detta pronta a mandare a Kiev equipaggiamenti e munizioni.
A Kiev una situazione complessa
Si deve guardare anche a quanto accade nel mondo politico ucraino. Batacchi mette in luce i discorsi di piazza in queste ore dell’ex presidente Lukashenko che a suo avviso denunciano una certa debolezza della leadership o comunque una certa spaccatura. La situazione è complessa – dice – sia a livello di popolazione, e non solo nel Donbass, sia a livello di rappresentanza politica. Parlando al Parlamento, il presidente Volodymyr Zelenskiy ha detto che i cittadini e gli imprenditori “non hanno ceduto al virus del panico” e grazie a questo l’economia del Paese si sta stabilizzando. I cittadini e gli imprenditori – ha aggiunto -“sono rimasti uniti sullo sfondo delle notizie su una possibile guerra con la Russia e non hanno ceduto al virus del panico”. “La nostra economia si sta stabilizzando, tutto è sotto controllo nel sistema finanziario, la grivna (la moneta nazionale) va meglio”, ha affermato Zelenskiy, aggiungendo che da quasi una settimana si registra un trend positivo sui mercati finanziari internazionali per le obbligazioni ucraine. Nei giorni scorsi Zelenskiy aveva criticato gli allarmi degli Stati Uniti per una presunta imminente invasione russa dell’Ucraina, avvertendo che ciò rischiava di creare il “panico” tra la popolazione, di nuocere all’economia. Secondo Batacchi, Zelenskiy tenta di ricompattare il Paese.
Telefonata tra Draghi e Putin per una soluzione durevole
Il presidente del Consiglio dei ministri italiano, Mario Draghi, ha avuto stamattina una conversazione telefonica con il presidente della Federazione Russa, Vladimir Putin. Secondo quanto emerge da Palazzo Chigi, al centro dei colloqui gli ultimi sviluppi della crisi ucraina e le relazioni bilaterali. Draghi ha sottolineato l’importanza di adoperarsi per una de-escalation delle tensioni alla luce delle gravi conseguenze che avrebbe un inasprimento della crisi. Sono stati concordati un impegno comune per una soluzione sostenibile e durevole della crisi e l’esigenza di ricostruire un clima di fiducia.