Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Prosegue l’odissea dei migranti che rimangono bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia. Alcune centinaia di loro sono stati rimpatriati in Iraq e altri 5 mila lo saranno nei prossimi giorni. In base a contatti tra la cancelliera tedesca, Angela Merkel, e il presidente bielorusso, Aleksandr Lukashenko, è stata decisa la creazione di un corridoio umanitario che consentirà a 2 mila profughi di raggiungere la Germania. Intanto è stato svuotato il campo allestito al varco di Kuznica, che consentiva un approssimativo ricovero ai migranti, molti dei quali sono stati trasferiti in un centro logistico più adeguato a far fronte alle basse temperature della stagione. Intanto in Polonia altri 45 migranti, riusciti a passare il confine, sono stati fermati dalle forze dell’ordine. Facevano parte di due nutriti gruppi di persone che hanno tentato di forza il muro di filo spinato tra i due Paesi. La maggior parte di essi, dopo una serie di tafferugli sono stati respinti dagli agenti di Varsavia.
Morire ad un anno di vita
Al dramma dei migranti si è aggiunta la tragedia della morte di un bambino siriano di appena un anno. Con la famiglia stazionava da giorni nei boschi, nelle vicinanze del confine con la Polonia. Probabilmente è stato vittima del freddo. Secondo l’arcivescovo Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, questo drammatico evento interroga le coscienze di tutti noi e rappresenta “uno scandalo per l’intero continente europeo”.
Monsignor Paglia lascia dolorosamente interdetti la morte del piccolo siriano…
R. – Davvero la strage degli innocenti continua ancora, in maniere diverse, ovviamente: mette in evidenza la crudeltà di un continente, in questo caso, che non riesce a dare una soluzione anche ad un numero tutto sommato molto modesto di uomini, donne e bambini che cercano asilo e che cercano conforto per il loro futuro. E credo che la morte di questo bambino sia davvero uno scandalo che non può lasciare nell’indifferenza l’intero popolo del continente europeo. Giovanni Paolo II aveva più volte sottolineato l’importanza delle radici cristiane dell’Europa, un continente che si è formato lungo la storia attraverso continue migrazioni. Ecco, oggi rinnega non solo la sua storia, ma anche la sua ispirazione più profonda, che è quella ebraico-cristiana e anche la stessa, successiva, tradizione umanistica, che ha fatto dell’ospitalità uno dei cardini della cultura di questo continente.
Monsignor Paglia, la morte di questo bambino siriano ricorda anche quella del piccolo Aylan, il bambino trovato senza vita su una spiaggia turca. Il dramma dei migranti si sta allargando: avviene in mare, avviene anche sulla terraferma. Che risposte dare?
R. – La risposta è la sconfitta immediata, totale, dell’indifferenza che Papa Francesco ha indicato come un atteggiamento diabolico: quello del rifiuto della vita, anche la più debole, anche la più inerme, quella che richiede essa stessa, con la sua stessa esistenza, di essere accolta. Perché credo che questa Europa, che da venti secoli respira il messaggio cristiano, debba avere un sussulto: un sussulto per quell’umanità comune che il Vangelo ha immesso nelle tradizioni dei popoli europei. Venti secoli di storia che man mano hanno fermentato l’Europa fino ad essere un continente, come diceva San Giovanni Paolo II, che respira con due polmoni. Ecco, io credo che qui stiamo rischiando di morire di asfissia, di morire per l’inerzia dell’indifferenza, che diventa davvero come un peccato originale su cui sarà difficile costruire il futuro dell’Europa stessa. Io mi auguro che l’Europa torni a respirare a pieni polmoni, con le due grandi tradizioni che hanno reso questo nostro continente protagonista, per secoli, anche di quella globalizzazione della fraternità e della solidarietà, con tutti i limiti, con tutte le colpe che pure ci sono state, che però hanno portato l’umanesimo, ispirato anche dal Vangelo, nel mondo intero. E in questo tempo ce n’è ancora più bisogno: per questo rischiamo di essere doppiamente inadempienti qualora ci richiudessimo in noi stessi, bloccando anche quelle persone – bambini, donne e uomini – che aspirano ad un futuro migliore bussando alle nostre porte.