Monsignor Cantoni è tra i cardinali nominati da Papa Francesco: “Non fece dimettere don Mauro Inzoli condannato per pedofilia”

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Tra i cardinali nominati nei giorni scorsi da Papa Francesco c’è anche monsignor Oscar Cantoni, il vescovo che a capo della Chiesa di Crema, non fece dimettere dallo stato clericale, don Mauro Inzoli, il sacerdote di Comunione Liberazione, amico di Roberto Formigoni, condannato in Cassazione a quattro anni, sette mesi e dieci giorni di reclusione, per pedofilia. A ritornare su questa vicenda è il blog “Silere non possum”, fondato nel marzo 2021 da Marco Felipe Perfetti, considerato dai vertici del Vaticano “iper tradizionalista” che ha pubblicato copia degli atti del procedimento penale amministrativo della Congregazione per la Dottrina della Fede da dove si evince che don Inzoli fu, in un primo momento, “graziato” da parte del suo vescovo Oscar Cantoni.

Nella vicenda del prete presidente del Banco Alimentare, da tutti conosciuto come “don Mercedes” a causa della sua passione per le auto di grossa cilindrata, il neo cardinale ha avuto un ruolo chiave. Nel documento pubblicato da “Silere non possum” si legge che “il 21 luglio 2011 questo Dicastero affidò al Vescovo di Crema, quale proprio Delegato, il compito di svolgere un processo penale amministrativo ex can. 1720 CIC nei confronti del chierico. Nell’istruttoria furono raccolte le denunce di undici minori maschi, due minori femmine ed emersero gli indizi di possibili abusi su altri sette minori”.

Fatti non contestati dal parroco della Santissima Trinità in Crema: “Vista la parziale confessione dei fatti addebitati da parte del reo e la sua impossibilità di presentare elementi a proprio discolpa, nonché considerate la gravità e imputabilità dei delitti, che, manifestando una strategia diuturna e costante, per quanto influenzata dalla struttura psicologica della persona, era chiaramente riferibie a dolo”, dice la documentazione.

Di fronte a tutto ciò che fece l’attuale vescovo di Como? “Dopo essersi consultato con i propri assessori – ritenne raggiunta la necessaria certezza morale circa il compimento degli abusi” e il 25 agosto 2012, con un decreto condannò Inzoli ad una pena di soli cinque anni senza alcuna riduzione dello stato clericale. Anzi gli impose di vivere fuori dalla Diocesi di Crema, gli tolse ogni impegno pastorale e gli impose la celebrazione della Santa Messa in privato. Nulla di più.

Tant’è che – come cita il documento pubblicato – la Congregazione “considerata la gravità, la diuturnità; la continuità degli abusi perpetrati nonché la notorietà del reo” chiese a monsignor Cantoni di “riformulare il proprio Decreto imponendo la pena della dimissione dello stato clericale, anziché le pene temporali”. Solo dopo che la Congregazione glielo impose, il neo cardinale emise il decreto di dimissione allo stato laicale di don Mauro Inzoli che il 30 gennaio 2013, fece ricorso alla sessione Ordinaria della Congregazione per la Dottrina della Fede dove i membri, il 29 maggio 2013, lo rigettarono con 14 voti a favore, 1 astenuto e 1 contrario.

Il giudice italiano scriveva che Inzoli abusava dei minori “approfittando con spregiudicatezza della propria posizione di forza e di prestigio, tradendo la fiducia in lui riposta dai giovani nei momenti di confidenza delle proprie problematiche personali ed anche nel corso del sacramento della Confessione, ammantando talora le proprie condotte di significato religioso così confondendo ulteriormente i giovani”.

Oggi don Inzoli vive con la madre a Milano, dove ha svolto funzioni di segretariato sociale e dove forse ha seguito in diretta l’elezione a cardinale dell’amico Vescovo Oscar Cantoni. Una nomina che ha suscitato perplessità e persino l’ironia dell’arcivescovo di Milano Mario Delpini che dal pulpito del Duomo di Como, davanti al porporato (come riportato dal video di Espansione Tv) ha detto: “Ci sono state delle persone un po’ sfacciate che si sono domandate perché il Papa non abbia scelto il metropolita per fare il cardinale e abbia scelto invece il vescovo di Como. – ha affermato Delpini- Ora, io credo che ci siano delle buone ragioni per questo. Naturalmente interpretare il pensiero del Santo Padre è sempre un po’ difficile. Forse vi ricordate quell’ espressione altissima di una sapienza antica che diceva che tre sono le cose che neanche il Padreterno sa: una è quante siano le congregazioni delle suore, l’altra è quanti soldi abbia non so quale comunità di religiosi e la terza è che cosa pensino i Gesuiti”.

Ma non è finita. Il pastore della diocesi di Milano ha rincarato la dose della sua ironia: “Perché ha scelto il vescovo di Como per essere un suo particolare consigliere? Io ho trovato almeno tre ragioni. La prima è che il Papa deve aver pensato che l’arcivescovo di Milano ha già tanto da fare, è sovraccarico di lavoro, e quindi ha detto: bisogna che lavori un po’ anche il vescovo di Como e quindi ha pensato di dare un po’ di lavoro anche a lui”.