Giancarlo La Vella e Anna Poce – Città del Vaticano
In Myanmar situazione sempre ad alta tensione dopo il colpo di Stato militare del 1° febbraio scorso e le conseguenti manifestazioni popolari per il ripristino della democrazia. Forte la repressione delle forze dell’ordine, oltre 270 dimostrati hanno perso la vita in piazza. In questo frangente decisivo l’apporto della Chiesa locale al dialogo e alla pacificazione, un ruolo rappresentato dall’immagine simbolo di questa protesta, quella di duor Ann Nu Twang in ginocchio davanti agli agenti in tenuta antisommossa.
No a qualsiasi violenza
Per stemperare una situazione che rischia di esplodere ancora di più, il cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente della Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche, è tornato a parlare con un forte appello ai giovani, affinché evitino il ricorso alla forza e percorrano il sentiero della non violenza per ripristinare la democrazia nel Paese. Rivolgendosi agli studenti che guidano il movimento pro-democrazia, il porporato ha elencato alcune delle molte sfide che si trovano ad affrontare oggi, come “la violenza brutale contro il popolo, che rende sempre più impossibili le assemblee pacifiche; la paura, la depressione e l’ansia per il futuro”, e ha riconosciuto il valore e il contributo del loro movimento al Paese. Anche se “il vostro – ha affermato – è un movimento nazionale, fondato sui valori della democrazia, della non-violenza, dell’uguaglianza e della solidarietà, e cerca di portare giustizia a tutti”, oggi, con il crescente numero di morti, “vi chiederete se la lotta armata possa essere la risposta migliore alla repressione quotidiana e alla brutalità che vi trovate ad affrontare” ha sottolineato il porporato. Ma la via della lotta violenta, nche se inizialmente ecciterà qualcuno, a lungo termine – ha aggiunto – alienerà la maggioranza, e perderà il sostegno non solo in patria ma anche all’interno della comunità internazionale”.
Il sostegno della Chiesa a protezione della vita delle persone
Il cardinale, ricordando come il movimento dei giovani si sia “guadagnato finora l’attenzione, la solidarietà, l’ammirazione e il sostegno di tutto il mondo”, si appella a loro, affinché rimangano determinati e disciplinati, assicurando l’impegno suo e della Chiesa a sostenere tutti gli sforzi e gli interventi non violenti e pacifici, per ridurre la violenza nelle strade e per proteggere la vita delle persone”. Dinanzi a questa situazione drammatica, anche la Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche si è unita ai ferventi appelli per la fine della violenza nel Paese pronunciati da Bo, condannando la violenza militare contro civili innocenti, poiché “la violenza non è mai una soluzione; la forza non è mai una soluzione. Porta solo a più dolore e sofferenza, più violenza e distruzione”.