Antonella Palermo – Città del Vaticano
Mentre un altro sacerdote cattolico, padre Mark Ojotu, della diocesi di Otukpo, è stato rapito ieri pomeriggio lungo la Okpoga-Ojapo Road, nello Stato di Benue (terzo sequestro di sacerdoti in cinque giorni), don Sylvester Okechukwu, rapito da uomini armati martedì scorso dalla rettoria della chiesa cattolica di S. Antonio, nello Stato di Kaduna, è stato rilasciato nelle prime ore di questa mattina. “Preghiamo Dio perché acceleri il rilascio di coloro che sono ancora in mano ai rapitori”, si legge nella nota dell’ufficio comunicazione della diocesi di Kafanchan. La situazione nel Paese resta comunque piena di apprensione per gli attacchi che si moltiplicano anche ai danni dei cristiani.
“Prima delle elezioni politiche la tensione aumenta sempre”
“Accogliamo la notizia con grande gioia perché non ce l’aspettavamo. C’erano tre sacerdoti nella stessa casa e hanno preso lui”, commenta da Kafanchan don Gabriel Okafor, direttore dell’ufficio diocesano di comunicazione.
“Quando si perde una pecora, Dio lascia le altre 99 per ritrovare quella. Lo abbiamo ritrovato sano e salvo, per fortuna. Lui è una persona molto tranquilla, umile. I rapitori hanno cercato proprio lui, il motivo non lo sappiamo ancora”, spiega ai nostri microfoni. Il fenomeno degli attacchi armati è dilagante nel Paese e chiediamo chi è artefice di queste azioni e quali sono le ragioni. “Qui nella nostra diocesi in particolare abbiamo il problema dei banditi. Portano le armi. Il prossimo anno ci saranno le elezioni e ogni anno, prima delle elezioni, c’è questo clima di tensione. Tante volte sono i politici ad armare i ragazzi e questi usano le armi per fare del male”, prosegue il sacerdote.
I preti nel mirino per polverizzare le comunità, ma il problema è più ampio
“La tensione resta alta, anche se coabitiamo musulmani, cristiani e appartenenti alle religioni tradizionali. L’attacco ai sacerdoti serve per diminuire la forza della fede perché sono loro che in fondo custodiscono la fede”, sottolinea ancora don Okafor precisando l’elevato grado di complessità del contesto socio-politico e confessionale. “Ci sono tanti problemi connessi tra loro. Ci sono le questioni riguardanti i rapporti tra le etnie, le tribù, tra le classi sociali…”. Non si tratta di azioni che coinvolgono solo le religioni, rimarca. “Infatti anche i musulmani vengono rapiti. La situazione è delicata, noi stessi non riusciamo a capire. Per esempio, tra le tribù ci sono i problemi relativi ai terreni”. I cristiani sono spesso il bersaglio di agguati anche fatali. Di fatto, spiega don Okafor, il sacerdote è il punto di riferimento della comunità. “Per questo, si attacca il sacerdote perché così si perde quel punto di riferimento. E le pecore si disperdono… in questo senso sono azioni strategiche”.
“Celebreremo il Natale ma facendo molta attenzione”
Massima vigilanza si impone la comunità cattolica locale in questo tempo prossimo al Natale “perché ci sono tanti ragazzi con le armi, tanti vivono nella foresta. Dobbiamo stare attenti perché può sempre succedere qualcosa di brutto. Da parte nostra cerchiamo di rianimare le persone, i parrocchiani. È un tempo difficile”. Don Okafor ricorda che proprio ieri sono stati celebrati i funerali delle vittime di un massacro di 46 persone uccise da “ragazzi come questi”. “C’è tanto dolore. Stiamo cercando di comprendere e far comprendere che questa non è la fine, c’è sempre la speranza. È il nostro compito, come preti. L’attacco nelle sue dinamiche – rivela – ancora non è chiaro e bisogna fare le indagini”.
Ieri i funerali delle vittime
Come riferisce The Pillar gli attacchi avrebbero avuto luogo nell’arco di tre giorni e in quattro villaggi a Kaduna, al nord della Nigeria. Agenzie umanitarie riferiscono che alcune vittime sono state bruciate vive mentre dormivano. L’Unione dei popoli di Southern Kaduna parla di una carneficina che ha lasciato un centinaio di case rase al suolo. Poiché la maggior parte degli attacchi avviene durante la stagione delle piogge non ci si aspettava che ciò accadesse. La violenza avrà un impatto economico sugli agricoltori locali, in una regione agricola economicamente importante della Nigeria, ha spiegato il vicario generale di Kafanchan, Emmanuel Kazah Faweh. Proprio la scorsa settimana, la diocesi, attraverso la Commissione Giustizia, Sviluppo e Pace, ha organizzato lezioni per gli sfollati interni, e la distribuzione di materiali di soccorso. Il vicario lamenta la mancanza di tempestività da parte degli agenti di sicurezza.
Dal 1980 circa 20mila vittime a causa della violenza
Delle centinaia di attacchi che hanno devastato molte parti del sud di Kaduna e migliaia di morti dal 2014, nessuno sarebbe stato arrestato e denunciato. Negli ultimi vent’anni, lo Stato di Kaduna è stato luogo di segregazione lungo linee etniche e religiose, insieme a tensioni di lunga data dovute a precedenti conflitti regionali. Dal 1980, circa 20.000 persone sono morte qui a causa della violenza. Scontri tra pastori e agricoltori per controversie sui pascoli, furti di bestiame, sull’uso e l’accesso alla terra, violenze elettorali e bande criminali che abusano di droghe: una miscela esplosiva. Kaduna è divisa tra una popolazione agricola prevalentemente cristiana nel sud e gruppi di pastori Hausa-Fulani per lo più musulmani nel nord.
Acs: più considerazione da parte della comunità internazionale
Aiuto alla Chiesa che soffre stima in circa 30 il numero dei sequestri da inizio anno. “Estremisti appartenenti all’etnia Fulani, terroristi aderenti a gruppi jihadisti o gruppi criminali interessati al riscatto importa poco”, si legge in nota diffusa dall’organizzazione. “Importa che in Nigeria nel 2022 è terribilmente pericoloso professare la propria fede. Importa la sostanziale incapacità, e forse non solo inadeguatezza, delle autorità e istituzioni federali e locali. Importa l’altrettanto sostanziale disinteresse che registriamo in Europa per le sorti di valorosi ministri di Dio e delle comunità loro affidate”.