Federico Piana- Città del Vaticano
“Padre Vitus, sabato scorso, era andato nella sua fattoria insieme a suo fratello quando i terroristi hanno cercato di rapirlo. Lui ha opposto resistenza e i malviventi hanno sparato”. A raccontare i dettagli dell’omicidio di padre Vitus Borogo, assassinato da un gruppo estremista islamico a Kaduna, nel nord della Nigeria, è don Julius Paul Madaki, insegnate nel Seminario maggiore dell’arcidiocesi di Kaduna. Lui conosceva bene quel prete mite, 50 anni appena compiuti, cappellano del Politecnico della città e presidente dell’Associazione dei sacerdoti nigeriani. “Questo omicidio – afferma don Madaki – purtroppo, qui da noi, non fa più tanto scalpore perchè da anni siamo abituati a situazioni come questa”.
Violenza, una sfida da affrontare ogni giorno
Quasi ogni giorno, rivela il sacerdote, “assistiamo a violenze. Nella nostra arcidiocesi di Kaduna, due o tre settimane fa, abbiamo celebrato una Santa Messa di suffragio per un sacerdote assassinato di cui, però, non abbiamo avuto il corpo, ma solo una foto”. Le motivazioni dell’impennata della violenza contro i religiosi, don Madaki la individua nell’aumento dell’odio nei confronti della Chiesa. “Questa – spiega – è la sfida che ora la nostra arcidiocesi sta affrontando, soprattutto per il fatto che i cristiani sono minoranza. Finora sono stati uccisi cinque sacerdoti”.
Vescovi sempre pronti a denunciare
La Chiesa, però, non viene sufficientemente difesa, dice con forza don Madaki: “In altre zone del Paese, i militari sono stati incaricati di difendere i luoghi sensibili, come le chiese. Ma qui no. Neanche le autorità intervengono. Preferiscono tacere”. Chi, invece, non smette di denunciare la drammaticità della situazione sono gli stessi vescovi nigeriani: “Ma i loro appelli alla pace – ammette il religioso- cadono per ora nel vuoto perché la nazione vive un periodo di transizione politica molto complesso. La Chiesa cerca di fare tutto quello che può”. Ma, a volte, non ci riesce e vede soccombre i suoi figli.