Marco Guerra – Città del Vaticano
Giornata di sciopero generale oggi in Myanmar contro il colpo di Stato compiuto dai militari. Negozi, banche e fabbriche sono chiusi ed alle dimostrazioni in piazza partecipano anche agricoltori e dipendenti del settore privato, oltre ai lavoratori del pubblico impiego. Almeno nove sindacati di diversi settori, tra cui l’edilizia e l’agricoltura hanno chiesto a “tutto il popolo del Myanmar” di interrompere il lavoro per sabotare il colpo di Stato dello scorso primo febbraio e ripristinare il Governo eletto della leader politica Aung San Suu Kyi.
Tensioni nelle città
Secondo le testimonianze raccolte dalla stampa internazionale, le truppe hanno sparato in aria in diversi punti del Paese del sud-est asiatico e stanno controllando le auto nel centro di Yangoon per evitare che i manifestanti si radunassero. Si segnalano manifestanti anche a Dawei, una città costiera nel sud, che sarebbero protetti dall’Unione Nazionale Karen, un gruppo etnico armato che ha ingaggiato una guerra di lunga durata con i militari.
L’appello dei sindacati
Consentire la prosecuzione degli affari e delle attività economiche aiuterebbe i militari “poiché reprimono l’energia del popolo birmano”, affermano i sindacati in un comunicato. I manifestanti hanno sventolato bandiere modellate da htamain (parei femminili), le hanno appese per celebrare la Giornata internazionale della donna. Il leader della protesta Maung Saungkha su Facebook ha esortato le donne a schierarsi con forza contro il golpe dei militari.
Bilancio di morti e arresti
Intanto la repressione nei confronti dei manifestanti è andata avanti anche nel fine settimana con raid e arresti. Secondo le Nazioni Unite, la polizia e l’esercito hanno ucciso più di 50 persone per reprimere le manifestazioni e gli scioperi dall’inizio del colpo di Stato. In riferimento allo stesso periodo, l’associazione di assistenza ai detenuti parla di 1800 persone arrestate.
Le sanzioni dell’Australia
Sul fronte della diplomazia internazionale, dopo l’appello a prendere “misure forti” lanciato dall’inviata delle Nazioni Unite per la Birmania, Christine Schraner Burgener, è arrivato l’annuncio di sanzioni da parte dell’Australia. Il ministro degli Esteri di Canberra ha infatti reso noto che il suo Paese ha deciso di sospendere la cooperazione militare con il Myanmar e di inviare i suoi aiuti economici a organizzazioni no profit operative del Paese anziché al Governo.