Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Un grido squarcia il silenzio del venerdì santo. E’ quello di Maria di Cleofa con le braccia alzate al cielo. Con lei ci sono Maria Maddalena che piange disperata, l’anziana Madre di Gesù con il volto scalfito dal dolore e Giovanni nel gesto di dare l’ultima carezza al Maestro amato. Esanime e livido il corpo di Gesù è sorretto da Nicodemo, che attira il visitatore con il suo sguardo magnetico. Il gruppo, come un altorilievo, emerge dall’oscurità, inondato dalla luce della grazia, nella Deposizione dipinta da Caravaggio per la Cappella della famiglia Vittrice nella Chiesa Nuova tra il 1602 e il 1604.
La pietra scartata
Intensa e monumentale, la tela ad olio, 300×203 cm, guida attraverso i suoi contrasti di luce e ombra lo sguardo di chi la osserva. Ad amplificare l’impatto emotivo è l’angolatura del grande pietrone su cui poggiano i protagonisti: è la lastra che sigillerà la tomba, ma è soprattutto la pietra dell’unzione, il lapis untionis dei riti antichi, su cui verrà disteso il corpo di Cristo per essere lavato, unto e profumato. Un elemento che rimanda anche al Salmo 118 e alla “pietra scartata diventata testa d’angolo”.
Il sacrificio eucaristico
Gesù è infatti pietra scartata dalla storia. Caravaggio dipinge con crudo realismo le ore seguite all’abbandono e al rinnegamento da parte dei discepoli, il momento in cui la morte sembra aver vinto. Ma il pittore, in accordo con il programma iconografico post-tridentino suggerito dai padri oratoriani di san Filippo Neri a cui era affidata la Chiesa Nuova, identifica in Cristo la pietra su cui è fondata la Chiesa, “corpo mistico di Cristo”. La concreta raffigurazione del peso delle spoglie senza vita di Gesù rimanda alla reale presenza del corpo di Cristo nell’Eucarestia.
La base rossastra della tela su cui Caravaggio stende velature di colore enfatizza il pathos della scena. Singolare la scelta dei personaggi rappresentati: è operata fondendo iconografie diverse, da quella del ‘Seppellimento del corpo di Gesù’ che nei Vangeli vede la presenza di Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo, Maria Maddalena e Maria di Cleofa, a quella della ‘Pietà’ dove invece compaiono la Vergine e San Giovanni.
L’eco di Michelangelo
La celebre Pietà di Michelangelo Buonarroti ispira Caravaggio nella posa del Cristo, ma non è l’unico riferimento stilistico al passato. Il dipinto infatti è frutto di una rielaborazione di immagini paleocristiane e di altre desunte da capolavori rinascimentali come la ‘Deposizione Baglioni’ di Raffaello o il ‘Seppellimento’ di Tiziano. Non manca uno sguardo al classicismo secentesco del contemporaneo Annibale Carracci. Con la sua potenza espressiva l’opera ha ispirato fino ad oggi generazioni di artisti da Rubens a Fragonard, da Gericault a Cèzanne.
Un capolavoro
La tela che da un punto di vista stilistico rimanda ai dipinti caravaggeschi della Cappella Cerasi in Santa Maria del Popolo, è stata considerata da subito un capolavoro. Quella che il critico secentesco Giovanni Baglione definì “la miglior opera” di Caravaggio, fu l’unica sua ad essere requisita durante le depredazioni napoleoniche.
Subito sostituita nella Chiesa Nuova da una copia, fu recuperata nel 1815 e cinque anni più tardi entrò a far parte delle collezioni pontificie. L’attuale allestimento del quadro nella Pinacoteca Vaticana è quello curato da Biagio Biagetti ed inaugurato da Papa Pio XI nel 1932.