Morto a Roma Dino Impagliazzo, una vita dedicata ai poveri

Vatican News

Gabriella Ceraso – Città del Vaticano

Un uomo “innamorato” dei poveri, nei quali vedeva e serviva Gesù. Dino Impagliazzo, 91 anni, fondatore dell’associazione RomAmoR, membro dei Focolari, nominato due anni fa commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica italiana proprio per la sua “preziosa opera di distribuzione di pasti caldi e beni di prima necessità ai senzatetto” di Roma, è morto nel pomeriggio di ieri.

Lo chef dei poveri

Sardo di origine, romano di adozione, era conosciuto nella capitale come lo “chef dei poveri”. Già nel 2018 aveva ricevuto il prestigioso ‘Premio Internazionale Cartagine 2.0 nella sezione ‘Solidarietà’ destinato a coloro che hanno contribuito in Italia e all’estero alla diffusione della cultura e del sapere in diversi settori. Nel 2016 aveva incontrato Papa Francesco al Villaggio per la Terra a Villa Borghese, e aveva portato al Pontefice il saluto da parte di tutti i barboni di Roma.Tanti i suoi interventi nelle scuole e nelle università per riflettere e far riflettere con schiettezza e semplicità sul “valore dell’altro”. Dino lascia la famiglia di quattro figli, tra cui Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ma soprattutto lascia nei tanti che ha incontrato di ogni razza e religione, una eredità preziosa in Italia e nel mondo, è l’eredità del Vangelo vissuto nelle parole di Gesù: “Qualsiasi cosa avete fatto a questi piccoli l’avete fatta a me“.

Da Roma al mondo per servire il prossimo

Quando Papa Francesco dice “che chi non riconosce i poveri tradisce Gesù” o che “non dobbiamo lasciarci contagiare dall’indifferenza”, parla anche della vita di Dino che, davanti adun bisognoso per strada o in carcere, a una persona sola o in difficoltà, a un terremotato, a uno sfollato che lo cercava per chiedere aiuto, non ha mai detto di no, non si è mai girato dall’altra parte, fidandosi con pienezza della divina Provvidenza. Infatti la scintilla che ha acceso la sua RomAmoR Onlus – nata col nome di “Quelli del quartiere”, e con la preparazione nelle case di quanto necessario che oggi conta 300 volontari e fornisce pasti a oltre 250 persone – è scoccata dopo la richiesta di un panino da parte di un povero tanti anni fa. Da lì i panini sono diventati decine e centinaia e poi pasti caldi, minestre, macedonia per una infinità di persone grazie a una rete di solidarietà che è arrivata anche all’estero ma che è partita dalla famiglia e poi ha coinvolto il condominio, il quartiere e poi ancora la città con i suoi negozianti, i supermercati, i mercati rionali, le organizzazioni che forniscono cibo in avanzo e tante persone comuni, guidate, anzi contagiate da Dino e dal suo impegno senza sosta perché “Roma si trasformi in una città ospitale in cui tutti si vogliono bene” come amava ripetere. Ma l’amore non ha confini e così prima ancora di RomAmor, Dino ha collaborato con Madre Teresa di Calcutta in Romania e nell’est Europa e con lui la sua famiglia e i figli che ha formato a “uscire” per tessere relazioni di fratellanza con il mondo intero.

L’amore donato porta sempre frutto

Al fianco di Dino sin dall’inizio della sua avventura per i più bisognosi c’è stata, con tanti altri, Gina Riccio che oggi ricorda e racconta cosa hanno significato questi anni insieme. “Ho vuto l’onore di conoscere e incontrare lo sguardo amorevole con cui Dino ha iniziato ad aiutare i senza fissa dimora della Stazione Tuscolana. Ci ha inondati tutti del suo spirito” – racconta con tanta emozione – e alla domanda su quale sia l’eredità che Dino lascia, spiega: è “l’arte di amare, l’arte delle piccole cose, di accompagnare gli ultimi”. Straordinario – confessa – che sia morto proprio nella Giornata mondiale dei nonni e degli anziani, mentre il Papa lanciava ancora una volta il messaggio di cura e di fratellanza specie per i più fragili e mentre il Vangelo narrava del miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci. “Dino ci ha insegnato a guardare gli ultimi non come bisognosi di qualcosa, ma di amore. Ci ha insegnato la relazione, a non aver timore di ciò che manca e a lasciarci trasportare dalla provvidenza. Quando ci accorgevamo sorridendo che mancava qualcosa per rispondere a delle richieste, ecco che ci arrivava sempre olio, cibo, pacchi da qualcuno che non aspettavamo. Davanti a questo Dino ci ha sempre spronato e portato la testimonianza che solo l’amore resta e porta con sè una sinergia di intenti che permette di non fermarsi alle chiusure o agli ostacoli. Andare sempre verso l’altro, donare sempre con fiducia, ci diceva.” Anche negli ultimi giorni, conclude Gina Riccio, quando stava più male, si preoccupava di come svolgessimo il nostro impegno: “Voleva essere in prima linea e anche da lontano ci chiamava e ci sollecitava. Uno spirito combattivo il suo e pronto a far fruttare lo spirito di unità: apriamo sempre il cuore, ci diceva, proviamoci sempre”.

Ascolta l’intervista a Gina Riccio

L’essenza del Cristianesimo è: ama Dio e ama il prossimo

Così anche anche in una intervista a Vatican News nel dicembre scorso, quando aveva ricevuto la telefonata dal Quirinale per la consegna dell’onorificenza che lo includeva nel gruppo di 32 persone considerate “eroi dei nostri giorni” per il loro alto impegno in vari ambiti, e quindi di esempio per il Paese. “ Da soli – ci diceva in quella occasione – non si può fare nulla, la strada è in chi ci sta accanto. Se non ami il tuo prossimo non ami neanche Dio, questa è l’essenza del cristianesimo”.