Il patriarca della Chiesa armeno cattolica chiede di intervenire sulla tragedia in atto nel territorio bloccato dagli azeri, nel Caucaso meridionale, dove 120mila persone vivono in condizioni disumane. L’Armenia chiede una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite
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Servono passi concreti, non solo manifestazioni di solidarietà. Il patriarca della Chiesa armeno cattolica, Raphael Bedros XXI Minassian, parla con sconforto al Sir, l’agenzia di Stampa della Conferenza episcopale italiana, e lancia l’ennesimo un allarme su quanto accade attorno al corridoio di Lachin, piccolo fazzoletto di terra del Caucaso meridionale, che è l’unico collegamento terrestre tra l’Alto Karabakh e la Repubblica d’Armenia, di fatto bloccato dagli azeri dal dicembre del 2022, e dove 120 mila armeni , di cui 30 mila bambini, sono sempre più isolati, senza cibo, né medicinali, né carburanti, da dove nessuno entra e nessuno esce, e dove la situazione umanitaria è ormai allo stremo. Una tragedia che ha visto più volte il Papa mostrare la sua preoccupazione e invocare soluzioni pacifiche per il bene delle persone. Minassian chiede a chiunque sia coinvolto nella tutela dei diritti umani di trasformare le dichiarazioni in azioni.
È in atto un nuovo genocidio
“Avevano promesso – dice il patriarca al Sir – di mantenere la via aperta e invece il corridoio è rimasto circondato e bloccato” ormai da 8 mesi: “È un crimine, un crimine contro l’umanità. Ci sono bambini, vecchi, malati, persone affamate. E di fronte a questo scenario di disperazione, nessuno fa nulla. Si dichiari almeno che è in atto un nuovo genocidio”. Minassian si rivolge alle grandi potenze, all’Europa, agli Stati Uniti, alla Russia, “testimoni di un genocidio del 21mo secolo” ma che “non fanno nulla”, esattamente come accadde nel 1915, ricorda, quando “gli ambasciatori di tutto il mondo erano presenti, testimoni di quello che stava accadendo ma non hanno fatto nulla per fermare il genocidio. Oggi quella storia si ripete. È stato presentato un patto di pace ma non è rispettato. Siamo aperti alla pace ma senza condizioni e senza ingiustizia”.
L’Armenia chiede una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza Onu
Sono oltre 30 anni che Armenia e Azerbaigian si contendono il territorio, abitato per la maggior parte da armeni. Dopo la guerra scoppiata nel 2020, la Russia ha mediato un accordo di cessate il fuoco che ha permesso all’Azerbaigian di riprendersi buona parte di quel territorio. Una tregua che tuttavia non ha portato alla pace. Da circa due anni sono in corso colloqui tra le due parti mediati dall’Unione Europea. Ora l’Armenia chiede all’Onu di organizzare una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite per discutere di questa crisi umanitaria.