Chiesa Cattolica – Italiana

Monsignor Gudziak: l’Ucraina ha bisogno di ucraini che si amino

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

Sono passati 30 anni da quel 24 agosto 1991 in cui il popolo ucraino riconquistò la propria indipendenza, dal giorno in cui, dopo oltre 70 anni di regime sovietico, l’Ucraina ha potuto riprendere il suo cammino come uno Stato libero. Un nuovo corso era iniziato, anche per la Chiesa greco-cattolica ucraina, a lungo perseguitata dal governo sovietico. “Abbiamo ottenuto l’indipendenza, però questo è solo l’inizio: dobbiamo impegnarci per costruire le basi morali e spirituali per la nostra convivenza e il ruolo della Chiesa che consiste nel testimoniare l’amore verso il prossimo”, ha detto in un’intervista a Vatican News l’arcivescovo greco-cattolico Borys Gudziak, Metropolita di Philadelphia degli Ucraini negli Stati Uniti, in occasione dell’importate anniversario.

Una ferita ancora da sanare

“Oltre alle difficoltà di carattere economico, sociale e politico – ha spiegato il presule sulla strada della costruzione della nuova società ci sono anche ostacoli meno visibili: il regime sovietico stava sistematicamente distruggendo la fiducia reciproca delle persone che sta alla base di una comunità, società o nazione, e questa ferita deve essere ancora sanata”. La religione e la Chiesa aiutano a riconquistare questa fiducia ed è per questo che i regimi totalitari li temono: “Le dittature vogliono controllare tutto – ha proseguito – mentre la vita spirituale rende le persone libere, fa andare oltre i confini e crea i rapporti, la comunione. Dio ci ha creati a Sua immagine e somiglianza, liberi e creativi, però la libertà presuppone la responsabilità”.

Il ruolo della Chiesa greco-cattolica sotto il regime

Monsignor Borys Gudziak è nato a Syracuse, negli States, in una famiglia di emigrati ucraini; ha studiato filosofia e biologia nella sua città natale, ha proseguito con gli studi teologici a Roma e ha ottenuto il dottorato in Storia culturale slava e bizantina all’Università di Harvard. “Durante il regime comunista – continua – la Chiesa greco-cattolica, essendo nelle condizioni di clandestinità, non solo cercava di preservare la fede della propria gente, ma ha svolto anche un ruolo estremamente importante nel preservare l’identità degli ucraini e nel mantenere il loro desiderio di libertà, e per questo ha pagato un prezzo molto alto: ha perso 90% dei propri sacerdoti, che sono stati uccisi o mandati in Siberia”.

Testimoniare l’amore verso il prossimo

“La proclamazione dell’indipendenza dell’Ucraina ha dato alla nostra Chiesa la libertà di vivere, agire e svilupparsi. Dall’altra parte però bisogna ricordare che il compito della Chiesa non consiste nel diventare parte di uno Stato o di avere privilegi particolari: dobbiamo, piuttosto, testimoniare l’amore verso il prossimo, dare un esempio di mutuo sostegno, incoraggiamento e benedizione reciproca. L’Ucraina ha bisogno degli ucraini che si amino”, ha detto ancora.

Annuncio e testimonianza

L’arcivescovo Gudziak che ha dato anche un grande contributo alla rinascita dell’Università Cattolica di Leopoli, sostiene infine che “la società ucraina è giovane e dinamica, i giovani iniziano a superare il passato dell’oppressione e si sentono più liberi”. Tra i diversi problemi che sta affrontando la società ucraina c’è l’alto livello di corruzione, la guerra nell’est del Paese e l’emigrazione. “Questa situazione apre per i cristiani nuove possibilità di annuncio e testimonianza. Attingendo alla propria esperienza e ricordando il martirio dei propri Santi, la Chiesa greco-cattolica deve aiutare la società ucraina a ripensare la propria eredità spirituale, adattandola alle persone del XXI millennio”, ha concluso.  

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