Debora Donnini – Città del Vaticano
Nel colloquio con i giornalisti sul volo di ritorno dalla Slovacchia, il Papa è tornato a dirsi preoccupato dell’inverno demografico in Italia. In proposito il presidente dell’Ungheria gli ha parlato della loro legge per aiutare le coppie giovani ad avere figli. Una legge che assomiglia abbastanza a quella francese ma più sviluppata, ha notato Francesco, sottolineando che per questo i francesi non hanno il dramma che hanno Spagna e Italia in termini di denatalità.
Citando alcuni dati Eurostat, si vede effettivamente come Spagna e Italia si posizionino rispettivamente a 1,23 e 1,27 figli per donna. L’Ungheria arriva a 1,55 e la Francia a 1,86. La soglia di ricambio generazionale, va ricordato, è di 2,1. “L’Ungheria è uno dei pochi Paesi che ha compreso l’impatto economico e sociale dell’inverno demografico, ha capito però che c’è un forte desiderio da parte di giovani ad avere famiglia e generare nuove vite. Quindi attraverso queste leggi non fa altro che premiare questo desiderio, ben sapendo che la questione demografica rappresenta una priorità essenziale. Non ci sarà mai uno sviluppo solido, continuativo, integrale e sostenibile senza un equilibrio intergenerazionale. La stessa politica è portata avanti ormai da tantissimi anni anche in Francia”. Così Vincenzo Bassi, presidente della Fafce, la Federazione delle associazioni delle famiglie cattoliche in Europa, commenta le parole del Papa. Sui macrodati relativi ai modi in cui la legislazione francese e ungherese aiuta le famiglie rispetto, ad esempio, a quella italiana, Bassi ricorda che il dato più importante è che si tratta di politiche per la natalità e non politiche sociali. “Le politiche per la natalità – spiega – considerano il figlio una risorsa e un investimento e non soltanto un fatto meramente privato”. Ci sono anche altre politiche più sociali che mirano in sostanza a tutelare le famiglie con un reddito basso. Le prime sono politiche che si possono chiamare “universalistiche”, le seconde no. Le politiche ungheresi e francesi, ma non solo queste, si concentrano tantissimo su una fiscalità giusta per le famiglie e anche su interventi diretti. Bassi ricorda anche ci sono tanti servizi per le famiglie, diversi a seconda se si tratti di chi vive in città oppure di chi abita in provincia.
Il sostegno alle madri
In Ungheria, sottolinea che vi è grande attenzione alle donne “che non devono essere pregiudicate perché mamme, anche da un punto di vista della carriera”. C’è un’attenzione al giusto desiderio delle donne di impegnarsi nel mondo del lavoro e realizzarsi, oltre che come mamme e anche come professioniste. Menziona anche una misura molto significativa della politica premiale ungherese: le donne che hanno avuto la possibilità di generare fino a 4 figli, poi hanno la possibilità anche di essere escluse dal pagamento delle imposte dirette. Questo sta a significare che lo Stato ungherese ringrazia le donne per l’apporto, in termini di coraggio, lavoro e educazione, che hanno dato al Paese, perché quei figli rappresentano anche un futuro sostenibile per l’intera comunità.
La questione assegno universale
Per quanto riguarda la misura ponte dell’assegno unico italiano, rileva che si tratta di una misura in qualche modo “ibrida” che si sta tentando di far diventare “una vera e propria misura di tipo universale”. Oggi non lo è ancora perché di fatto costituisce una forma di sostentamento che dipende dal reddito delle famiglie. “Speriamo veramente che prevalga la sua natura universale – auspica – perché se prevale la natura universale, vuol dire che anche l’Italia ha fatto un passo in avanti concependo le politiche per la natalità come delle politiche premiali che riconoscono il contributo delle famiglie al bene comune”.
“L’assegno spetta a tutti – rimarca ancora – perché a tutti deve essere data la possibilità di ricevere un riconoscimento. Poi ci saranno anche le politiche sociali assistenziali che seguiranno regole più reddituali, ma la politica per la natalità è qualcosa di diverso perché è un investimento e non un costo per il futuro dell’Italia” e anche più in generale dell’Europa. L’assegno unico è comunque un qualcosa in più perché fino a ieri un libero professionista non percepiva nulla. Quindi, Bassi sostiene come si sia fatto un passo in avanti ma bisogna essere determinati in merito alla questione demografica. L’assegno deve dunque essere universale e consistente: in pratica un investimento come può essere la digitalizzazione.
Serve una popolazione giovane
Viene anche rimarcato come oggi si faccia fatica a capire che l’interesse alla crescita demografica è di tutte le comunità. È certamente un interesse di sostenibilità del sistema sanitario e pensionistico. Ma non solo, perché una popolazione giovane permette a un Paese anche di programmare il futuro, mentre una popolazione particolarmente anziana segue le tendenze e ha meno forza per influenzare il proprio futuro perché non ha un interesse al medio e lungo termine”.
Il presidente del Forum delle Associazioni familiari, Gigi De Palo, pur salutando positivamente l’assegno unico ponte, come base di partenza, segnalava che da solo non può far ripartire la natalità – che è la vera questione sociale del Paese – perché appunto senza figli, non c’è consumo, non c’è impresa e crolla il sistema sanitario e pensionistico. Si deve, quindi, utilizzare una parte del Recovery Found per un piano specifico per la natalità. Il presidente della Fafce si dice d’accordo aggiungendo che, prima di tutto, bisogna investire in capitale umano. Attraverso una minore precarietà delle famiglie, c’è infatti una possibilità di sostenere meglio i consumi e poter recuperare, anche dal gettito, denaro pubblico che viene investito in queste politiche. Occorre però che ci sia un’attenzione di tipo economico e non solo sociale su questi temi così come avviene in Ungheria, che non si limita solo a misure legislative ma ha creato un sistema di studio che permette di essere aggiornati e innovativi nelle politiche familiari.