Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Alla Mostra internazionale d’arte cinematografica che il 31 agosto apre al Lido di Venezia la sua edizione numero 79, la Fondazione Ente dello Spettacolo (Feds) porta tre registi di grande valore, ospiti nel suo spazio nell’Hotel Excelsior, dove la Rassegna è nata 90 anni fa. Innanzitutto il vincitore del Premio Robert Bresson 2022, il riconoscimento che la Fondazione, organismo attraverso il quale la Chiesa italiana dialoga con il mondo del cinema, assegna da 23 anni ai registi che nelle loro opere ricercano il “significato spirituale della nostra vita”. Quest’anno la scelta è caduta sul giapponese Hirokazu Kore’eda, 60 anni, Osella d’oro per la miglior regia a Venezia nel 1995 con Maborosi, il suo lungometraggio d’esordio, e Palma d’Oro a Cannes nel 2018 con Un affare di famiglia.
Un premio assegnato da 23 anni
Kore’eda, che quest’anno ha presentato sempre a Cannes il suo ultimo film Le buone stelle – Broken, in sala in Italia dal 22 settembre, riceverà il premio il 6 settembre alle 12 nello Spazio Feds, che la Fondazione abita dal 1987, quindi da ormai 35 anni. Insieme al Pontificio Consiglio della Cultura, al Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede e all’Istituto Giapponese di Cultura, che patrocinano il Premio Bresson, Feds riconosce di Kore’eda “la sua capacità di indagare sui legami familiari, di amicizia e parentali – spiega a Vatican News il presidente monsignor Davide Milani – il loro senso, le condizioni di possibilità e di autenticità, il rapporto personale con la memoria, la questione fondamentale della verità”.
La motivazione: innovativo incontro di tradizione e modernità
“Punto di riferimento fondamentale della nuova leva registica giapponese – si legge nella motivazione del premio – Kore’eda è il regista che più di ogni altro ha saputo aggiornare i canoni della scuola nipponica, indicando attraverso una poetica estremamente intima e personale il punto in cui tradizione e modernità si guardano, si sfidano, si abbracciano”. E se i suoi coetanei “hanno continuato a interrogarsi sulla generatività del trauma (l’atomica, da Hiroshima a Fukushima) nella mentalità e nella cultura del proprio Paese”, Kore’eda ha preferito indagare “la coscienza del Giappone” nell’orizzonte “dell’occidentalizzazione del gusto e dei costumi, ponendo questioni decisive come la memoria, la morte, la famiglia, l’amore”.
Ravasi: insegna che la società cresce se accetta le debolezze
Per Milani il regista giapponese, anche ne Le verità, che ha aperto la Mostra di Venezia del 2018, e nel quasi dimenticato Nessuno lo sa del 2004, “ha saputo indagare nell’animo umano, anche quello di una madre che abbandona i figli per seguire un nuovo amore, fatto che in quest’estate è diventato di tragica attualità”. E lo fa “con uno sguardo pulito, essenziale, per sottrazione, che ci piace molto”. Secondo il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, con Kore’eda il Premio Bresson “continua la tradizione di onorare i registi che hanno dimostrato grande attenzione alla fragilità degli altri, intrecciando storie di relazioni che esplorano le dinamiche dell’identità, con intuizioni inaspettate che rivelano sia la natura interconnessa del nostro mondo sia come la società fiorisca quando percepisce e accetta le debolezze altrui”.
Ruffini: racconta l’uomo che ricerca se stesso
Raccontare “la storia dell’uomo che ricerca se stesso, è un impegno che attraversa tutto il cinema intimo, trasparente, meditativo di Kore’eda” evidenzia Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede. Il regista giapponese, per Ruffini, “è un maestro che ogni volta ci regala la possibilità di vedere le cose e di vedere dentro le cose. E di guardare al nostro quotidiano, ai suoi gesti quotidiani e alla sua umanità così ricca e profonda, alla luce della speranza, celebrando la singolarità dell’essere umano e la sua volontà di farsi, di essere comunità”.
L’ambasciatore del Giappone: c’è lo sguardo di chi è ai margini
Anche l’ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede Okada Seiji sottolinea che “nelle opere di Hirokazu Kore’eda il tema della famiglia compare in diverse forme”. Il regista, per il diplomatico giapponese “descrive con calma, attenzione e talvolta umorismo, il mondo attraverso lo sguardo delle persone e dei bambini che vivono ai margini della società”. E fa notare che il prestigioso premio viene consegnato per la prima volta ad un regista giapponese, proprio nell’anno in cui si celebra l’80° anniversario dei rapporti diplomatici tra Giappone e Santa Sede.
Al tedesco Reitz il premio per i 75 anni dell’Ente Spettacolo
Accanto a Kore’eda, verranno premiati nello Spazio Feds alla Mostra del Cinema di Venezia anche il regista tedesco Edgar Reitz e il polacco Krzysztof Zanussi. Reitz, 89.enne autore dell’indimenticabile serie Heimat, riceverà l’ 8 settembre, alle 10.30, il Premio Speciale per il 75.mo della Fondazione Ente dello Spettacolo insieme a Giornate degli Autori. “Un intellettuale che ha saputo conciliare il mito e storia – si legge nella motivazione – con un racconto corale”, attraverso “uno sguardo poetico e civile, epico e lirico, capace di incrociare la complessità della realtà sociale con un’appassionata cronaca familiare”.
Milani: ha rilanciato il cinema tedesco dopo la catastrofe del nazismo
“Siamo davanti ad un maestro che ha innovato il cinema – ci spiega monsignor Milani – e contribuito al suo rilancio in una Germania da poco uscita dalla catastrofe del nazismo e della seconda guerra mondiale”. Celebriamo, aggiunge, un grande autore del cinema europeo, “e al tempo stesso celebriamo la nostra storia”. Grazie all’Ente dello Spettacolo e a Giornate degli autori, che presenteranno durante la Mostra le prime parti della versione restaurata di Heimat 2, Reitz torna a Venezia dove nel 1984 presentò, con grande successo Heimat, nel 1992, proprio Heimat 2 e infine nel 2013 il quarto capitolo L’altra Heimat, cronaca di un sogno.
“Zanussi, uomo decisivo nella cultura europea”
Il terzo grande regista ad essere premiato nello Spazio Feds durante la 79.ma Mostra del Cinema di Venezia sarà l’83.enne Krzysztof Zanussi, che il 1 settembre alle 14.30, riceverà un riconoscimento da Famiglia Cristiana, il settimanale cattolico che quest’anno compie 90 anni, come la rassegna cinematografica della Biennale. Leone d’argento a Venezia con il film L’Imperativo, nel 1983, il regista polacco, ricorda monsignor Milani, “è un uomo decisivo nella cultura europea” che “non ha mai nascosto la sua fede, l’ha sempre raccontata, a volte è stato osteggiato, proprio perché si è manifestato dichiaratamente cristiano, non solo per il celebre film Da un paese lontano, la biografia di Giovanni Paolo II, ma anche per il suo impegno civile”. Con monsignor Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo, ripercoriamo, alla vigilia dell’apertura della 79.ma Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, i diversi aspetti di questo evento:
La Mostra del Cinema di Venezia in questo 2022 compie 90 anni e la Fondazione Ente dello Spettacolo 75. Come pensate di celebrare questi anniversari nel vostro spazio nell’Hotel Excelsior del Lido?
Innanzitutto ribadendo la funzione che Fondazione Ente dello Spettacolo ha rispetto al mondo del cinema e al mondo della cultura. La presenza della Chiesa attraverso la nostra Fondazione vuol essere un luogo in cui enfatizziamo il ruolo del cinema per leggere l’umano, per comprendere le grandi domande che stanno nel cuore dell’uomo, i grandi temi che agitano il nostro vivere insieme, per trovare dentro la cinematografia anche quelle vie e quelle strade verso la speranza, verso la soluzione dei problemi. Quei temi e quei modi di analizzare queste realtà che il cinema offre. Questa presenza alla Mostra del Cinema di Venezia, dice un po’ di tutta la nostra missione: essere un luogo di incontro, luogo di testimonianza cristiana attraverso la potentissima arte cinematografica.
E poi avete scelto tre registi di primissimo piano per festeggiare …
Mai come quest’anno la presenza di Fondazione Ente dello Spettacolo a Venezia è solenne. Abbiamo investito molto su questa edizione della Mostra: per la prima volta portiamo a Venezia tre registi internazionali che non sarebbero stati presenti di loro iniziativa e non sono convocati dalla Biennale, ma vengono grazie a Fondazione Ente dello Spettacolo. Sono Kore’eda, al quale assegneremo il Premio Bresson insieme al Pontificio Consiglio della Cultura e al Dicastero per la Comunicazione. Poi Krzysztof Zanussi, al quale andrà un premio speciale che daremo insieme a Famiglia Cristiana, per il 90 anni del settimanale cattolico che da sempre racconta il cinema e che ha gli stessi anni dalla Mostra del Cinema, che quest’anno celebra i 90 anni dalla sua fondazione. E poi avremo con noi anche un grandissimo regista tedesco, Edgar Reitz, che saranno nello spazio della Fondazione per celebrare i 75 anni della Feds, che ricordiamo in modo particolare anche a Venezia. Tre registi molto importanti, di fama mondiale che arricchiranno e daranno lustro alla nostra presenza a Venezia.
Cominciamo dal Premio Bresson 2022 al giapponese Kore’eda. Quali sono i temi della cinematografia del regista che vi hanno portato a questa scelta?
Uno su tutti: la sua capacità di lavorare sui legami umani, sui legami familiari, di amicizia e parentali. La sua filmografia è attraversata ed è segnata da questi temi. Ovviamente tutti pensiamo a un film che più di altri nella cinematografia di Kore’eda ha toccato ed esaltato questi temi, Un affare di famiglia, con il quale ha vinto il Festival di Cannes, ma anche in tutte le sue opere. Pensiamo al penultimo film, che ha presentato proprio a Venezia, che è stato il film di apertura della Mostra nel 2018, Le verità, dove indagava dentro la vicenda di questa famiglia, i legami sentimentali e sulla natura, sulla sincerità e sulla rappresentazione della vita di ciascuno. Questo sguardo sulla famiglia, sulle relazioni, ci ha molto colpito. Vorrei citare anche un altro film, purtroppo dimenticato, di Kore’eda, molto d’attualità, sarebbe da rivedere. Si intitola Nessuno lo sa, del 2004 in cui il regista giapponese raccontava la vicenda di una madre che per seguire le sue ambizioni sentimentali e il disordine dei suoi affetti, lascia da soli, scappando, quattro figli, un ragazzino più grande e tre molto piccoli. Il film racconta la vicenda di questi bambini che se la devono cavare drammaticamente da soli e nessuno sa, né i vicini di casa, né le persone che stanno vicine a questi bambini, che sono senza la mamma, che è partita. Un fatto che purtroppo in queste settimane è diventato di tragica attualità e che non è più un film ma è cronaca. Kore’eda aveva già indagato dentro l’animo umano, dentro l’anima di questa madre che aveva abbandonato i figli. Questo per dire la natura della sua indagine. E poi ci piace di Kore’eda il suo sguardo pulito, essenziale: siamo in un’epoca in cui siamo travolti da immagini, spesso anche inutili. Il suo sguardo per sottrazione ci piace molto, dice molto della nostra idea di cinema.
Veniamo poi al Premio speciale per i 75 anni dell’Ente dello Spettacolo insieme a Giornate degli Autori, al maestro tedesco Reitz. Quali sono le motivazioni?
Celebrando i nostri 75 anni siamo davanti ad un regista che nella sua opera, fatta di pochi titoli ma maestosa per durata, infatti ha realizzato serie come Heimat, pensate in quasi tutti i casi per la televisione, con tantissime puntate. Un racconto nel quale il regista narra di sè, della sua famiglia, della memoria e della storia di un Paese, la Germania, che era appena uscito dalla catastrofe del nazismo e della seconda guerra mondiale. Con questo sguardo che racconta la storia di un paese inventato com’era Heimat, ma che nella testa del regista era molto presente. C’è nelle sue opere questa compenetrazione di biografia personale e storia di un Paese. Forse dovremmo tornare a questo sguardo, abbiamo bisogno di tornare alla nostra storia, di leggerci collocati, situati dentro la storia. Che non è semplicemente uno svolgersi di fatti che sta fuori da noi, che noi apprendiamo, ma noi facciamo la storia, noi siamo anche il frutto della storia che le comunità che abitiamo hanno costruito. Questo aspetto ci ha colpito molto, ed è molto in sintonia con quello che stiamo celebrando, e siamo anche davanti anche ad un maestro che ha innovato il cinema. In un momento di crisi delle arti e sociale della Germania, dopo la seconda guerra mondiale, ha testimoniato la possibilità di continuare a fare cinema. Con molta fatica, ma anche con molta lungimiranza e sapienza, la risposta di Reitz è stata “sì”, ed ha creato un modo nuovo di raccontare, un modo nuovo di fare cinema e ha contribuito al rilancio della filmografia europea di cui è un capostipite.
Infine porterete al Lido di Venezia, insieme a Famiglia Cristiana, il regista polacco Krzysztof Zanussi, che è già stato con voi al Lecco Film Fest di luglio…
E’ una bellissima collaborazione, innanzitutto con Famiglia Cristiana, con la quale ci lega un rapporto di amicizia. Il direttore Stefano Stimamiglio ci ha chiesto la possibilità di collaborare per celebrare questo loro importante anniversario, 90 anni in questo settimanale, che da sempre ha raccontato il cinema. Insieme ci siamo chiesti come celebrare questo anniversario a Venezia, dove la Mostra non è alla 90.ma edizione, ma è nata 90 anni fa, proprio nell’Hotel Excelsior, negli spazi che Fondazione Ente dello Spettacolo adesso abita a Venezia. Zanussi è un amico di Feds, un altro grande regista europeo, polacco, che è stato premiato alla Mostra del Cinema di Venezia nel pieno della sua attività, con L’imperativo (Leone d’argento nel 1983, n.d.r.), mentre Reitz e Kore’eda sono stati premiati all’inizio della loro carriera. Abbiamo deciso di premiarlo perché il suo sguardo, il suo modo di fare cinema, riguarda molto il tipo di racconto che fa Famiglia Cristiana, oltre che essere vicino alla Fondazione.
Un uomo che non ha mai nascosto la sua fede, l’ha sempre raccontata, a volte è stato osteggiato, proprio perché si è manifestato dichiaratamente cristiano, non solo per il celebre film Da un paese lontano, la biografia di Giovanni Paolo II, ma anche per il suo impegno civile. E’ stato con noi al Lecco Film Fest e ci ha aiutato a rileggere la storia dell’Europa, della quale anche lui è stato protagonista. Una rilettura della storia fatta da un uomo di cultura, polacco, figlio di un Paese è sempre stato cerniera tra Oriente e Occidente, tra est e ovest, e che è ancora nel cuore di grandi tensioni. Quindi è un premio a un uomo decisivo, fondamentale, nella cultura europea, che abbiamo bisogno di riascoltare e anche un po’ di riscoprire.