Marina Tomarro – Città del Vaticano
La ripartenza dell’Italia, deve iniziare con un’immigrazione regolare, legata al mercato del lavoro sano dove non vi sia il nero e il sommerso. Nel patto europeo dell’immigrazione e dell’asilo, si lavora molto contro un’immigrazione clandestina, ma non si fa molto per favorire un ingresso legale. E il lavoro regolarizzato dovrebbe essere la chiave di lettura principale”. Così Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, ha aperto la conferenza stampa sul tema “Immigrazione una risorsa in più per ripartire”, dove sono state presentate diverse proposte che vadano a favorire un’immigrazione regolamentare e che vada a contrastare la clandestinità e la pericolosità dei tanti arrivi di barconi lungo le coste del mediterraneo, soprattutto in questo periodo estivo. Anche Papa Francesco ieri, al termine della preghiera dell’Angelus, ha voluto ricordare i tanti migranti che perdono la vita in mare, come la tragedia del 18 aprile del 2015, quando un peschereccio con oltre mille persone a bordo naufragò nel Canale di Sicilia, e si salvarono solo in ventotto. Rivolgendosi ai fedeli, il Pontefice ha esortato e non voltare gli occhi da quanto avviene quotidianamente nel Mediterraneo, un luogo che lui stesso ha definito “il più grande cimitero d’Europa”.
Un lavoro non più a nero ma riconosciuto
Diventa per questo fondamentale creare delle condizioni di lavoro regolare, affinché i migranti possano arrivare in Europa in sicurezza e dignitosamente. “Non dobbiamo dimenticare – ha spiegato Impagliazzo – che oggi in Italia c’è un fenomeno non solo di immigrazione ma anche di emigrazione che è pari agli arrivi. Questo vuol dire che sul territorio italiano si comincia ad avere problemi di manodopera. Con la ripartenza, abbiamo visto che diversi settori hanno dichiarato di essere in difficoltà nel trovare lavoratori disponibili. In particolare sono tre i settori dove c’è stata una maggiore richiesta: quello del turismo-ristorazione, il settore agricolo e quello sanitario. Questo ha portato a delle situazioni a volte estreme, come la scelta della Coldiretti di far arrivare dal Marocco 140 stagionali, mentre in Italia ci sono moltissime persone che non lavorano, perché manca un decreto flussi che regolarizzi quelli che arrivano nel Paese. Anche per il settore sanitario, la situazione è drammatica, mancano da una parte le badanti per le persone anziane, dall’altra negli ospedali la mancanza di infermieri non ha potuto essere riempita dai tanti migranti che pur avendo una specializzazione in quel campo non possono utilizzare il loro titolo di studio in Italia. In questo caso stiamo già lavorando con il Ministero dell’Università perché si trovi una soluzione all’equipollenza di questi titoli”.
Proposte per una ripartenza migliore
Proprio per queste motivazioni la Comunità di Sant’Egidio, ha formulato alcune proposte all’attenzione del governo italiano in vista del prossimo Consiglio europeo. La prima: ampliare la prassi dei corridoi umanitari, già usati dalla Sant’Egidio dal 2016, con il coinvolgimento della società civile nell’accoglienza, per salvare vite umane, e contemporaneamente disincentivare i viaggi sui barconi e favorire l’integrazione; la seconda, reintrodurre le sponsorship private che potrebbero essere consentite, oltre che alle Ong accreditate, a imprese, famiglie di cittadini europei o di stranieri residenti di lungo periodo, purché in grado di assicurare idonee garanzie economiche. E infine, superare la Convenzione di Dublino, e permettere ai rifugiati di poter cambiare il Paese dove hanno trovato lo status prima dello scadere dei cinque anni previsti dall’attuale trattato, per risolvere la complessa dinamica dei movimenti secondari. “Solo in questo modo – ha sottolineato Impagliazzo – potremmo andare incontro ad una ripartenza migliore, che consentirebbe un’uscita dal problema del lavoro nero in cui moltissimi migranti vivono, un’entrata tributaria regolare e quindi un miglioramento sul welfare italiano”.
Creare vie sicure per salvare le vite
E queste proposte potrebbero essere anche una via di salvezza per i troppi migranti che quotidianamente perdono la vita nel tentativo di cercarne una migliore. “Il Mediterraneo è diventata la frontiera più pericolosa del mondo”, spiega Daniela Pompei, responsabile servizi ai migranti per la Comunità di Sant’Egidio, “mettere in pratica queste proposte potrebbe abbassare la possibilità di utilizzare i barconi. Ad esempio, noi abbiamo verificato che quelli che arrivano attraverso i nostri corridoi umanitari e vengono dall’Etiopia, a molti di loro abbiamo evitato il rischiosissimo passaggio in Libia, e di prendere poi i barconi, perché non c’è altro modo di entrare, se ci fossero più vie sicure, questo abbasserebbe la pericolosità del Mediterraneo, e queste persone eviterebbero di mettersi nelle mani dei trafficanti”.