Il presidente del Tribunale vaticano Pignatone ha interrogato oggi, 24 maggio, i due attivisti di “Ultima Generazione”, imputati di danneggiamento aggravato, per aver incollato le loro mani al basamento del famoso gruppo scultoreo di epoca romana con un adesivo molto “tenace e corrosivo”. Ascoltati tre testimoni dell’accusa, tra cui il restauratore dei marmi dei Musei Vaticani che ha confermato il danno permanente, mascherato con un restauro. Il 12 giugno discussione e, probabilmente, sentenza
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Si è tenuta questo pomeriggio, nell’aula del Tribunale vaticano, la seconda udienza del processo per il danneggiamento del basamento in marmo del gruppo scultoreo del Laocoonte dei Musei Vaticani, a carico di tre attivisti per il clima del gruppo “Ultima generazione”. Erano presenti i due imputati del reato di danneggiamento grave, Guido Viero, 62 anni, ed Ester Goffi, 26, che il 18 agosto del 2022, intorno alle 10.30, hanno incollato le loro mani al basamento del Laocoonte, gruppo marmoreo di epoca romana, databile intorno al 40 avanti Cristo, intorno al quale sono nati più di 500 anni fa i Musei Vaticani, per lanciare un allarme sull’emergenza climatica. Assente invece Laura Zorzini, l’attivista che li ha fotografati e ripresi col cellulare, inviando le immagini in rete, e accusata di trasgressione “a un ordine legalmente dato dall’autorità competente”, per essersi rifiutata di essere accompagnata al comando della Gendarmeria vaticana.
Ascoltati i testimoni
In poco più di 45 minuti, il presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha interrogato i due imputati presenti, assistiti dai difensori d’ufficio Rita Claudio Baffioni, Cristiana Arru ed Emilio Artiglieri. Domande sono arrivate anche del promotore di giustizia, Catia Summaria, per l’accusa, dalle difese e dal legale dei Musei Vaticani, che si sono costituiti parte civile, Giuseppe Puglisi Alibrandi, dell’ufficio giuridico del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Sono stati poi ascoltati tre testimoni dell’accusa, due gendarmi intervenuti nel Cortile Ottagono che ospita il Laocoonte, che hanno confermato le loro relazioni agli atti, e il responsabile del Laboratorio restauro marmi e materiali lapidei dei Musei Vaticani Guy Devereux.
Interrogatorio
All’inizio dell’interrogatorio, Viero ha dichiarato che durante la loro “manifestazione” qualcuno “mi ha chiesto se mi vergognavo di quello che stavo facendo. Ho 62 anni, sono padre e anche nonno e mi sento responsabile verso mia figlia e mia nipote, ma vedo che lo Stato italiano non sta proteggendo i suoi cittadini, come le vittime dell’alluvione in Romagna”. Quindi “non mi vergogno – ha proseguito – perché ho deciso di fare qualcosa per loro e le future generazioni. Abbiamo scelto Laocoonte perché cercò di avvertire i concittadini di Troia della sventura che stava per capitare e non fu ascoltato. Anche noi vogliamo fare aprire gli occhi, ma il mondo non capisce che se non si cambia rotta si va verso la catastrofe”. A domanda del presidente Pignatone, l’attivista ha ammesso di aver agito in Vaticano per dare risalto mediatico alla protesta “e per portare l’attenzione sul dramma del cambiamento climatico e l’urgenza di agire”.
La difesa
Sia Viero che Ester Goffi hanno dichiarato, sollecitati dalle difese, di non aver voluto danneggiare né cose né persone, e di essersi informati sugli effetti della colla ciano-acrilica utilizzata : “Ci è stato detto che si toglie facilmente con l’acetone”. La Goffi, interrogata dall’avvocato di parte civile Puglisi Alibrandi, ha specificato che professionisti del settore “ci hanno spiegato come rimuovere l’adesivo, che non avrebbe procurato danni alla pelle”. Infine che sul marmo “faceva presa ma comunque era reversibile”. Il legale dei Musei Vaticani ha contestato questa affermazione, ricordando la dichiarazione degli attivisti consegnata al Tribunale il primo marzo 2023, nella quale si parla della consapevolezza di “presumibili danni concreti” al basamento, ma che “non ne alterano la stabilità, danni puramente estetici, e non visibile dal pubblico che ammira l’opera oltre un cordone”. A domanda della sua difesa, Goffi ha confermato di aver tenuto nella borsa (non sequestrata dalla Gendarmeria) una piccola bottiglietta di solvente “come soluzione di emergenza per staccarci, ma non è stata necessaria. È stato usato acetone per staccarci le mani, e la maggior parte della colla è rimasta attaccata alla mia mano”.
Ascoltato il responsabile del restauro
Infine è stato ascoltato il responsabile del restauro Guy Devereux, che ha dichiarato che è stata necessaria una settimana di lavoro, “meno del previsto”, per restaurare il basamento, realizzato nel 1815, che i Musei Vaticani considerano comunque parte integrante del gruppo scultoreo. Ha confermato quanto scritto nella relazione, parlando di “danno causato dall’applicazione di un adesivo sintetico tenace e corrosivo”. Nei punti nell’incollaggio la superfice del marmo era macchiata, “sbiancata e corrosa”. A domanda di Pignatone, Devereux ha detto che la superfice marmorea “è stata ritoccata per rendere uniforme il colore”. C’è stato quindi un danno permanente, “anche se lo abbiamo mascherato, con un intervento pittorico”. Su richiesta della parte civile, il restauratore ha sottolineato che per applicare le etichette come ausilio per le audioguide, i Musei usano “un adesivo assolutamente reversibile, che può essere rimosso”.
Prossima udienza
Poco prima delle 17, il presidente Pignatone, ha rinviato il processo al 12 giugno alle 14.30, quando è prevista la discussione delle parti, e, probabilmente, la sentenza. E inoltre chiesto alla parte civile di depositare in settimana l’attestazione della spesa effettivamente avuta dal Governatorato per il restauro.