Tiziana Campisi – Città del Vaticano
“Il corpo dei nostri fratelli che muoiono tentando di raggiungere l’Europa, proprio nei giorni in cui questa Europa celebra la Giornata della Memoria, ci urla con quanta facilità la storia rischi di ripetersi”: con queste parole l’arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, nel suo messaggio per commemorare le vittime della Shoah, commenta la tragica fine dei sette migranti di nazionalità bengalese morti nella notte fra lunedì e martedì scorsi per ipotermia a poche miglia da Lampedusa. Nell’isola, sono sbarcate circa 280 persone, soccorse dalla Guardia Costiera italiana, provenienti da Bangladesh, Egitto, Sudan e Mali e Libia. “Lasciar morire di freddo qualcuno alle porte dell’Europa, alla porta di ognuna delle nostre case, significa rinnovare il disinteresse e l’indifferenza che ci rende colpevoli – afferma l’arcivescovo di Palermo -. È una coincidenza che ci ammonisce: non possiamo permetterci di guardare con dolore agli stermini che siamo stati capaci di commettere in passato, se allo stesso tempo non siamo capaci di aprire gli occhi su quelli verso cui restiamo inermi nel presente”.
Opporsi ai nuovi orrori
Monsignor Lorefice osserva che in questi giorni “ripetutamente e da più parti” si torna a parlare della “portata della raccapricciante mortificazione della dignità umana che il mondo intero si trovò davanti il giorno in cui furono aperti i cancelli di Auschwitz”, ribadendo “che il dolore di quella mortificazione ci riguarda tutti, perché tutti siamo ancora esposti al rischio di essere emarginati o di emarginare, di ritrovarci vittime o di diventare complici di chi sceglie la strada della sopraffazione verso chi ci sembra diverso e verso chi è più debole”. Da qui l’appello del presule “alle coscienze di tutti” perché ci si accosti “a questo necessario e prezioso momento della Memoria con un senso di responsabilità privo di qualunque ipocrisia dettata dalle circostanze”. Monsignor Lorefice rimarca che farsi “interpreti del significato di un orrore così grande, significa oggi prendere posizione a testa alta e ad alta voce contro nuovi orrori che perdurano” e ricorda quanti sono “morti di stenti, di fatica, di soprusi, di malattia nei lager nazisti, privati dell’identità e di ogni dignità. “Troviamo il coraggio di unirci nel giudicare inaccettabili gli stenti, la fatica, i soprusi, la malattia per cui altri nostri fratelli continuano a morire – prosegue l’arcivescovo di Palermo – nei lager libici, nei deserti che attraversano, nel mare a cui si affidano, nei respingimenti finanziati con i fondi italiani ed europei”. Infine il presule invita a prendere spunto dal “dramma di cui facciamo Memoria” per aprirsi all’accoglienza dell’altro, “perché chi non ricorda il proprio passato è destinato a riviverlo”.
La situazione a Lampedusa
Da Lampedusa, intanto, sono 84 i minori non accompagnati partiti per essere accolti a Porto Empedocle. Nell’isola l’hotspot è al collasso; la struttura, che ha la capacità di 250 posti, accoglieva già 365 ospiti, ora ne conta 645. Ma sono previsti altri trasferimenti sempre a Porto Empedocle. La Procura di Agrigento ha aperto un’indagine per individuare, tra i migranti sbarcati, chi era alla guida del barcone andato alla deriva nei giorni scorsi. I reati cui dovrebbe rispondere sono “morte o lesioni come conseguenza di altro delitto” e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sull’accaduto molte voci di sdegno si sono sollevate nel mondo cattolico. “Siamo già oltre l’indifferenza, siamo all’ostilità perché si continuano a fare scelte precise per escludere” ha detto l’arcivescovo di Agrigento monsignor Alessandro Damiano. La Comunità di Sant’Egidio ha chiesto, invece, un impegno europeo per salvare chi rischia la vita in mare e incrementare i corridoi umanitari.