“L’immediata cessazione della violenza in Myanmar è un primo passo imperativo verso la soluzione di una crisi che è già costata oltre 750 vite, incluse quelle di bambini piccoli, per mano delle forze di sicurezza”. Lo dichiara Tom Andrews, il relatore speciale dell’Onu per i diritti umani nel Paese asiatico, in una lettera indirizzata a Min Aung Hlaing, il capo della giunta militare che ha preso il potere con un golpe il primo febbraio.
Il rappresentante delle Nazioni Unite ha esortato la giunta a impegnarsi pubblicamente a rispettare il diritto fondamentale del popolo del Myanmar di «esprimere liberamente le proprie idee», incluse le critiche alla giunta, «senza timore di essere feriti, uccisi o arrestati arbitrariamente». Andrews ha chiesto inoltre alla giunta di «rilasciare senza condizioni tutti i prigionieri politici detenuti dal primo febbraio» e di «accettare immediatamente una visita dall’inviato speciale dell’Asean consentendogli accesso a tutte le parti coinvolte, incluso il presidente del Myanmar Win Myint e il consigliere di Stato Aung San Suu Kyi».
Continuano intanto le proteste: i manifestanti sono scesi in piazza anche lunedì scorso contro il regime militare. Limitati i mezzi di comunicazione, con tagli notturni di internet per 70 giorni e un calo della copertura mobile.