Minacciata dall’acqua, l’Indonesia trasferisce la sua capitale nella foresta

Vatican News

Il colossale progetto fa parte del programma del governo per il 2045, centenario dell’indipendenza. Nella giornata di sabato 17 agosto, il presidente uscente Joko Widodo ha inaugurato la nuova capitale amministrativa dell’arcipelago, trasferendola da Giakarta a Nusantara. A causa dell’eccessiva urbanizzazione e dell’inquinamento della megalopoli giavanese, l’obiettivo è costruire una città ecologica e intelligente nel cuore della giungla

Delphine Allaire – Città del Vaticano

È un progetto titanico quello che l’Indonesia ha intrapreso dal 2022. L’obiettivo è quello di trasferire la sua capitale amministrativa, attualmente la sovrappopolata (12 milioni di abitanti) e sovrainquinata Giakarta sull’isola di Giava, sulla verde e quasi deserta isola del Borneo. L’inaugurazione ufficiale della nuova città, Nusantara, nel cuore della giungla, si è tenuta oggi sabato 17 agosto, giorno dell’indipendenza indonesiana acquisita dai Paesi Bassi. Il governo uscente di Joko Widodo vi ha già tenuto la sua prima riunione di lavoro lunedì scorso. Il progetto dovrebbe essere completato in cinque fasi fino al 2045, per un costo stimato di 32 miliardi di dollari.

Per l’arcipelago di 17 mila isole, che Papa Francesco visiterà dal 3 al 6 settembre prossimi, si tratta del segno di una triplice ambizione: economica, tecnologica ed ecologica, come sostiene Manuelle Franck, specialista in geografia urbana e regionale del Sudest asiatico e presidente dell’industria Inalco fino al 2019, nell’intervista ai media vaticani.

Quali sono le ragioni addotte dalle autorità per trasferire la capitale amministrativa da Giacarta a Nusantara?

Giakarta è una città molto inquinata, perché è circondata da centrali a carbone per la produzione di elettricità. È una città congestionata, con molti ingorghi e problemi di traffico e i trasporti pubblici sono poco sviluppati. Le inondazioni sono un evento ricorrente, quasi annuale. Sono legate alla posizione geografica della città: Giakarta è situata in una pianura bassa, con parte della città addirittura sotto il livello del mare. Questa pianura è irrigata dai fiumi principali e da una decina di fiumi secondari che straripano durante la stagione delle piogge. La città diventa quindi come una grondaia che porta i suoi flussi verso il mare. Quando questi fiumi straripano, si verificano le inondazioni. Anche lo sprofondamento del suolo è motivo di preoccupazione, in alcune aree raggiunge fino a 20 centimetri all’anno. Da un lato, questo fenomeno è legato all’ambiente naturale – siamo in un delta dove il terreno non è molto stabile – ma dall’altro è aggravato dall’urbanizzazione “sovrapposta” della città e dalle sue numerose torri, che pesano molto. Inoltre, non tutti i quartieri sono dotati di acqua corrente, il che significa che molte famiglie e imprese devono pompare l’acqua dalla falda freatica. Anche questo contribuisce allo sprofondamento del terreno.

Facciata del Palazzo presidenziale in costruzione nella nuova capitale

Questa decisione è motivata anche da una questione di equilibrio territoriale, cioè alleggerire la congestione dell’isola di Giava, dove si trova Giakarta, e aprire l’isola del Borneo, dove sta sorgendo Nusantara?

In Indonesia esiste un forte squilibrio territoriale tra Giava e le altre isole indonesiane. L’isola di Giava, che rappresenta il 7% del territorio nazionale, ospita il 56% della popolazione. Si tratta di 151 milioni di abitanti su 130 mila km quadrati, una densità di popolazione molto elevata. Giava produce anche il 57% del prodotto interno lordo del Paese ed è l’isola dove si concentra la maggior parte delle città, delle città molto grandi e molto popolate: 7 delle città più popolose su 10 si trovano a Giava.
Lo squilibrio è evidente anche tra l’Indonesia orientale e quella occidentale. L’intera Indonesia orientale è lontana dal centro di gravità economico e politico dell’Indonesia, l’isola di Giava, ma anche dall’intera Indonesia occidentale. L’Indonesia occidentale, invece, è vicina allo Stretto di Malacca, attraverso il quale passano due terzi del commercio mondiale, e fa parte del fortissimo e dinamico asse di integrazione economica dell’Asia orientale, che si estende dal Giappone alla Corea, passando per la Cina e i Paesi del Sudest asiatico. L’Indonesia orientale appare meno dinamica, più povera e penalizzata dalla distanza tra questa parte dell’Indonesia e l’isola di Giava. L’idea è quella di collocare la nuova capitale proprio al centro geografico tra l’Indonesia orientale e quella occidentale, nel tentativo di risollevare economicamente la parte orientale.

Come si presenta Nusantara nel cuore della foresta del Borneo? 

Il luogo scelto appartiene alla provincia orientale del Kalimantan, la parte del Borneo che appartiene all’Indonesia, l’altra parte comprende la Malesia e il Sultanato del Brunei. È una regione ricca di risorse naturali – petrolio, carbone, minerali, legno – e ha sviluppato piantagioni industriali di pasta di carta ed eucalipto. L’isola del Borneo è scarsamente popolata, con appena 3,7 milioni di abitanti. C’è spazio e terra in abbondanza. Tuttavia, è piuttosto dinamica dal punto di vista demografico perché attira persone che vengono a lavorare nelle piantagioni e nelle miniere. Il saldo migratorio interno è quindi positivo: 1 milione in più di persone tra il 2010 e il 2020. 

Lavori in corso a Nusantara

Quali sono le questioni ecologiche e ambientali sollevate dal progetto?

L’immagine dell’isola del Borneo è quella di una foresta tropicale, uno dei polmoni verdi dell’Indonesia. In realtà la foresta è secondaria, costituita in gran parte da piantagioni industriali, ma l’isola beneficia comunque di una serie di programmi internazionali, in particolare per la protezione della biodiversità. Proprio nel luogo in cui sorgerà la nuova capitale, esistono ancora aree significative di foreste primarie protette e mangrovie, le foreste costiere che crescono lungo i fiumi. Queste aree rischiano ora di essere distrutte. Molte associazioni e specialisti ambientali denunciano l’impatto della capitale sull’ambiente naturale e sulla biodiversità, nonché sulle specie animali endemiche, in particolare scimmie e uccelli. I lavori di costruzione stanno inoltre causando inondazioni, poiché l’area è stata pesantemente deforestata. L’altro aspetto ambientale di rilievo riguarda le dimensioni dell’isola del Borneo. Se si vuole che questa capitale si sviluppi davvero e venga utilizzata come capitale nazionale, si dovranno costruire nuove strade per collegare tutte le parti dell’isola del Borneo alla nuova città. Il Sultanato del Brunei, ad esempio, ha annunciato l’intenzione di costruire una linea ferroviaria fino alla nuova capitale. Tutto questo renderà accessibili parti dell’isola che finora sono state poco visitate e quindi poco sfruttate.

E riguardo alle popolazioni indigene e alle tribù locali che un tempo vivevano lì? C’è un problema di accaparramento di terre?

Secondo le autorità, il problema del terreno è attualmente quello che rallenta maggiormente il rapido completamento del progetto che l’attuale presidente vuole vedere terminato prima della fine del suo mandato, il prossimo ottobre. Fin dall’inizio, nel 2022, ha voluto che i lavori di costruzione fossero portati avanti a pieno ritmo, almeno quelli della città amministrativa, per poter inaugurare la nuova capitale il 17 agosto, ma anche per iniziare a installare i servizi amministrativi prima della fine del suo mandato, in modo da rendere molto difficile l’abbandono del progetto. Le autorità ritengono che i terreni non vengano rilasciati abbastanza rapidamente. Una parte delle terre appartiene alle popolazioni indigene locali, stimate in circa 20 mila persone. Molto spesso queste persone non dispongono di certificati di proprietà legali e sono quindi passibili di esproprio dei loro terreni.

Indicazioni stradali nella nuova capitale dell’Indonesia

Che cosa prevede il progetto per la costruzione della nuova capitale e in quali condizioni stanno lavorando gli operai?

Dei futuri 2.550 chilometri quadrati della città nel suo complesso – secondo il progetto, entro il 2045 ci sarà una città amministrativa, poi un centro cittadino e infine delle zone economiche – la parte attualmente in costruzione corrisponde alla piccolissima parte del centro amministrativo. Si tratta di 9 chilometri quadrati, che coprono il palazzo presidenziale, una serie di edifici e case per i ministri, alcuni ministeri e torri per ospitare alti funzionari pubblici. Fino a 13 mila lavoratori sono impiegati nel sito da un gran numero di aziende. Molti di loro provengono dall’isola di Giava, dove hanno competenze che non sono disponibili nel Borneo e dove c’è abbondanza di manodopera a causa dell’alta densità di popolazione.

Qual è l’obiettivo di questa città moderna, concepita come “capitale verde del futuro”?

Il masterplan del progetto evoca una città della foresta tropicale, una città ecologica e intelligente che utilizzerà tutti gli strumenti, dalla tecnologia digitale all’Intelligenza Artificiale, per migliorare l’impronta di carbonio della città, ma anche per gestire la città e renderla sicura. Ciò significa non solo creare una foresta all’interno della città, ma anche costruire una città all’interno della foresta. Il progetto prevede che il 75% della superficie totale della città sia occupato da spazi verdi costituiti da isolati. Si tratta del cosiddetto modello di città “arcipelago”. Ogni isolato sarà circondato da una foresta, sia quella già esistente sia una foresta che sarà ripiantata con specie locali, alcune delle quali endemiche. L’idea è quella di “riparare la foresta”. L’ambizione finale è quella di creare una città in osmosi con la foresta, dando vita nel Borneo a un vero e proprio ecosistema e riparando al contempo la foresta degradata intorno alla città.