Chiesa Cattolica – Italiana

Nuova epidemia di Ebola in Guinea

Elvira Ragosta – Città del Vaticano

L’Ebola torna a minacciare la Guinea e il governo di Conacry dichiara lo stato di epidemia. I nuovi casi sono sette, di cui almeno cinque finora le vittime. La zona più colpita è la foresta vicino alla Liberia. Secondo quanto riferito dal capo dell’Agenzia sanitaria locale, il dottor Sakoba Keïta, un’infermiera è morta alla fine di gennaio a Gouecké, vicino al capoluogo di regione Nzérékoré, e diverse persone che hanno preso parte al suo funerale hanno iniziato pochi giorni dopo ad avere sintomi di diarrea, vomito, sanguinamento e febbre”. Il timore, ora, è che l’epidemia possa propagarsi negli Stati vicini di Liberia e Sierra Leone, dove al momento non è stato segnalato alcun caso, ma le cui autorità hanno annunciato una maggiore vigilanza e azioni di sensibilizzazione tra le popolazioni, in particolare lungo i confini con la Guinea. Ma che cosa significa in questo momento di pandemia da Covid-19 una nuova epidemia di Ebola? Risponde a Vatican News Don Dante Carraro, direttore della Ong Medici con l’Africa Cuamm: “Significa che queste epidemie virali stanno aumentando. Si prospetta un futuro che deve vederci assolutamente coscienti che anche il pianeta va salvaguardato. Molte di queste epidemie sono frutto da una parte di saccheggi esasperati che mettono al centro solo un capitalismo che è attento al soldo e che fa deforestazioni. Per esempio, in quella stessa area la precedente esperienza di Ebola, ormai è stato accertato, è venuta fuori da questo”.

Ascolta l’intervista a don Dante Carraro

Gli interventi necessari

Per contenere l’epidemia di Ebola, spiega don Dante Carraro, la prima misura è il cordone sanitario per evitare che le persone si spostino dall’area in cui si trovano. “Insieme a questo – aggiunge – è fondamentale fare subito i test per identificare i casi positivi. Il passo successivo poi è il tracciamento, in modo da identificare i contatti che i pazienti positivi hanno avuto con altre persone così da poterli mettere in isolamento”.

La risposta dell’Oms

L’Organizzazione mondiale della sanità  dispiegherà rapidamente risorse, comprese dosi di vaccino, per aiutare la Guinea a far fronte alla recrudescenza dell’epidemia. Così il rappresentante dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) a Conakry, il professor Alfred George Ki-Zerbo. In un comunicato stampa, l’Organizzazione specifica inoltre che “sta già lavorando” con Liberia e Sierra Leone, per rafforzare la vigilanza, e che è in contatto con Costa d’Avorio, Mali, Senegal e altri Paesi a rischio nella regione.

Il virus Ebola

Identificato per la prima volta nel 1976 nell’attuale Repubblica Democratica del Congo, allora Zaire, il virus prende il nome dal fiume del Paese in cui scoppiò la prima epidemia. L’Ebola circola tra i pipistrelli mangiatori di frutta che ospitano, ma non sviluppano la malattia. Sono altri mammiferi, quali grandi scimmie, antilopi o istrici, a trasportare il virus e trasmetterlo all’uomo. La trasmissione tra esseri umani avviene attraverso contatti diretti e ravvicinati con i fluidi corporei, ma non per via aerea. Pur essendo meno contagiosa di altre malattie virali, l’Ebola ha un indice di mortalità del 50% che nel corso di alcune epidemie, secondo l’Oms, è salito fino al 90%. Dopo un periodo di incubazione, che va da 2 a 21 giorni, questo virus si manifesta con febbre improvvisa, grave debolezza, dolori muscolari e articolari, mal di testa e mal di gola e, in alcuni casi, emorragie.

Le epidemie di Ebola e l’esperienza di Cuamm in Sierra Leone

Dalla prima classificazione dal 1976 al 2012  l’Oms aveva tracciato 24 focolai con quasi 1.600 morti. Ma la più grave epidemia si diffuse tra il 2013 e il 2016, partendo dalla Guinea e diffondendosi poi in Sierra Leone e Liberia, provocando 11.300 morti su 28mila casi. Da allora ci sono stati diversi focolai in Africa centrale, i più consistenti dei quali tutti in Congo. L’ultimo, l’undicesimo, dichiarato dall’Oms un’emergenza mondiale, è stato ufficialmente domato lo scorso novembre dopo 55 morti. Medici con l’Africa Cuamm era presente in un distretto della Sierra Leone durante l’epidemia 2013-2016. Don Dante racconta come l’intervento dell’Ong si è concretizzato prima di tutto nell’evitare che le persone potessero muoversi verso i distretti vicini; poi si è proceduto con i test per identificare i casi di contagio e dar vita poi a un approccio di tipo creativo per procedere al tracciamento e individuare da quale area del distretto provenissero  i contagi: “Abbiamo coinvolto una cinquantina di giovani – racconta – a cui abbiamo fatto un piccolo corso di formazione di una settimana. Li abbiamo poi forniti di mezzi di locomozione, quaderno e matita e li abbiamo mandati nelle aree da cui provenivano i positivi, affinché potessero tracciare i contatti. Una volta individuati, abbiamo messo i contagiati in quarantena, in un cordone sanitario, fornendo loro acqua e cibo, ma isolandoli. Così si è ridotta la diffusione del contagio”

I vaccini e le cure

Sono due attualmente i vaccini contro l’Ebola. Il primo si è rivelato molto protettivo contro il virus in uno studio condotto in Guinea nel 2015 ed è stato utilizzato con più di 300mila dosi in una campagna di vaccinazione mirata durante l’ultima epidemia nella RDC. Un secondo vaccino è in via sperimentale. Nel 2016 ricorda ancora il direttore di Cuamm, l’impatto dell’epidemia in Guinea, Sierra Leone e Liberia è stato devastante, con il bilancio di oltre 11mila morti e uno shock a livello mondiale, perché ci furono casi anche in altri Paesi, non solo africani, come in Spagna, dove è morto un padre missionario che lavorava in Sierra Leone. “Questo shock – conclude don Dante – ha scatenato il dovere etico e scientifico di tentare di trovare un vaccino. Due anni fa è stato elaborato, testato e validato il nuovo vaccino e ora abbiamo un’arma in più che nel 2016 non avevamo. Quindi, oltre al cordone sanitario per contenere l’epidemia, il primo modo per contenere l’epidemia dalla Guinea è quello di iniziare subito la vaccinazione”.

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