Lisa Zengarini – Città del Vaticano
“Nelle ultime settimane – ha osservato monsignor Jurkovič, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite a Ginevra, intervenuto stamani al Consiglio per i diritti della proprietà intellettuale attinenti al commercio (TRIPs), presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc)- abbiamo visto come alcuni Paesi e aziende continuino a privilegiare accordi bilaterali, facendo salire i prezzi e tentando di saltare la fila”. Questo nonostante Papa Francesco abbia messo in guardia dal rischio di dare la priorità nell’accesso al vaccino ai più ricchi. Inoltre, l’Osservatore permanente ha evidenziato un altro paradosso: da un lato, la maggior parte dei Paesi del mondo sta registrando ritardi nei programmi di vaccinazione a causa di una produzione insufficiente, mentre, dall’altro, in molti Paesi esistono numerosi impianti di produzione in grado di produrre vaccini sicuri ed efficaci che non possono farlo proprio a causa delle restrizioni sulla proprietà intellettuale.
I vaccini siano un bene pubblico
Secondo la Santa Sede, considerata l’urgenza di tali vaccini nell’attuale emergenza sanitaria, ma anche le ingenti somme investite dagli Stati per il loro sviluppo, essi andrebbero considerati come un “bene pubblico” al quale “tutti dovrebbero avere accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni” richiamato da Papa Francesco. Tuttavia – ha evidenziato il Nunzio apostolico – gli attuali complessi meccanismi per la legittima protezione dei diritti di proprietà intellettuale rappresentano un ostacolo in questo senso. “Anche in tempi ‘normali’ il meccanismo dell’articolo 31bis dell’accordo TRIPs, istituito per aiutare i Paesi con capacità di produzione farmaceutica insufficiente o assente, è stato ampiamente criticato a causa della macchinosità delle sue procedure”, ha osservato, sottolineando che le “politiche e le leggi dovrebbero mantenere una prospettiva incentrata sul rispetto e sulla promozione della dignità umana, in uno spirito di solidarietà all’interno e tra le nazioni”.
Un impegno forte verso l’umanità intera
Di qui la richiesta della Santa Sede di una deroga all’applicazione e implementazione delle sezioni 1, 4, 5 e 7 della seconda parte dell’accordo, per la prevenzione, il contenimento o la cura del Covid-19. La decisione di concedere questa deroga – ha concluso monsignor Jurkovič – sarebbe un “segnale forte che dimostrerebbe un impegno reale” e quindi la volontà di passare “dalle parole ai fatti nell’interesse di tutta la famiglia umana”.