Tiziana Campisi – Città del Vaticano
La Fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre ha indetto per il primo febbraio una Giornata di preghiera per il Myanmar, dove, a un anno dal colpo di Stato, si registra una escalation di violenze e bombardamenti e il bilancio è di oltre 1.400 persone uccise, di cui almeno 50 bambini, e più di 10 mila arrestate. Tra loro anche sacerdoti cattolici e pastori protestanti. Nel Paese la risposta dei militari alle massicce manifestazioni contro il loro abuso di potere è stata spietata e brutale e la Chiesa locale continua a lanciare appelli per la pace. Alla loro voce si è unita quella del Papa che, nel messaggio natalizio Urbi et Orbi, ha pregato per il Myanmar. E proprio accogliendo l’appello della Conferenza episcopale cattolica dello scorso 14 gennaio, in segno di comunione con la Chiesa locale, la Fondazione di diritto Pontificio invita a pregare per la nazione asiatica. “Incoraggiamo fortemente tutte le nostre diocesi cattoliche a promuovere la pace nel nostro Paese attraverso tutti gli sforzi possibili, specialmente attraverso le preghiere – avevano scritto i vescovi in una dichiarazione -. Con il nostro accompagnamento pastorale, porteremo conforto nel bisogno. Il nostro servizio raggiungerà ogni persona in questo Paese senza distinzione di razza o religione”.
Le aree più disagiate del Paese
I presuli, dichiaratisi “dalla parte della giustizia, della pace, della riconciliazione”, avevano chiesto di facilitare l’accesso umanitario a sofferenti e sfollati perché potessero ricevere assistenza di base. “La dignità umana e il diritto alla vita non possono mai essere compromessi – avevano affermato -. Chiediamo con forza il rispetto della vita, il rispetto della sacralità dei santuari nei luoghi di culto, l’integrità degli ospedali e delle scuole”. I vescovi avevano inoltre espresso “preoccupazione per la crescita vertiginosa dei rischi per la vita e la sicurezza di persone innocenti e in particolare degli sfollati interni”, “indipendentemente da razza e fede”, precisando che in migliaia sono in fuga, e sono milioni quanti muoiono di fame”. Tra le regioni più colpite vi sono gli Stati di Chin, Kayah e Karen – informa Aiuto alla Chiesa che Soffre – dove da metà dicembre, quando la fine della stagione delle piogge ha facilitato gli spostamenti, la repressione si è intensificata, soprattutto nel Sud-Est. Questi Stati comprendono una consistente popolazione cristiana, e Acs ha appreso che almeno 14 parrocchie nello Stato di Kayah sono state abbandonate. Molti sacerdoti e membri di ordini religiosi hanno accompagnato la loro gente, rifugiandosi nella giungla o in villaggi remoti. Altri rimangono in centri quasi deserti. Nelle ultime settimane, uno dei principali obiettivi degli attacchi dell’esercito è stato Loikaw, la capitale dello stato di Kayah. Tra le migliaia di profughi provenienti dalle aree circostanti vi sono anche 300 sfollati interni che si sono rifugiati nel complesso della cattedrale. La maggior parte di questi sono anziani, donne, disabili e bambini che non hanno un posto dove andare o mezzi per fuggire.
Cresce il numero degli sfollati
Il massacro di almeno 35 civili, uccisi, bruciati e mutilati a Natale nel villaggio di Mo So, nello Stato di Kayah, è un’altra delle atrocità che ha scosso la popolazione. Gli attacchi aerei nello Stato di Karen hanno inoltre costretto migliaia di persone a fuggire attraverso il confine con la Thailandia. Secondo l’UNHCR, il 17 gennaio scorso il numero ufficiale di sfollati all’interno del Myanmar ha raggiunto le 405.700 unità. L’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari stima che il numero di birmani a rischio povertà nel corso del 2022 salirà a 25 milioni, di cui 14,4 milioni potrebbero aver bisogno di aiuti umanitari. Con l’intensificarsi dei combattimenti, considera Acs, la Chiesa si trova di fronte a un compito che le è tristemente familiare, a causa dei conflitti che hanno afflitto il Myanmar in passato: occuparsi del numero sempre crescente di sfollati interni, ai quali viene offerto sostegno, indipendentemente dal credo religioso.